Nonostante Batman sia per me il miglior fumetto adulto in assoluto, l’Universo Warner/Dc Comics al cinema non ha mai funzionato adeguatamente. Scimmiottare ed emulare la Marvel/Disney ha prodotto solo l’effetto opposto a quello sperato. Suicide Squad, Birds of prey, ma anche Batman vs Superman di Snyder (poi finito da Whedon di “Avengers”) sono film mediocri. Almeno per chi ama veramente il cinema. Quello bello, non i surrogati. Sono fatti solo per fare soldi. Hanno ragione i registi Christopher Nolan e Denis Villeneuve che hanno criticato la scelta di AT&T, holding proprietaria di Warner Media oltrechè fornitrice di servizi per telefonia fissa e mobile, di mettere in streaming sul canale HBO tutti i loro film 2021 in contemporanea con la sala cinematografica. Secondo i registi sopra citati, AT&T non ha mostrato alcun “amore per il cinema e i suoi spettatori” (leggi qui).
Erano molto meglio i film a cavallo tra la fine degli anni ’70 e i primi ‘90. I primi Superman, i Batman di Tim Burton erano prodigi in confronto. C’era l’essenza della storia, la voglia di stupire, di raccontare qualcosa. La Warner Bros allora aveva dirigenti di un altro livello. Anche se qualcuno, come il già citato Tim Burton, litigò e non poco con la major perché questi film erano considerati troppo tosti e adulti. Sappiamo poi chi ha avuto ragione (il flop di Batman & Robin insegna). Poi è arrivata la trilogia del “Cavaliere Oscuro” di Christopher Nolan. Gli incassi erano altissimi. Ma il Batman del regista inglese aveva tanto da dire. Successo planetario fino al 2012. Poi un periodo di vuoto di circa 5 anni fino al 2017 quando arrivò un’altra pepita d’oro per la Warner: Wonder Woman. Il primo film incassò oltre 800 milioni di dollari nel mondo. Il budget era intorno ai 150 milioni. Il successo ha dato alla testa dei dirigenti Warner perché poi hanno cominciato a fare film tutti uguali con eroine femminili (vedere alla voce Birds of prey) che ragionano peggio dei maschi. Il succo però è sempre lo stesso: cambia il soggetto, ma la storia è sempre la stessa. Ma in questo modo al cinema ci andavano anche le ragazzine e non solo i maschietti. Questo significa aumentare i potenziali profitti prendendosi un pubblico più ampio. Questo però ha prodotto un’omologazione pazzesca nella società. Una volta finito il film, poco prima di uscire in sala, ecco la pandemia.
“Wonder Woman 1984” è stato più volte rimandato. Il film è costato tantissimo: 200 milioni di dollari (spesi maluccio). Solo nel weekend di Natale ha incassato, dove aperto, 85 milioni di cui 16 negli Stati Uniti. Attualmente ha già superato i 130 complessivi. La Warner, per farla breve, punta al miliardo in tutto il globo. In Italia non si sa quando i cinema riapriranno. La pellicola era stata pensata per la sala cinematografica (soprattutto a livello di audio vista la colonna sonora di Hans Zimmer). La scelta di Warner di uscire nel 2021 in contemporanea sia al cinema sia in streaming (su HBO) ha fatto “arrabbiare” la regista Patty Jenkins (che già si era ribellata all’idea di uscire nelle feste natalizie, salvo poi fare retromarcia). Ma la Warner ha risolto la grana in modo semplice: ha dato 10 milioni di dollari sia alla regista sia all’attrice israeliana Gal Gadot. Magicamente ora tutti stanno bene. Ma c’è di più: l’ex modella israeliana, dichiaratamente sionista, probabilmente è stata scelta anche per via dei due anni di servizio militare nel suo Paese natale (leggi qui). Guarda caso Israele e Stati Uniti sono alleati. Addirittura hanno già annunciato il terzo film con “soddisfazione reciproca”. Che Paese meraviglioso è l’America, non trovate? Così Patty Jenkins e il suo sceneggiatore Geoff Johns hanno pensato di “infilare” Wonder Woman nel frullatore degli anni ’80. Hanno però tritato tutto. Mancano l’anima e il cuore. Dopo un primo episodio secondo me poco promettente, in questo secondo le premesse c’erano. Vi spiegherò più avanti perché.
Ma la scelta di usare Superman di Richard Donner come scheletro narrativo, è di fatto una scelta errata. Questo remake (al femminile) del film del 1978 francamente non vale l’originale. Anche in casa DC hanno voluto copiare Walt Disney che ha riproposto i remake dei primi Star Wars di Lucas con J.J. Abrams (episodi 7 e 9). Il risultato non è stato esaltante, ma in termini economici la casa di Topolino aveva fatto bingo. Gal Gadot, di fatto, non è Christopher Reeve, Pedro Pascal non lega nemmeno le scarpe al Lex Luthor di un superbo Gene Hackman. Tant’è che hanno dovuto far resuscitare uno scialbo Chris Pine perché qualcosa non tornava. In pratica lui sarebbe l’equivalente di Lois Lane, l’amore di Clark Kent/Superman. Mancava la storiellina d’amore tra (il desiderio di normalità di) Wonder Woman e Steve Trevor. Tutto è costruito a specchio tra protagonisti e antagonisti (come d’altronde succede in quasi tutti i film): Barbara/Cheetah è il riflesso animalesco e cattivo dell’ego di Diana/Wonder Woman, Max Lord è quello di Steve Trevor. Nel complesso la sceneggiatura è piatta, l’ambientazione di fatto non c’è. Ci sono buchi più grossi di quelli di una forma di groviera. Un assaggio all’inizio: siamo in un centro commerciale, con Diana che distrugge le telecamere di sorveglianza durante un inseguimento. Come fa però Diana a rimanere anonima per 66 anni dopo gli eventi del primo episodio? La risposta, secondo gli sceneggiatori, è distruggere le telecamere. Boh, siamo in America che vi devo dire. Tuttavia almeno Diana Prince quando diventa Wonder Woman è riconosciuta dai comuni mortali. Il difetto principale (e poco credibile) di Superman è sempre stato che nessuno si rendeva conto della somiglianza tra il supereroe e la sua nemesi umana, Clark Kent. Poi sorgono altre domande: dove sono gli anni 80? Nelle musiche? Nei costumi? Nei dialoghi? Negli ambienti? I dettagli dovevano essere più affinati, come ad esempio ha fatto David Fincher in “Mank” dove ha raccontato in modo esemplare gli anni ‘30 e ‘40. Il film dura 2 ore e mezzo! Troppo. Qualcosa non funziona. Si vede soprattutto nella parte centrale e in quella finale. Gli scontri sono fatti con il pilota automatico, soltanto per far vedere quanto sono fighi gli effetti speciali costosissimi. La storia si capisce dopo mezz’ora, Gal Gadot d’accordo ha presenza, ma recita senza enfasi. La sceneggiatura non riesce a sottolineare le evoluzioni dei personaggi.
Veniamo alla storia.
Siamo nel 1984. Diana Prince (Gal Gadot) lavora con soddisfazione per lo Smithsonian Museum di Washington. Un giorno viene ritrovata una gemma speciale capace di soddisfare, a determinate condizioni, i desideri di chi la tocca. Diana chiede consulenza alla gemmologa Barbara Minerva (Kristen Wiig). Entrambe la usano per risollevarsi: Wonder Woman per riavere indietro il suo amore, il pilota Steve Trevor (Chris Pine), Barbara invece vuole diventare bella ed è gelosa marcia di Diana.
Ma ad un certo punto il magnate del petrolio Max Lord (Pedro Pascal), preso da smanie di potere, vuole la pietra per togliersi di mezzo i debiti e per comandare il mondo. Wonder Woman decide di dargli filo da torcere, ma avrà delle sorprese. Peccato davvero. Questo film poteva aver maggiori carte da giocare. Non bastano le musiche di Hans Zimmer per riempire. I due cattivi sembravano ben assortiti: il migliore è Max Lord (Pedro Pascal). Autoironico, si vede che si diverte. Più che il Lex Luthor di Gene Hackman del primo Superman, sembra ricalcare la sete di potere di Donald Trump. Anche se Gal Gadot in un’intervista rivela che sceneggiatori, regista e attore si sono ispirati a Gordon Gekko, lo squalo di “Wall Street” interpretato da Michael Douglas (distanza quantomai netta rispetto all’originale). Invece non gli lega nemmeno i lacci delle scarpe.
Nelle intenzioni di Patty Jenkins il film vorrebbe essere un atto di rivolta delle donne contro il trumpismo. Il risultato è talmente sciatto che sembra calcare l’esatto opposto: ovvero il piacere di convertirsi e di sostituirsi ai maschi, comportandosi di fatto come loro. Diana Prince sembra una comparsa, tranne che nelle solite ripetizioni dei superpoteri. Il messaggio secondo me è conformista al massimo livello, ma è anche pericolosissimo per le giovani adolescenti. Infatti è più interessante la cattiva della protagonista. Mi aspettavo molto da Barbara Minerva (Kristen Wiig). Era il cattivo più interessante del fumetto di Wonder Woman. La Wiig, prevalentemente attrice comica, sa che questa era la sua occasione per dimostrare di essere versatile al grande pubblico. Mi aveva convinto molto ne “I segreti di Walter Mitty” di Ben Stiller e in “Downsizing” dove interpretava la moglie di Matt Damon. Lei è un’ottima attrice, ma è mal asservita dalla sceneggiatura. Invece la conversione del suo personaggio, il suo progressivo cambiamento doveva essere il motore del film. Viene usata da Patty Jenkins per riempire i vuoti della storia per tratteggiare i piani di Max Lord (che invece sono palesi e non hanno bisogno di spiegazioni). Barbara Minerva è una donna imbranata e nevrotica che viene continuamente derisa e vessata sul lavoro. Nessuno se la fila. Diana Prince (Gal Gadot) invece è giovane, bella, sa camminare sui tacchi alti (mentre Barbara traballa pericolosamente) e tutti gli uomini la vogliono. Progressivamente la loro amicizia si trasforma e diventa gelosia ed ossessione. Si sa che contro due donne nemmeno il diavolo può metterci il becco. Barbara finisce nel vortice di smania di potere di Max Lord. Finendo poi per diventare Cheetah, ovvero una donna ghepardo agile e ricca di poteri. Naturalmente anche la sua bellezza è deturpata per soccombere al suo smisurato ego.
Tuttavia la trasformazione di Barbara in Cheetah è forzata. Doveva essere progressiva in base a delle scelte, all’opportunismo. Ce la ritroviamo alla fine del film in versione ghepardo in computer grafica senza una particolare spiegazione. La trasformazione è accennata. Sembra essere uscita dall’orribile musical “Cats” di Tom Hooper. Patty Jenkins ha detto che è frutto di un mix tra computer grafica e trucco prostetico. Secondo me invece si chiama disordine e sciatteria. Perché per la prima metà del film, quando Barbara è sulla scena, si parla di misoginia e dell’abuso quotidiano nelle donne. Giusto, doveroso. Infatti poteva essere interessante e contemporaneo. Invece poi arriva la piroetta con salto carpiato. È il trionfo del femminismo trumpista: rimane ammaliata da Max Lord finendo per difenderlo e rimanerne succube. Se questo è femminismo, siamo ridotti male. La scelta del film di “usare” Cheetah per poi farla diventare la scudiera del supercattivo è una scelta ben precisa nel contesto della società. L’entrata a gamba tesa della Warner è evidente. Specie nel finale, come da ammissione della regista (leggi qui). A far cambiare idea alla regista sono bastati 10 milioni di dollari sull’unghia. Un’idea di moralità, quella di Patty Jenkins, molto discutibile e francamente poco femminista. Questo è il capitalismo, bellezza! È inutile mettere in scena immagini sulla forza delle donne, se poi capovolgi il messaggio alla fine.
In un’intervista a Gabriele Mainetti (regista di Lo chiamavano Jeeg Robot e di Freaks Out) su “Ciak” c’è un interessante passaggio che spiega la differenza tra lui e Patty Jenkins. Mainetti ha rifiutato di dirigere due cinecomics come Venom e Silver & Black, personaggi Marvel appartenenti all’universo di Spiderman. Il motivo dietro al rifiuto è la cosa più importante: “la storia non mi piaceva minimamente, soprattutto perché le donne erano descritte in modo assurdo: in pratica erano maschi con il nome di donna. Io non le vedo così, la donna è molto più forte dell’uomo, ma ha potenzialità e modi diversi”.
“Wonder Woman 1984” magari farà ottimi risultati, doveva essere il blockbuster per far ripartire le sale cinematografiche dopo Natale. Invece sembra solo uno spot elettorale nostalgico per Trump, in attesa dell’insediamento di Biden. Dopo quello che è successo a Capitol Hill, questo film è stato un ottimo veicolo di comunicazione per Donald Trump. Ma se pensate che questa storia sia un manifesto del nuovo femminismo, credetemi siete ridotti male.
Fonti: Bad Taste, Comingsoon.it, Mymovies.it, Cinematografo.it, Cinematographe.it
Regia ** Interpretazioni *** Sceneggiatura **1/2 Fotografia ***1/2 Sonoro ***1/2
WONDER WOMAN 1984 **1/2
(USA 2020)
Genere: Cinecomic, Azione, Fantasy, Avventura
Regia: Patty Jenkins
Sceneggiatura: Patty Jenkins, Geoff Johns
Cast: Gal Gadot, Kristen Wiig, Chris Pine, Pedro Pascal, Connie Nielsen, Robin Wright
Durata: 2h e 31 minuti
Fotografia: Matthew Jensen
Musiche: Hans Zimmer
Prodotto e distribuito da Warner Bros
Budget: 200 milioni di dollari
Trailer Italiano qui
La frase: Nulla di buono nasce dalle bugie e la grandezza non è ciò che credi
Immagine da www.weird.it
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.