Sembra un film anacronistico “La belle epoque”. Invece è in anticipo. Il cinema francese sta investendo molto sulla qualità e si vede.
Come fece nel 2011 Woody Allen con il capolavoro “Midnight In Paris”, questa opera seconda di Nicolas Bedos (noto per essere uno degli autori del film collettivo “Gli infedeli” con Canet, Hazanavicius, Lellouche e Dejardin) funziona perché usa prolificamente la nostalgia senza necessariamente essere nostalgico. Ultimamente al cinema questo fattore è un elemento fondamentale che ha richiamato tantissimi spettatori. Soprattutto in casa Disney il concetto è stato fin troppo abusato (Star Wars e i remake dei classici in live action): il risultato finisce per poi stancare gli spettatori. “La belle epoque” è arrivato prima del Covid-19 (è uscito nelle sale italiane a novembre 2019 con l’etichetta I Wonder Pictures).
Personalmente sono molto legato a questo film. Quando l’ho visto, ha richiamato vari aspetti della mia vita. Mi ha fatto ripensare ai momenti più belli, agli incontri più entusiasmanti, i periodi più bui, mi ha sollecitato dei pensieri diversi, mi fatto capire il perché oggi ragiono in maniera diversa rispetto a prima, ma soprattutto mi ha fatto comprendere il mio folle amore per il cinema.
Questo film ci mostra che la costante rielaborazione del passato può farci perdere di vista ciò che conta nel presente. È una (spietata) riflessione sul tempo, su come cambi (e ci cambi) senza rendercene conto. E poi c’è l’amore che svanisce ma in fondo è l’unica cosa a cui possiamo rimanere attaccati per sentirci e essere vivi. Ma è anche una colta riflessione sul cinema stesso, sulla sua abilità unica di creare legami con le emozioni degli spettatori.
Siamo a Lione e non a Parigi. Altrimenti il rischio di ripetere Woody Allen sarebbe stato alto. C’è un’azienda del “burattinaio” Antoine (Guillame Canet), la Time Traveller, che soddisfa i suoi facoltosi clienti ricreando il momento storico che preferiscono. Basta avere i quattrini e loro ti faranno rincontrare Adolf Hitler, Benito Mussolini, Napoleone e quant’altro. Ovviamente è tutta una gigantesca finzione ricostruita in studio (come guarda caso è gran parte del cinema contemporaneo), con attori, attrici e figuranti pronti a soddisfare i tuoi segreti più nascosti. Vuoi bere un bicchiere con Cavour o con Hemingway? Vuoi spaccare la faccia a Robespierre durante la Rivoluzione Francese? Vuoi guidare lo sbarco in Normandia? A meno uno non giochi a Risiko e non voglia invadere la Polonia e scatenare la Seconda Guerra Mondiale.
Il titolo “La belle epoque” è chiaramente l’inizio dell’avventura di un uomo, il sessantenne frustrato Victor (un immenso Daniel Auteuil), che farebbe qualunque cosa per tornare ai tempi del suo primo amore. Ma ecco servito il tranello: il titolo non si riferisce al periodo tra l’Ottocento e il Novecento, ma al rifiorire dell’esistenza di una persona. Per Victor tale periodo sono gli anni Settanta: il 16 maggio 1974 conobbe Marianne (Fanny Ardant) e iniziò il corteggiamento. Guarda caso al caffè “La belle epoque”.
E non è un caso quell’anno. Nel mondo del cinema e per la Francia significava qualcosa: uscivano capolavori come Chinatown e Il padrino – Parte seconda. Oltralpe venivano inaugurati l’aeroporto Charles De Gaulle, era l’anno del primo governo Chirac. E poi ci fu l’abbassamento della maggiore età dai 21 ai 18 anni. Detto questo torniamo al film. La donna poi diventerà sua moglie. Ma perché Victor dovrebbe tornare indietro? Chiaramente l’amore è appassito. Oggi Victor e Marianne sono lontani, il loro matrimonio è alla frutta. Se non all’ammazzacaffè. Come detto, lui è un disegnatore disoccupato che rifiuta il presente (e il digitale), lei invece è una donna moderna, frenetica e dispotica che guarda al futuro. Nel frattempo ha trovato nuovi stimoli (inclusi quelli erotici) con il miglior amico di Victor, Francois. La silurazione del marito è in rampa di lancio e non si fa attendere molto. Ma perché Victor vuole tornare con una donna che non lo vuole più? Bisogna fare attenzione perché è una ricostruzione. Ci sarà la riscoperta dell’io, ma anche dell’altro. Quella donna sembra Marianne, ma in realtà è Margot (Doria Tillier). La differenza tra apparire ed essere è tangibile.
Il cinema è arte, ma anche artificio e finzione. Sembra un controsenso, ma è il meccanismo basilare del ricordo e della nostalgia. Ma cosa accadrà quando l’illusione arriverà a termine? Riuscirà il nostro prode eroe a riconquistare la sua dama? Splendido film sull’usura dei sentimenti, sui fasti di un tempo che fu, sul rimpianto per i tempi che non torneranno saranno protagonisti. Ma non c’è solo questo. Completano la storia una fotografia visionaria e seducente, una sceneggiatura non originale ma sicuramente efficace, con tempi quasi perfetti. Gli attori sono magistrali: Daniel Auteuil (L’ottavo giorno, N- Io e Napoleone, 36 Quai des Orfevres) è sempre una garanzia, Fanny Ardant, già musa di Francois Truffaut, garantisce sostanza. E poi c’è Guillame Canet, il burattinaio, il tessitore di storie. Nella vita reale è marito di Marion Cotillard. È un attore e regista che ci ha sempre regalato sogni e storie contemporanee come in “Piccole bugie tra amici”. E qui ci guida nel creare quella belle epoque chiamata cinema.
LA BELLE EPOQUE ****
(Francia 2019)
Genere: Commedia / Drammatico
Regia e Sceneggiatura: Nicolas Bedos
Fotografia: Nicolas Bolduc
Cast: Daniel Auteuil, Guillame Canet, Fanny Ardant
Durata: 1h e 58 minuti
Trailer Italiano qui
Distribuzione: I Wonder Pictures
La rase: La prima volta che l’ho incontrata sembrava ubriaca; girava come una palla da bowling tra i tavoli.
Regia ***1/2 Interpretazioni **** Fotografia ****1/2 Sceneggiatura ****
Immagine da
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.