La partenza a rilento della campagna di vaccinazione in Europa solleva molti dubbi su come le istituzioni continentali abbiano gestito il rapporto con le multinazionali del farmaco. Mentre Gran Bretagna e Stati Uniti procedono a ritmo spedito, l’Europa sembra essere vittima dei suoi stessi errori in particolare nella stipula dei contratti di fornitura. Si assiste così a Paesi che vanno in ordine sparso, cercando di procurarsi un maggior numero di dosi al di fuori della cornice degli accordi europei, mettendo a rischio il principio di uniformità della distribuzione. Come se non bastasse, le polemiche sullo Sputnik V, la sospensione temporanea di Astra Zeneca, alimentano un clima di confusione e di preoccupazione potenzialmente molto pericoloso. Occorre infatti chiedersi quali conseguenze politiche ed economiche potranno avere questi ritardi e queste divisioni, in una situazione in cui i vaccini rappresentano un asset strategico nei rapporti geopolitici attuali.
Leonardo Croatto
Il prodotto interno lordo dell’Unione Europea è circa 2 x 1013 euro. Di questi, circa 3,5 x 1011 sono spesi in ricerca.
Date queste disponibilità, è assai curioso che lo sviluppo della soluzione a una crisi sanitaria che riguarda ogni singolo cittadino dell’Unione sia stata completamente affidata ad attori privati del mercato del farmaco, con l’Europa e gli Stati che la compongono in inerte attesa che soggetti non pubblici trovassero la cura alla malattia e fossero pronti a metterla in commercio.
E’ altrettanto curioso che il dibattito in tutti gli stati si sia concentrato su modalità, tempistiche e priorità nella distribuzione dei pochi vaccini disponibili anziché sull’atto di totale abdicazione dei governi degli stati e dell’UE alla ricerca della cura attraverso uno sforzo pubblico.
Per peggiorare il già poco edificante quadro, la cessione del dovere di custodia della salute dei cittadini ad aziende private è stata favorita da un’importante trasferimento di denaro pubblico agli stessi soggetti che hanno potuto poi rivendere a prezzo di mercato quei prodotti a chi in prima istanza aveva contribuito a finanziarne lo sviluppo.
La catastrofe europea nella cura al Covid-19 non sta né nella logistica e nemmeno nel fallimento negoziale con le grandi case farmaceutiche. Il fallimento nella lotta alla pandemia nasce con la cessione al mercato di una funzione primaria dello stato – la tutela della salute dei cittadini – consumata nel disinteresse della politica e dell’informazione, impegnate in una grande campagna di distrazione di massa costruita sulla competizione tra destinatari dei vaccini – tra i diversi stati, oppure tra i cittadini dello stesso stato – anziché sulla critica al modello politico-economico che ha consentito a poche multinazionali del farmaco di mettere a profitto la pandemia.
Piergiorgio Desantis
Il grave ritardo dell’UE si misura, ancora una volta, nel tema della vaccinazione di massa che per il momento stenta a decollare. A differenza degli USA che, nonostante tutto, hanno già vaccinato una percentuale doppia di persone rispetto quella europea, siamo ancora immersi nelle difficoltà, post stop del vaccino Astrazeneca che aveva, di fatto, ridotto di molto il ritmo delle già contenute vaccinazioni. La difficoltà europea si legge nella mancanza della ricerca e di un vaccino pienamente europeo e, già ora, sarebbe molto tardi per recuperare a differenza delle grandi potenze mondiali. Anche la miopia di non aprire agli altri vaccini al di fuori di quelli “atlantici” misura tutti i problemi di avere un profilo autonomo e di apertura internazionale, più concentrato sulla salute dei cittadini e meno sugli equilibri geopolitici. Anche su questo punto, sembrerebbe che arrivi a breve lo sblocco da parte dell’Agenzia europea del farmaco per ciò che riguarda il vaccino russo Sputnik, ma non è una rondine e non è una primavera, soprattutto se queste sono le premesse per uscire da questa gravissima crisi.
Jacopo Vannucchi
Venerdì 20 marzo, rispondendo a una domanda in merito, il Presidente del Consiglio ha espresso l’ovvio: se il coordinamento europeo in materia sanitaria – e in particolare vaccinale – non funziona, ogni Paese membro si regolerà per proprio conto, invece (sottinteso) di perdere tempo a costruire un coordinamento che avrebbe dovuto pre-esistere.La vicenda è emblematica della debolezza europea nei confronti delle (si vorrebbe dire “altre” ma non si può) grandi potenze. Anzitutto Stati Uniti, Russia e Cina hanno vaccini sviluppati da proprie istituzioni pubbliche, mentre in Europa quanto più si avvicina è la collaborazione dell’Università di Oxford allo sviluppo del vaccino AstraZeneca (e parliamo quindi di uno scenario extra-UE). Da ciò consegue che la campagna vaccinale in UE dipende dal comportamento delle case farmaceutiche. Alcune di esse hanno sede in potenze strategicamente avverse all’unità europea, ma anche quelle europee non vedono, ovviamente, di buon occhio un forte potere pubblico continentale che possa imbrigliare le grandi forze capitalistiche.La risultante è che ogni singolo Paese è costretto ad annaspare con le proprie braccia, male minore di fronte all’immobilismo.Il quadro, così esposto, è desolante. E tuttavia replica abbastanza fedelmente gli accadimenti di novant’anni fa, quando di fronte alla crisi economica i Paesi capitalisti che non misero in atto politiche di intervento pubblico furono costretti a farlo dalla dilagante miseria. Questo intervento assunse, beninteso, forme diverse: il New Deal, ma anche il riarmo tedesco. L’Unione Europea e i singoli stati che la compongono si trovano di fronte oggi alla medesima scelta. Draghi non si è limitato a prendere atto dell’assenza di coordinamento, ma ha anche affermato – rispondendo ad altra specifica domanda – che difficilmente le regole del patto di stabilità potranno restare le stesse.L’auspicio naturalmente è che la tendenza all’integrazione politica e al rafforzamento del potere pubblico che si evidenzia nelle tre principali potenze (?) europee – Germania, Francia, Italia – possa sopravvivere alle importanti scadenze elettorali e istituzionali di questi Paesi e trovare infine un concreto punto di caduta.
L’obiezione che una simile integrazione verrebbe costruita unicamente da un’ottica ordoliberale è fondata, ma lungi dall’essere un alibi dovrebbe costituire al contrario una fortissima motivazione. Le elezioni nei Paesi Bassi offrono indizi interessanti: il Partito Liberale si è rafforzato a detrimento dei suoi alleati/concorrenti democristiani, che si proponevano come ultra-falchi del rigore. Invece la sinistra radicale, che nella Camera uscente contava il 19% dei seggi, è scesa al 12%. I consensi in uscita sembrano essere andati a partiti liberali di centro, lievemente tendenti sul centrosinistra, connotati da schietto europeismo. L’orientamento perfino di un elettorato tipicamente “egoista” come quello nederlandese va nella direzione di un rafforzamento della UE. Delineare un europeismo socialista concreto e solido è ormai un’urgenza.
Alessandro Zabban
La mancanza di visione politica nella stipula dei contratti con le multinazionali del farmaco, che a quanto pare (i contratti sono secretati) non hanno alcuna responsabilità nel caso di inadempienza nelle forniture, mostra la decennale subordinazione della politica europea dalle grandi imprese internazionali e dai grandi gruppi di interesse economico. La politica europea aveva l’occasione di mostrare la sua utilità, comprando quantità massicce di vaccini e garantendo a tutti gli stati europei una rapida e omogenea campagna vaccinale. Siamo di fronte invece a dei ritardi gravissimi, che potranno forse essere parzialmente colmati ma che mettono comunque in luce la natura dell’Unione Europea: contraria a liberalizzare i brevetti dei vaccini senza neppure la certezza di poter vaccinare tutta la popolazione in maniera rapida.L’Europa, che al contrario delle altre grandi potenze non ha un proprio vaccino, mostra tutta la sua fragilità nell’essere totalmente dipendente dai capricci delle case farmaceutiche straniere. In quest’emergenza, sta rinunciando a giocare una partita fondamentale che è quella dell’aiuto nelle vaccinazioni dei paesi più deboli in Africa, in Asia e in Sud America. Cina e Russia stanno donando o vendendo milioni di dosi in molti di questi paesi, cercando di allacciare così relazioni politiche ed economiche durevoli. Gli Stati Uniti, che hanno sviluppato già diversi vaccini ritenuti efficaci, è probabile che una volta terminata la campagna di vaccinazione interna, si rivolgano aggressivamente anche loro al mercato estero. L’Europa invece rischia di trovarsi del tutto tagliata fuori da questa sfida fondamentale per gli equilibri globali del futuro.
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