Sicuramente più di 5.000 persone. C’è chi parla di 10.000. Sono i numeri di cui si parla a corteo concluso sabato pomeriggio, dopo la manifestazione nazionale lanciata dall’assemblea della GKN, una fabbrica di riferimento per tutta l’area metropolitana fiorentina e tra i più importanti insediamenti industriali del territorio.
La notizia è ormai nota, riportata anche su queste pagine: da un giorno all’altro, senza apparente preavviso, una mail ha annunciato di mettere per strada 500 famiglie. Si tratta della Melrose Industries, un fondo inglese quotato alla Borsa di Londra che nel gennaio 2018 acquista la GKN, con l’impegno a “comprare, valorizzare, vendere” (buy, improve, sell). Avrebbe potuto licenziare anche senza sblocco dei licenziamenti, ma ha scelto il momento peggiore per Confindustria e il Governo, svelando la natura sistemica di questo tipo di operazione.
Lo sanno perfettamente le lavoratrici e i lavoratori dello stabilimento, tanto che da due anni chiedevano la possibilità di incontrare la Regione Toscana, per spiegare le ragioni di una preoccupazione che si è poi rivelata fondata.
In GKN l’unità del collettivo di Fabbrica è una granitica verità: la maggioranza schiacciante delle rappresentanza sindacale è parte organica dell’opposizione interna alla FIOM CGIL e in quasi tutte le più importanti vertenze (anche quelle seguite dal sindacalismo di base) è sempre arrivato un gesto di solidarietà. Questa volta è toccato a loro, organizzando una risposta sostenuta dall’intera comunità della zona e da tante altre esperienze di lotta in tutta Italia.
«Il corteo sta per partire. Non abbiamo verità in tasca e non ne vogliamo. Chi vuole stare al nostro fianco è benvenuto». Così si apre l’appuntamento di sabato, che prosegue lo sciopero generale proclamato lunedì con una manifestazione in piazza Santa Croce a Firenze.
Il tentativo è di togliere ogni maschera al racconto unico che da oltre un decennio si impone in tutta Europa, chiarendo la linea di frattura. Da una parte c’è la logica della finanza, che deve acquistare, tagliare e rivendere, per far crescere i suoi titoli in borsa, sulla pelle di 500 famiglie. Dall’altra la vita delle persone, i loro bisogni, espressioni di diffusa solidarietà. Il successo di sabato nn era scontato, anche se sui media tradizionali e sui social era evidente l’attenzione per questa vertenza. Il posto però è difficile da raggiungere e il sole minaccia di mettere in difficoltà chi è presente: l’organizzazione distribuisce bottigliette d’acqua dalle prime ore e dimostra di avere cura di chi è venuto a esprimere il proprio sostegno. Non ci sono lacrime e tristezza, ma solidarietà attenta ai bisogni di chi ha raggiunto la GKN, di fronte a un “non luogo”, il centro commerciale I Gigli, che ha esposto uno striscione di sostegno, nonostante una delle paure sia che al posto della fabbrica sorga l’ennesimo spazio commerciale. Un dettaglio notato con amara ironia da Lorenzo Ballerini, consigliere comunale del comune della sinistra di opposizione (del gruppo Campi a Sinistra).
Le lavoratrici e i lavoratori della GKN chiariscono il senso della giornata di sabato, vogliono abbracciare chiunque si metta al loro fianco. Ma questa lotta la portano avanti loro. In testa gli operai e chi opera in appalto, dietro le organizzazioni sindacali, compatte da quelle confederali alle sigle di base, poi le forze politiche e sociali. Tutte presenti. Spiccano le adesioni dell’ANPI e dell’ARCI: la storia del territorio, che va dal mutualismo alla Resistenza, è visibilmente presente. Viene confermata la domenica, con un pranzo voluto dall’associazione delle partigiane e dei partigiani, proprio davanti alla fabbrica, per la pastasciutta antifascista, con tanto di collegamento dall’Istituto Alcide Cervi.
Spunta qualche bandiera dei Giovani Democratici, ma le bandiere più numerose sono quelle delle forze alla sinistra del Partito Democratico, da Rifondazione a Potere al Popolo, insieme a Sinistra Italiana, Firenze Città Aperta, PCI, PCL, PMLI, Fronte della Gioventù, CARC e molte altre realtà. In corteo c’è Mattia Santori delle Sardine, così come naturalmente il sindaco di Campi Bisenzio, Emiliano Fossi, il presidente regionale Eugenio Giani e le assessore Nardini e Monni del Pd e Spinelli di Sinistra civica ecologista, insieme a tante altre figure istituzionali del centrosinistra e della sinistra.
«Noi abbiamo le nostre idee. Questa è la nostra battaglia. Le contraddizioni non sono le nostre e ognuno dovrà fare i conti con le proprie, ma ora è il momento di accogliere tutte le energie a favore della nostra lotta. È l’assemblea di chi lavora in GKN, anche in appalto, che decide per questa lotta. Serve benzina nel nostro motore, non è il momento di levarsi sassolini dalle scarpe».
La politica e le istituzioni non devono creare problemi, piuttosto devono trovare soluzioni: la diffidenza c’è. Si teme di essere trascinati in una liturgia di tavoli e trattative fin troppo familiare, da prima della pandemia Covid-19, che si replica di territorio in territorio anche grazie allo sblocco dei licenziamenti.
La segretaria nazionale della Fiom Re David chiama in causa il Governo e l’uso delle risorse del PNRR: gli strumenti per poter intervenire devono essere creati.
L’intera industria dell’automotive in Italia è a rischio. A Campi Bisenzio l’appello ha una dimensione chiaramente nazionale, con una consapevolezza forte: «c’è un grande silenzio da Roma, ci pensiamo noi a dare la sveglia» dice un operaio della GKN. Anche Antonello Patta (PRC) mette l’accento sulla necessità di un intervento dello Stato: «solo il pubblico può garantire il passaggio nel settore alla transizione ecologico, di fronte ai ritardi del capitalismo e alle assenze di politiche efficaci da parte dei governi».
Uno striscione ha avvertito la politica: non si vogliono passerelle.
Le protagoniste e i protagonisti sono le lavoratrici e i lavoratori, con piena coscienza della loro situazione. Che per la settimana dopo hanno lanciato un’assemblea pubblica, di giovedì sera, per confrontarsi sui prossimi passaggi, in particolare nel mese di agosto, quando si teme possa calare il peso dell’indifferenza o della distrazione rispetto alla necessità di proseguire la lotta.
In chiusura del corteo di sabato sono arrivate parole chiare da Dario Salvetti, del collettivo di fabbrica: «questa adesso è un’azienda di fatto in mano a chi lavora. Potremmo far ripartire la produzione in qualsiasi momento. Come stiamo? Ancora in piedi, con la dignità di chi sorride a testa alta. E voi come state?»
La domanda è rivolta a chi subisce forme di sfruttamento e precariato senza avere la possibilità di avere la stessa visibilità di questa vertenza: tutte le persone sono coinvolte. Si può reagire o aspettare che arrivi il proprio turno. Dietro a questo ragionamento c’è tutto il significato dell’invito insorgiamo.
Foto dell’autore dell’articolo dalla manifestazione del 24 luglio 2021.
Classe 1988, una laurea in filosofia, un dottorato in corso in storia medievale, con diversi anni di lavoro alle spalle tra assistenza fiscale e impaginazione riviste. Iscritto a Rifondazione dal 2006, consigliere comunale a Firenze dal 2019.