Dopo il doppio esperimento fantasy della saga del “ragazzo invisibile”, il premio Oscar Gabriele Salvatores torna al cinema che lo ha consacrato: quello on the road, quello dell’amicizia, della fuga. Per intendersi quello dei tempi di Marrakech Express, Mediterraneo, Puerto Escondido, Turnè. Stavolta però il ragazzo invisibile esiste davvero ed è “next to me” come la canzone degli Imagine Dragons.
Francamente non capisco come mai questo titolo era fuori concorso a Venezia 76. Probabilmente perché Gabriele Salvatores è sempre stato un regista fuori dal coro, capace di cambiare e rinnovarsi ad ogni sfida. Fa parte di una ristretta cerchia di autori che ancora resiste. Non possiamo che ringraziarlo. Il cinema italiano di qualità è ormai quasi sparito dai radar. Come detto dal critico Federico Pontiggia sulla pagina Twitter officiale del “Cinematografo”, è colpa dell’indifferenza generale e soprattutto di chi produce, più che dello spettatore. Non siamo più abituati alla sperimentazione, alla contaminazione dei generi (non scordiamoci che Salvatores è stato l’unico capace di realizzare un film fantascientifico in Italia, ovvero “Nirvana”). Ma soprattutto non riusciamo più a sognare, a “vedere” il futuro.
Prendendo spunto dal bel romanzo “Se ti abbraccio non aver paura” di Fulvio Ervas, il film è un’avventura in moto nei Balcani tra un padre e un figlio molto particolari. A Salvatores era stato proposto di fare il film negli Stati Uniti, ma il regista ha pensato invece di realizzarlo tra Italia, Slovenia e Dalmazia. Sembrerà strano, ma nei Balcani esiste il cosiddetto “sogno italiano”. Un confine che è fisico e metaforico allo stesso tempo. Il motivo di questa scelta consiste nel non ripetere immagini e spazi sufficientemente già battuti da altri registi (vedi confine tra Usa e Messico, il deserto, la California,ecc…).
Inizialmente siamo a Trieste, dove Salvatores ha girato la saga del “Ragazzo Invisibile”. Il genitore si chiama Willi (Claudio Santamaria) ed è noto per essere un ottimo musicista con il nome di “Modugno della Dalmazia”. Il titolo del film infatti nasce da un verso di “Cosa sono le nuvole” che aveva già dato il titolo di un episodio di “Capriccio all’italiana” di Pasolini. Il figlio sedicenne si chiama Vincent (l’esordiente Giulio Pranno) ed è un ragazzo autistico pieno di risorse e fiducia, a dispetto della malattia. Il ragazzo però ha sempre vissuto con la madre naturale, Elena (Valeria Golino), e suo marito Mario (Diego Abatantuono), che lo ha accolto molto bene. Vincent però è irrequieto, sogna la fuga. Non riescono a trovargli la medicina che lo faccia star tranquillo. La realtà è che si erano rassegnati a fargli vivere una vita senza scossoni, con troppa protezione.
Mario aveva soprannominato Willi con l’eloquente “Il merda”. Infatti Vincent aveva lasciato Elena per paura, dopo aver saputo che era rimasta incinta. Era troppo giovane per quel cambiamento così importante. Con uno dei brani da lui interpretati, Vincent di Don McLean (dedicata al pittore Van Gogh), la conquistò. 16 anni dopo, improvvisamente, Willi piomba in casa di Elena. Il ritorno del padre biologico, vestito con strane camicie di velluto, cambierà la vita del giovane Vincent. Dopotutto il motto di Willi è “dopo la grande sfiga arriva sempre la grande fortuna”. Vincent si nasconde nell’auto del padre e va in tour con lui tra Slovenia e Croazia (nel libro invece era l’America Latina). La sua vita e quella del padre biologico cambieranno.
“Tutto il mio folle amore” è un viaggio on the road tra due esseri diversi che avranno modo di confrontarsi e di capirsi, di vivere la propria vita, ridendo e cercando di farsi strada fra le difficoltà. Salvatores ci mostra l’importanza dell’empatia nella società odierna. L’involuzione è generata proprio dalla mancanza di essa. Un altro personaggio vero del film è l’uso delle musiche che, come spesso capita nei film dell’appassionato Salvatores, spazia da Don McLean a Modugno, fino agli Imagine Dragons (l’uso di “Next to me” sui titoli di coda è da applausi).
Ancora una volta il regista napoletano mostra di essere uno dei più grandi talenti del nostro cinema. Questa volta è andato a scovare il lato nascosto in ognuno di noi: quel lato irrazionale che difficilmente si può frenare, quella voglia di cambiamento insita in ogni individuo. Salvatores lo mostra apertamente in ognuno dei personaggi: tutti hanno una maschera, ma prima o poi ognuno mostra la propria faccia. Una storia di amicizia, di paternità, di diversità, di amore di un padre verso un figlio (e viceversa), di lotta e rispetto verso la vita. E poi la malattia di Vincent fatta di accelerate e brusche frenate. La sceneggiatura funziona bene, grazie all’esperienza di Umberto Contarello (coautore dei principali film di Sorrentino) e alle qualità di Sara Mosetti (la cui mano è visibile nella “svolta” del personaggio della Golino).
Ci sono lampi di cinema vero, di benessere e positività. Salvatores ci mostra l’importanza dell’altro, della diversità, del cambiamento vero (non quello “urlato” in pompa magna da slogan senza senso e valore) e dell’improvvisazione che dà imprevedibilità e gioia alle nostre vite. Il film è sorretto da forti emozioni, la robusta fotografia di Petriccione (notare, ad esempio, le tonalità calde del giallo dei campi) e grandi attori: Santamaria fragile e malinconico, mai così bravo anche nelle esibizioni canore, un equilibrato Abatantuono stile “Happy family”, una solida e inquieta Golino e un altro esordiente di qualità. Ancora una volta Salvatores ha pescato bene scovando in Giulio Pranno grandi qualità. Alcuni critici lo hanno paragonato a Leonardo Di Caprio ai tempi di “Buon compleanno Mr Grape”. Io ci andrei cauto, vediamolo in altre prove. Alla fine del viaggio però ha ragione Abatantuono: la felicità purtroppo non è un diritto, ma un colpo di culo. Ma attenzione a cadere nello sconforto perché “la botta di culo” spesso arriva perché sono state create le condizioni.
FONTI: Cinematografo, Mymovies, Comingsoon, Cinematographe, Sentieri Selvaggi
Regia ***1/2 Interpretazioni ***1/2 Film ***1/2 Sceneggiatura ***1/2 Fotografia **** Musiche ****
TUTTO IL MIO FOLLE AMORE ***1/2
(Italia 2019)
Genere: Commedia/Drammatico
Regia: Gabriele Salvatores
Sceneggiatura: Sara Mosetti e Umberto Contarello
Fotografia: Italo Petriccione
Cast: Valeria Golino, Claudio Santamaria, Diego Abatantuono, Giulio Pranno
Durata: 1h e 36 minuti
Distribuzione: 01 Distribution
Produzione: Rai Cinema e Indiana Production
Uscita: 24 Ottobre 2019
Presentato fuori concorso 76
Tratto dal romanzo “Se ti abbraccio non aver paura” di Fulvio Ervas
Trailer qui
Intervista al regista Gabriele Salvatores qui
La frase: La felicità, purtroppo, non è un diritto, è un colpo di culo!
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.