I compositori per il cinema sono roba rara. Ad eccezione di James Newton Howard, John Williams, Hans Zimmer, Alexandre Desplat, Michael Gioacchino oggi c’è poco in giro. Con gli addii recenti di James Horner e di Ennio Morricone (questo è il mio omaggio al maestro), il vuoto è ancora più grande. Per molti italiani il 6 luglio 2020 fu un giorno nefasto perché il maestro Morricone era come un familiare. Un musicista italiano conosciuto in tutto il mondo per la sua arte, la sua musica più che per la sua persona. Due premi Oscar, oltre 500 colonne sonore in carriera. Ricordo ancora il concerto del 16 maggio 2015 a Firenze. Non solo perché era il mio compleanno, ma perché a metà concerto il maestro fu colto da un malore. Dopo oltre mezz’ora di attesa, contro la scelta del medico, volle tornare sul palco e finì il concerto. Si scusò ripetutamente. La determinazione e il rispetto di quest’uomo e gli applausi del pubblico resero quel concerto unico e indimenticabile.
Solo Giuseppe Tornatore poteva raccontarlo in un ritratto così importante. Perché lo conosceva talmente bene da poterlo far capire a tanti. I sodalizi più duratori sono stati con Leone e Tornatore. Con il primo Morricone era compagno di scuola alle elementari a Roma, poi divennero quasi complementari nel lavoro. Cosa sarebbero i western senza le intuizioni musicali del maestro? La stessa magia si è ripetuta con Tornatore.
Sergio Leone morì nel 1989, l’anno prima iniziò il sodalizio tra Morricone e Tornatore. Stava per venire alla luce quel capolavoro chiamato “Nuovo Cinema Paradiso” che fruttò l’Oscar al regista siciliano. La sensazionale colonna sonora era firmata dal maestro. Eppure all’epoca nessuno conosceva Tornatore. Aveva all’attivo solo un film (Il camorrista). Morricone rimase colpito dal talento di questo regista semi esordiente e accettò di collaborare con lui. Fu una pazzia, ma fece bene. Indimenticabile fu quel “love’s theme” (scritto con il figlio Andrea) che persuade lo spettatore dall’inizio alla fine. Anche il regista siciliano ha ammesso che i suoi lavori sarebbero stati diversi senza la magia della musica di Ennio. Il maestro si sentiva come Tim Roth ne “La leggenda del pianista sull’oceano”: un uomo che rimane per sempre a bordo della nave a suonare, a immedesimarsi nelle emozioni che solo la musica sa dare. E’ l’abbinamento tra immagini e musica che garantisce commozione e valore. L’amicizia fra i due è durata fino alla morte del musicista, l’ultima collaborazione fra i due risale al 2016 con “La corrispondenza”. Nel 2018 Tornatore ha scritto il libro “Ennio. Un Maestro”, edito da Harper Collins. Un’intervista fluviale con il maestro, poi è diventata una sceneggiatura e infine un film-documentario. “Ho lavorato oltre venticinque anni con Ennio Morricone – dice Tornatore – ho fatto con lui quasi tutti i miei film, per non contare i documentari, gli spot pubblicitari e i progetti che abbiamo cercato di mettere in piedi senza riuscirci. Durante tutto questo tempo il nostro rapporto di amicizia si è consolidato sempre di più. Così, film dopo film, man mano che la mia conoscenza del suo carattere di uomo e di artista si faceva più profonda, mi sono sempre chiesto che tipo di documentario avrei potuto fare su di lui. E oggi si è avverato il mio sogno”.
Fuori concorso a Venezia è stato presentato lo scorso settembre, “Ennio”. Arriverà nelle sale italiane il 17 febbraio, distribuito da Lucky Red in un progetto internazionale coprodotto da Italia, Belgio, Cina e Giappone. Il soggetto, la sceneggiatura e la regia del documentario sono di Giuseppe Tornatore, la fotografia di Fabio Zamarion e Giancarlo Leggeri, il montaggio di Massimo Quaglia e Annalisa Schillaci, il suono di Gilberto Martinelli e Fabio Venturi. Il film riprende i temi del libro e li amplifica con interviste a musicisti e registi che hanno collaborato con lui o che quantomeno sono rimasti impressionati dai suoi lavori. Tornatore ammette che il maestro direbbe “che c’è troppa musica in questo lavoro”.
Ennio è un documentario semplice, che vorresti non finisse mai. Dura poco più di 2 ore e mezzo, ma scorre via che è una bellezza.
Ennio non avrebbe mai immaginato che la musica fosse al centro della sua vita. La famiglia originariamente era ciociara, più precisamente di Arpino (Frosinone). Si trasferirono a Roma per lavoro. Il padre Mario era un trombettista, la madre aveva un’industria tessile. Sulle orme paterne Ennio iniziò a suonare la tromba. Lui avrebbe voluto fare il medico. L’avvento della guerra però ebbe delle ripercussioni. A causa di alcuni problemi di salute del padre, capì che quel lavoro doveva far mangiare la famiglia. La tromba divenne per Ennio Morricone una sorta di tortura. Si iscrisse al Conservatorio di Santa Cecilia a Roma. Nel 1946 si diplomò. Era un allievo di Petrassi. Nel 1958 viene assunto come assistente musicale dalla Rai, ma si dimette il primo giorno di lavoro, non appena apprende che gli sarà preclusa ogni possibilità di carriera per volontà del direttore generale Filiberto Guala. Nel 1960 iniziò a comporre e arrangiare musiche per la RCA. Nel 1962 arrangiò canzoni per Edoardo Vianello e Gino Paoli: hit come Pinne, fucile ed occhiali, Abbronzatissima, Sapore di sale.
Poi arrivò il cinema western. Fu un cambiamento epocale. Tutti i musicisti e arrangiatori non vedevano di buon occhio Morricone.
Era considerato un traditore, una prostituta. Solo Petrassi lo difese. Ma il maestro era avanti di almeno 20 anni e capì che la musica classica poteva unirsi al pop, al rock, a elementi della natura e quant’altro. Nel 1964 Ricardo Blasco gli commissionò la colonna sonora di “Duello in Texas”. Sergio Leone vide il film, capendo che quella musica faceva per lui e contattò l’ex compagno di elementari: lo volle per la colonna sonora di “Per un pugno di dollari”. Complice il grande successo di pubblico, Morricone proseguì a collaborare negli anni Sessanta con Leone anche in “Per qualche dollaro in più”, “Il buono, il brutto e il cattivo” e “C’era una volta il West”.
Ma in quegli anni si stabilì anche un bizzarro incontro: quello tra il maestro ed Elio Petri. Nel 1968 quest’ultimo gli commissionò la musica di “Un tranquillo posto in campagna”. Petri disse a Morricone che con lui avrebbe fatto solo quel film. Il regista sceglieva il compositore solo per una pellicola per differenziarsi. Ma la bravura del maestro lo costrinse a modificare questa sua prassi.
Due anni dopo, Morricone rivoluzionò la musica per il cinema con la colonna sonora di “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”. Partendo dalla sperimentazione de “Il clan dei siciliani”, la musica divenne un personaggio: veicola le emozioni del protagonista, ci mette empaticamente in contatto con l’omicida (un immenso Gian Maria Volontè), ce lo descrive oggettivamente e psicologicamente attraverso il linguaggio delle emozioni.
La collaborazione tra Morricone e Petri proseguì per ben 7 film, tra cui “La classe operaia va in paradiso”. Fu solo la morte del regista nel 1982 a stroncare un rapporto speciale tra due menti uniche per la cultura italiana.
Tornatore è bravo nel far capire che la grandezza di Morricone era quella di essere una persona umile e semplice che abbina musica e prosa. Di conseguenza il montaggio si muove su questa strada. Ennio Morricone è stato un uomo attento, metodico, taciturno, intelligente, modesto, enigmatico, abitudinario. Aveva una grande disciplina ottenuta giocando a scacchi. Per lui la musica era un mondo matematico. Apparentemente sembrava deconcentrato, ma nella sua testa aveva la musica. Scriveva note sulle tovaglie di carta dei ristoranti, ascoltava i rumori dei bicchieri, i versi degli animali (famoso il celebre verso del coyote che ispirò “il buono, il brutto e il cattivo”).
La cosa più curiosa accadde a un concerto a Firenze a metà anni Sessanta. Sentì i rumori della suola della scarpa di un addetto al palco, lo “scricchiolio” del legno vecchio. Morricone lo raccontò a Sergio Leone. Questi innocui “versi” vennero riprodotti all’inizio di “C’era una volta il west”: ovvero l’attesa dell’arrivo di Armonica alla stazione. Nel film di Tornatore c’è spazio per un rimpianto.
Lo sapevate voi che Stanley Kubrick lo voleva per la colonna sonora di “Arancia Meccanica” e che fu una bugia di Leone a non rendere possibile questa collaborazione? Leone disse a Kubrick che Morricone era impegnato alla scrittura della colonna sonora del film “Giù la testa coglione”. Ma non era vero. Il film non esisteva. Leone era geloso. Anche se poi la colonna sonora di “Giù la testa”, Morricone la scrisse davvero nel 1970.
Ennio però è anche l’arrangiatore di canzoni come la meravigliosa “Il mondo” di Jimmy Fontana, “Se telefonando” di Mina e “In ginocchio da te” di Gianni Morandi. Dopo aver composto 2 versioni scartate dal produttore, Morricone era inferocito. Ne aveva scritta una terza che lui non considerava all’altezza. Fu quella che poi divenne la composizione che fu incisa da Gianni Morandi, utilizzata anche da Bong Joon Ho nel meraviglioso film “Parasite”.
Poi il film decolla con interviste a italiani del calibro di Bertolucci (indimenticabile il tema di “Novecento”), Montaldo (“Sacco e Vanzetti”), Bellocchio, Argento, i fratelli Taviani, Zucchero, Gianni Morandi, Nicola Piovani e tanti altri. La parte divertente è affidata a Carlo Verdone che esordì nel 1980 grazie a Sergio Leone in “Un sacco bello”. Morricone scrisse per lui le musiche di Un sacco bello e Bianco, Rosso e Verdone. Il regista romano racconta che Leone per “C’era una volta in America” avrebbe voluto il flauto di pan su tutto il film, ma Morricone si arrabbiò moltissimo. Ma poi ebbe ragione Leone. Ed è proprio questa una delle parti più commoventi del film. Il tema di Deborah nacque da un tema scartato per un film di Zeffirelli. Morricone lo propose a Leone che intuì le potenzialità di quel pezzo. Ancora oggi è una delle sue partiture più note nel mondo. Poi ci sono anche registi e musicisti stranieri: i “colleghi” John Williams e Hans Zimmer, la cantante Joan Baez, poi Barry Levinson, Roland Joffè (regista di “Mission”), Oliver Stone, Brian De Palma.
Indimenticabile il triplo tema di “Mission”: l’oboe, la musica sacra e quella etnica fuse insieme. Roland Joffè ricorda che quando sentì quelle musiche per la prima volta, il film divenne epico nella sua testa. Incredibile fu lo sgarro agli Oscar del 1987: venne premiato Herbie Hancock, ma la canzone non era nemmeno originale. Hollywood premiò il jazzista americano, ma tutti capirono che l’Academy aveva fatto un errore macroscopico. Non si può dimenticare la lite con Oliver Stone. “Gli chiesi di comporre musica da cartoni animati per U Turn, ma non la prese bene”. Alla fine poi Morricone scrisse quello che Stone gli chiese. Mentre per “Gli intoccabili” Brian De Palma non voleva quel breve valzer prima della celebre scena della scalinata. Morricone stavolta si impose e il regista, quando montò il film, capì che l’intuizione del maestro era geniale. Serviva per ammorbidire la drammaticità della scena, mettendo in primo piano la carrozzina con il bambino. Ennio aveva ragione.
E poi c’è Quentin Tarantino che ha sempre avuto un debole per i film di Corbucci, Leone e Castellari. Quando sentì “L’estasi dell’oro”, il regista italoamericano volle a tutti i costi collaborare con il maestro. Tarantino aveva usato i temi di Morricone sia in “Kill Bill” sia in “Django”. L’occasione arrivò con la colonna sonora di “The hateful eight”. La collaborazione fruttò al maestro il secondo Oscar nel 2016. Il Oscar lo ricevette nel 2007 per la carriera, dalle mani del mitico Clint Eastwood. Hollywood fece mea culpa dopo oltre 20 anni. Morricone dedicò il premio a sua moglie Maria con commozione e semplicità. Non importa ricordarlo, ma Clint diventò famoso grazie ai film di Sergio Leone. Il quale lo scoprì grazie al telefilm “Rawhide”.
Tuttavia i rapporti tra il musicista e Tarantino non erano proprio idilliaci. «È ovvio che se prendi un pezzo da un film, un pezzo da un altro, un pezzo da un altro ancora, una coerenza musicale non l’avrai mai» – ha detto Morricone in un’intervista. Pare che sia stato proprio Tornatore a convincere il maestro a collaborare con Quentin a “The hateful eight”. A differenza di Tarantino, Morricone ebbe un ottimo rapporto (soprattutto epistolare) con il regista Terrence Malick. Quest’ultimo è noto per essere schivo e riservato. Nel 1978 Morricone musicò “I giorni del cielo”, secondo film del regista americano. Nel 2015 i due tornarono a collaborare per il documentario “Voyage of Time”. Non si può citare il rapporto tra Morricone e Bruce Springsteen. Chi è andato ai concerti italiani del Boss si ricorderà che l’apertura era scandita dalla colonna sonora di “C’era una volta il west”. Tornatore verso la fine mostra l’apertura di un concerto recente del Boss a San Siro fra le note di Morricone con il pubblico in festa. Ho avuto la pelle d’oca perché ho provato nuovamente quelle emozioni. Il 10 aprile 1996 Morricone andò a salutare Springsteen durante il tour di “The ghost of Tom Joad” a Roma. I due dichiararono la profonda e reciproca ammirazione per le rispettive musiche. In effetti “The ghost of Tom Joad” vanta molte intuizioni di Morricone. Su tutte l’uso dell’armonica. Springsteen ha ammesso che andò al cinema a vedere “Il buono, il brutto e il cattivo” e comprò il disco della colonna sonora. Da lì ha tratto numerose ispirazioni per le sue canzoni.
Nel mondo del rock non possiamo dimenticare anche The Edge degli U2, che ha scritto “Magnificent” per Morricone, i Ramones, i Metallica che hanno dato alla luce una cover della celebre “L’estasi dell’oro”. E poi ci sono perfino i Muse, i Pet Shop Boys, che collaborarono con Morricone al brano “It couldn’t happen here”, Joan Baez (il tema di Sacco e Vanzetti), il duo rap Down Low, Dolce Puente e Pat Metheny. Questo documentario è cinema purissimo che si fonde con l’amore della musica. Tornatore è sempre un grande maestro, così come lo sono le immortali partiture del maestro. Ci si commuove facilmente. In almeno sei parti del film confesso che avevo gli occhi lucidi. “Ennio” di Giuseppe Tornatore è un’opera vitale per il cinema italiano contemporaneo. Da non perdere.
Fonti: Comingsoon, Cinematografo, Movieplayer, My movies
ENNIO: IL MAESTRO *****
(Italia, Belgio, Giappone, Olanda 2021)
Genere: Documentario
Regia e Sceneggiatura: Giuseppe Tornatore
Con interviste a Oliver Stone, Clint Eastwood, Gianni Morandi, Bruce Springsteen, Bernardo Bertolucci, Carlo Verdone, Hans Zimmer, Dario Argento, Barry Levinson, Vittorio Taviani, Nicola Piovani
Durata: 2h e 30 minuti
Fotografia: Giancarlo Leggeri e Fabio Zamarion
Distribuzione: Lucky Red
Nei cinema dal 17 febbraio (Anteprime 29-30 Gennaio)
Fuori Concorso al Festival di Venezia 2021
Trailer Italiano qui
Intervista a Giuseppe Tornatore qui
La frase: “La musica va pensata prima che scritta. È un problema. È un pensiero che deve andare avanti, ma alla ricerca di cosa non lo sappiamo”.
Immagine da news.cinecitta.com
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.