Nel 1995 un gruppo di pazzi registi danesi creò un movimento chiamato “Dogma 95”. Si dettero delle regole ben precise basate sui valori tradizionali della recitazione e del tema, escludendo l’uso di effetti speciali o tecnologie elaborate. Il primo film del Dogma fu “Festen” (1998) di Thomas Vinterberg. Al movimento aderì anche Lars Von Trier. Nel mondo del cinema fu considerato un vero e proprio voto di castità. Dieci anni più tardi naufragò il progetto e ognuno prese la sua strada.
Vinterberg, dopo i bellissimi Il sospetto e La Comune, ancora una volta parla di persone di tutti i giorni. Si affronta un tema spinoso e contemporaneo: meglio essere puritani o meglio un consumo elevato di alcool? Poteva elogiare l’una o l’altra strada, ma la bravura del regista danese è quella di imboccarne una alternativa: quella della responsabilità. Ebbene sì, oggi è una parola che non è più di moda. Se non l’avesse fatto, sarebbe scaduto nella solita retorica dividendo i tifosi delle due squadre. Il regista chiede allo spettatore di partecipare e di farsi un’idea della vicenda. Chi non è abituato a farsi domande sappia che non è un film per lui.
“Il consumo pro-capite annuo di alcool puro in Danimarca è 1.9 litri, una quantità ragguardevole” – disse Vinterberg alla Festa del cinema di Roma lo scorso ottobre. L’affresco del suo Paese natale svela un posto molto controllato e apparentemente freddo, con una forte ipocrisia sotterranea, ma anche con valori fortissimi come l’amicizia, lo spirito di comunità. La comune, Il sospetto e Festen erano emblemi di questi concetti. Ma nel frattempo sono passati degli anni e il mondo è diverso.
Dove c’è responsabilità c’è civiltà, dove latita iniziano i problemi. Specie se i protagonisti sono degli educatori, degli insegnanti. Anche per bere bisogna avere il fisico giusto. La posta in palio aumenta, i problemi crescono esponenzialmente. Vinterberg ama la sfida e riesce a uscirne indenne perché non inneggia all’assunzione all’alcool. Celebra piuttosto la “sete di vita”, la voglia di andare oltre, di vivere davvero.
Il regista danese ha scritto il film dopo un terribile lutto familiare: la figlia di 19 anni è morta in un incidente stradale. Sono stati gli amici che hanno permesso a Vinterberg di guardare avanti.
Un film atipico, quasi geniale. Doveva uscire in sala a novembre (grazie a Movies Inspired), ma il dpcm del Governo ha bloccato l’uscita nelle sale. Questa pellicola vanta un perfetto gioco di squadra: alla sceneggiatura l’abituale collaborazione con Tobias Lindholm, nel cast artistico grandi interpreti ed amici come Thomas Bo Larsen, Magnus Millang, Lars Ranthe. E poi c’è, naturalmente, la star Mads Mikkelsen (Le Chiffre di “007 Casino Royale”). Dopo gli straordinari exploit de “Il sospetto”, “Festen” e “La comune”, il regista danese torna a graffiare, a provocare. “Un altro giro” sembra un film banale, ma non lo è affatto.
Prendete un bicchiere. Versate una qualsiasi sostanza liquida fino a metà. Che cosa vedete? Alcuni di voi noteranno il bicchiere mezzo pieno (ottimisti), altri quello mezzo vuoto (pessimisti). Ma ci sono persone che vedono che possono versare ancora fino all’orlo o quelli che vogliono svuotare alla svelta. Una storia sfaccettata e dannatamente umana dove la libertà è il perno della storia. Libertà di scelta, ovviamente. Rischiare o fallire? Vivere o perdersi progressivamente?
Il film parte da una (provocatoria) teoria dello psicologo norvegese Finn Skårderud: l’uomo nasce con una carenza di alcol nel sangue dello 0,5%. Quali effetti avrebbe il mantenimento di un leggero livello di ebbrezza sul nostro benessere? L’uomo sarebbe più felice? Secondo questa teoria, una piccola e costante quantità di alcool nel sangue, intorno allo 0,5%, ne aumenterebbe la creatività, rendendolo più felice. Lo so molti di voi penseranno che bastava mettere una telecamera in una qualsiasi taverna della Toscana o del Veneto e avrebbero trovato tantissimo materiale. Bestemmie comprese.
Ma la marcia in più di Vinterberg è l’origine di questo film. “Ho cominciato ad analizzare – spiega il regista – alcune figure storiche, rendendomi conto che tante persone avevano raggiunto molti risultati da alcolizzati. Abbiamo capito che l’alcol può rappresentare un vantaggio ma può anche distruggere le società e le famiglie. Quindi abbiamo ampliato la nostra ottica per fare un film sulla vita. Al centro ci sono persone che sono arrivate a un punto cruciale della vita: hanno perso l’ispirazione, il gusto di prendere rischi, vivono esistenze ripetitive: usano l’alcol per cercare di riprendersi”.
Un esempio: sarebbe riuscito Churchill a guidare la riscossa inglese contro la Germania nazista se fosse stato astemio? Chissà…
A me torna in mente, cinematograficamente parlando, il dilemma proposto dal film di Zemeckis, “Flight”, con Denzel Washington che è un pilota che guida un aereo di linea dopo una delle tante notti a base di alcool, sesso e droga. Un giorno mentre fa il suo lavoro, all’ improvviso un guasto lo costringe a un atterraggio di emergenza che salva le vite a numerose persone. La manovra è bizzarra, ma si sa quel che conta è il risultato. Per tutti è un eroe, ma non per la NTSB (National Transportation Safety Board). E da lì il film prende un’altra piega.
Stavolta la storia di “Un altro giro” vede protagonista Martin (Mikkelsen, ovvio), un insegnante di scuola superiore che tutti vedono come apatico, noioso, ripetitivo. Compresi alunni e moglie. Decide di dare una scossa alla sua vita. D’accordo con alcuni colleghi (Tommy, Nicolaj e Peter) beve un po’ di alcool tutti giorni alimentando di fatto la teoria di Skarderud. L’esperimento inizia a funzionare. Ma i colleghi iniziano ad alzare il tiro: si può alzare il livello! Dalla regola di Hemingway “non si beve nelle ore di lavoro, mai la sera o nel weekend”, si passa al consumo quotidiano e spericolato. E, come spesso accade oggi, la competizione inizia. Come nella “grande abbuffata” di Marco Ferreri. L’esperimento, chiaramente, causerà delle conseguenze. Tutti questi insegnanti sono dei perdenti e usano l’alcool come pretesto per ripartire: tradotto del domani non c’è certezza. Diamoci una seconda opportunità. L’altro giro è un titolo provocatorio e doppio: si riferisce allo stesso tempo alle bevute, ma allude a un cambio radicale di vita, a una nuova occasione.
L’interesse principale di Vinterberg (non a caso è la cosa che mi porta a vedere i suoi film) è quello di far cambiare le interazioni dei personaggi in base a come la società ci guarda. Tale condizionamento oggi è a livello ossessivo e ha causato un eccessivo conformismo, specie tra i giovani.
In fondo cosa hanno in comune l’alcool, la vita e l’amore? Tutti e tre possono essere incontrollabili. Solo l’assolo finale di Mikkelsen vale più di mezzo film. Il problema sta più nella parte centrale: è abbastanza previdibile. Tuttavia è un buon film, un inno alla vita in tempi duri. In concorso al Festival di Cannes 2020 (che non c’è stato) e all’ultima Festa del Cinema di Roma.
Fonti: Bad Taste, Comingsoon.it, Mymovies.it, Cinematografo.it
Regia ***1/2 Interpretazioni ***1/2 Fotografia *** Sceneggiatura ***1/2
UN ALTRO GIRO ***1/2
Titolo originale: Druk
(Danimarca 2020)
Genere: Commedia, Drammatico
Regia: Thomas Vinterberg
Sceneggiatura: Tobias Lindholm e Thomas Vinterberg
Cast: Mads Mikkelsen, Thomas Bo Larsen, Magnus Millang, Lars Ranthe
Durata: 1h e 55 minuti
Fotografia: Sturla Brandth Grovlen
Distribuzione italiana: Movis Inspired
Trailer Italiano qui
In concorso a Cannes 2020 e alla Festa del Cinema di Roma
4 European Film Awards 2020 (Miglior film, regia, miglior attore – Mikkelsen, sceneggiatura)
La frase: Forse… dobbiamo aumentare un po’.
Immagine da www.cinefacts.it
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.