Ogni tanto fortunatamente arrivano le sorprese. “The Father” è sicuramente un titolo che vale la pena vedere, ma che non è stato incensato abbastanza di elogi. Anche questo film europeo (coproduzione anglo francese) era pronto nel 2020 ed è stato una vittima del blocco causato dalla pandemia. È tratto dalla piece teatrale “Il padre” del 2012 del regista Florian Zeller.
Parigino classe 1979, vanta almeno una dozzina di opere teatrali e 5 romanzi. Questo è il suo esordio come regista di cinema. Anche se, va detto, Philippe Le Guay aveva già adattato questa storia con “Florida” (2015). Zeller prende alla lettera una lezione di Godard: un film ha sempre un inizio, un centro e una fine, ma non necessariamente in quest’ordine. Il regista sembra però riprendere la struttura di “Mullholland Drive” di David Lynch in cui coesistono più “verità” contradditorie che lo spettatore deve saper cogliere attraverso il ragionamento.
A differenza di pellicole che trattano il tema dell’Alzheimer (stile “Still Alice”), “The Father” rischia di più, si immerge nella vicenda, nei rapporti familiari tra padre e figlia. Non vediamo il progresso della malattia, i sintomi, la sua esplosione o momenti di ilarità involontaria, stile “Ella e John” di Paolo Virzì. Lo spettatore si ritrova a fare un puzzle e deve ricostruire la vicenda. Il regista non si rende oggettivo come la maggioranza dei suoi colleghi. Sembra di essere in un film minore di Christopher Nolan. Il sottotitolo italiano stavolta è corretto: nulla è come sembra.
Diciamo subito che quello che rende questo film interessante è che mostra un riflesso delle nostre paure, delle piccole cose quotidiane (l’orologio che l’uomo porta al polso, il pollo per cena, gli interni della casa, il pigiama, il tè al posto del caffè).
Siamo a Londra, in una famiglia benestante. Anne (Olivia Colman, premio Oscar per “La favorita”) si reca a trovare il padre Anthony (Anthony Hopkins, al suo secondo Oscar dopo “Il silenzio degli innocenti”), un uomo di oltre 80 anni affetto da demenza senile. La donna deve dirgli che presto si trasferirà a Parigi per raggiungere l’uomo che ama. Anthony è convinto che sia sposata con James. In realtà la figlia è divorziata da 5 anni.
L’episodio conferma i problemi di memoria dell’uomo perché non ha più punti di riferimento stabili. La notizia dell’addio della figlia gli provoca un ulteriore scossone. Anne lo aiuta nel cercare la badante giusta che lo aiuti. Ma lui le rifiuta tutte. Ma ogni volta che la figlia torna da fuori a comprare il pollo per la cena, a Anthony appare diversa. Così come le badanti e il marito della figlia. Fino a che si ricorda di avere un’altra figlia: Lucy. Ma sarà vero? L’unica certezza è che lui sta bene, non vuole nessuno in casa. La povera Anne non sa più che pesci prendere. Intanto i problemi non tardano ad arrivare. Vedendo questo film, soprattutto in un’importante metafora, mi è tornata in mente la poesia “Soldati” di Giuseppe Ungaretti:
Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie.
Anche il protagonista di questo film, come d’altronde tutti gli esseri umani, è nella condizione esistenziale delle foglie: possono cadere da un momento all’altro.
Come ci ha insegnato Roman Polanski nel magistrale “Carnage”, l’appartamento è il riflesso della disfunzione mentale: respira, conosce il caos e i segreti del proprietario. A differenza degli esterni impeccabili e molto british, la casa di Anthony apparentemente ferma e immobile da 30 anni, invece cambia continuamente. Dimenticate film come Fight Club o Memento, piuttosto sembra un mix tra Carnage e Remember (recensione qui) di Atom Egoyan. Qui è un gioco di osservazione, non si può prendere appunti. È un’opera di odori, sensazioni, punti di riferimento come in “Amour” di Haneke.
In “The father” i colori, i mobili, il letto, la cucina significano qualcosa: i dettagli mutano perché la mente del povero Anthony fluttua. Vede addirittura un uomo sconosciuto di nome Paul che vive con lui e sua figlia Anne. Ma il pazzo non dirà mai di esserlo, lo dirà degli altri. Anthony dice al medico che non ha alcun problema di memoria, non ha bisogno di aiuto. Anthony mostra sintomi del morbo di Alzheimer, dimenticando fatti, luoghi e persone.
Questo film è sotto sotto una metafora di un uomo, che nonostante i problemi che ha, non riesce più a capire il mondo in cui vive. Sembra esserci nell’aria qualcosa di strano, come se il mondo ad un tratto avesse smesso di seguire le regole abituali. Cerca di isolarsi nel suo appartamento, ma in questo modo i problemi li acuisce. L’età fa il resto. Per rendere credibile la sceneggiatura e la riuscita dell’intero film, Zeller si è affidato al talento di Anthony Hopkins. Tant’è che il nome del personaggio e dell’attore coincidono. Una scelta non casuale che conferma che il regista abbia pensato solo a lui.
L’attore gallese cesella la performance con ago e filo. È toccante ed immenso nel rappresentare la fragilità emotiva di quest’uomo che ogni giorno si ritrova in casa persone diverse che non riconosce. Ho avuto una nonna con problemi di memoria di questo tipo e so cosa significa. L’emblema è l’orologio che l’anziano ha al polso: ha sempre l’impressione che qualcuno glielo stia sfilando. Il che significa che sta cedendo all’inevitabile passare del tempo. Quindi l’interpretazione di Hopkins garantisce il collante ed il valore aggiunto alla pellicola (guardate ad esempio come Hopkins muove la mandibola quando arrivano “estranei” in casa). L’Oscar è strameritato. Accanto a lui, c’è da sottolineare anche la generosa prova di Olivia Colman che, dopo “La Favorita”, fornisce un’altra grande interpretazione.
Solo alla fine il regista ci fornisce il quadro generale della situazione.
The Father è un’opera di teatro filmato sullo stile di Polanski. La scelta distributiva di Bim, che ha portato al cinema una settimana prima la versione originale rispetto a quella doppiata, mi sembra coraggiosa. Correte al cinema e guardatelo in lingua originale. Anche se il doppiaggio di Dario Penne (che da sempre è la voce italiana di Hopkins) è, come solito, magistrale.
FONTI: Comingsoon, Sentieri Selvaggi, Cinefacts, MyMovies
Regia **** Interpretazioni ****1/2 Doppiaggio **** Fotografia **** Sceneggiatura ****
THE FATHER – NULLA È COME SEMBRA ****1/2
(Francia, Gran Bretagna 2020)
Genere: Drammatico
Regia: Florian Zeller
Sceneggiatura: Florian Zeller e Christopher Hampton
Cast: Olivia Colman, Anthony Hopkins, Imogen Poots, Olivia Williams
Durata: 1h e 37 minuti
Fotografia: Ben Smithard
Musiche: Ludovico Einaudi
Distribuzione: Bim
Uscita italiana al cinema: dal 20 maggio in versione originale e dal 27 maggio in versione doppiata
Trailer Italiano qui
2 PREMI OSCAR 2021 (Miglior Attore Protagonista e Miglior Sceneggiatura Non Originale)
La frase: Ma io chi sono?
Immagine da www.artribune.com
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.