Misure cognitive, significati collettivi e sociologia ai tempi del covid-19
Una riflessione sulla portata sociale dell’emergenza sanitaria che stiamo vivendo e sulle conseguenze che questa ha su ciascuno di noi.
Una riflessione sulla portata sociale dell’emergenza sanitaria che stiamo vivendo e sulle conseguenze che questa ha su ciascuno di noi.
[Dall’archivio]
La parola chiave per molti economisti ordoliberali è adattamento, inteso come adeguamento dei modi di vita e delle mentalità alle condizioni di funzionamento di un sistema intrinsecamente variabile e fondato su un regime di concorrenza spietata e generalizzata.
La pandemia in corso sta avendo pesanti ricadute dal punto di vista sanitario, ma ci interroga sulle dinamiche in corso ed in uscita dalla crisi dal punto di vista sociale e politico nel nostro paese, in europa e nel mondo
Anni di smantellamento della partecipazione politica hanno abituato ad un’idea di libertà come affermazione individuale, in termini di produzione e accumulo. Dovremmo invece ricostruire una cultura di libertà come responsabilità nei confronti della collettività.
I climate strike prima e, ancora di più, le manifestazioni delle 6000 sardine hanno dimostrato che in Italia c’è una voglia di partecipazione, una forma di attivismo politico, che però rifiutano in toto le forme organizzate che invece hanno caratterizzato la politica del secolo scorso.
L’idea che viene propagandata attraverso l’intrattenimento e la costruzione della società è una sorta di senso onnivoro, predatorio, in cui conta la quantità di rapporti e soddisfazioni fisiche, piuttosto che una relazione sentimentale profonda, la conoscenza dell’altro, la compassione, la tenerezza di sguardo e la partecipazione generosa nella vita dell’altro per aiutarlo a vivere meglio.
Sin da quando esiste, l’uomo ha sempre inventato e raccontato storie. storie che hanno contribuito a creare immaginari condivisi e plasmare società. Le narrazioni di cui siamo oggetto oggi sono invece, di base, individualistiche e ben piantate nel modello neoliberista.
Filo filò è il nuovo spettacolo di Marco Paolini, messo in scena nell’ambito del festival di poesia totale La punta della lingua.
Un libro non rivoluzionario quanto si promette di essere, ma sicuramente interessante nel suo scopo di denunciare le cause socio-politiche di depressione e ansia.
Una riflessione a ruota libera sulle condizioni di lavoro che ci vengono imposte oggi: tra contratti precari e richieste sempre più alte, è molto facile che l’individuo finisca per sentirsi colpevole per la sua mancata realizzazione lavorativa. Ed è così che ogni analisi sociale e strutturale viene lasciata da parte.