Sull’affossamento dello ius soli
Sabato 23 dicembre il Senato ha registrato la mancanza del numero legale sullo ius soli e si è aggiornato al 9 gennaio. Se, come probabile, il Presidente della Repubblica scioglierà le Camere entro la fine dell’anno, la proposta di legge non sarà mai dibattuta a Palazzo Madama e per una riforma del diritto di cittadinanza si dovrà attendere eventualmente la prossima legislatura. Le assenze massive dei partiti di destra (M5s, Lega, Forza Italia) e quelle sparse nel centrosinistra (Pd, A1-Mdp) hanno riacceso la polemica già attizzata tre settimane fa dalla tarda calendarizzazione del provvedimento.
Incredibile il livello di vigliaccheria che caratterizza il dibattito politico italiano, specchio fedele di un Paese in cui minoranze di invasati (nel silenzio e grazie al menefreghismo della maggioranza) si sentono in diritto di alzare barricate per impedire a qualche sparuta famiglia straniera di entrare in casa o di fruire di servizi pubblici. Sulla pelle di esseri umani reali le istituzioni rappresentative della repubblica si sono coperte di ignominia ancora una volta, tra mandatari del potere sovrano del popolo che disertano le aule per affossare la blandissima legge che avrebbe conferito la cittadinanza ad un pugno di persone nate e cresciute in Italia e rappresentanti del potere popolare che gongolano sulla stampa del danno arrecato all’iter della legge con migliaia di emendamenti “fuffa”.
Meglio stendere poi un velo pietoso sui peggiori “partiti” – se si può abusare di un termine nobile usandolo per designare l’attuale magma informe – della storia unitaria, a sinistra ridotti a simulacri pseudo-liberaldemocratici a corto di idee e di forza politica, assolutamente incapaci di assolvere alla funzione che spetterebbe loro da costituzione, e a destra (m5s compreso) più vicini alle consorterie della destra eversiva sudamericana che al conservatorismo europeo. La costituzione, il parlamento e la democrazia trasformate in un teatrino da libera repubblica di Bananas.
Una reazione di civiltà minimamente progressista non può e non deve partire dall’accettazione, nemmeno tattica, del presente. Non ci possono essere compromessi, costasse pure un decennio di traversata del deserto. L’idea di trovare scorciatoie populistiche per le stanze del potere (ma poi, per fare cosa?), è una pia illusione. È invece necessario e irrinunciabile ricostruire dal nulla spazi in cui la solidarietà umana, i legami costruiti dalla partecipazione ad un progetto emancipatorio ed il valore nobile della politica possano esistere e dare un volto al socialismo del nostro secolo. Tutto il resto è abbandonarsi al male.
E così mentre il premier non eletto annuncia da una portaerei militare il rilancio delle missioni militari all’estero a scopo umanitario, con la costruzione di ponti umanitari addirittura dal Niger, si scatenano gli alti lai di chi lamenta l’affossamento dello ius soli come gesto di inciviltà. La costruzione di mercati sulle migrazioni globali invece resta un gesto di umanitarismo da preservare e rafforzare, secondo molti.
In realtà, ad aver determinato l’affossamento dello ius soli è un puro calcolo utilitaristico da parte di chi ha incrementato l’integrazione forzata in questi anni. Infatti, una legge che allarga la platea dei nuovi cittadini, favorendo l’integrazione, concedendo la cittadinanza ai nuovi nati sul suolo italiano, andava a destrutturare tutta l’architettura che fino ad oggi ha portato a costruire profitti sulle vite di chi è in fuga dal proprio paese e cerca un rifugio altrove.
Insomma a determinare l’impossibilità degli stranieri nati in Italia di acquisire la cittadinanza alla nascita è un calcolo rivolto a preservare gli interessi di chi ha speculato sull’integrazione forzata. Il vero paradosso è che una forza come il PD considerata pro-immigrati dall’opinione pubblica abbia preferito mantenere norme sulla cittadinanza basate sullo ius sanguinis, pur di preservare e garantire rendite determinate dall’afflusso di chi cerca di accedere ad uno status tanto agognato. La difficoltà di accesso alla cittadinanza resta quindi un criterio da preservare per non erodere le quote di interessi costruite in questi anni, nonostante i bei discorsi dei liberali sull’eguaglianza di diritto per tutti alla nascita.
Antonio Socci sostiene che Papa Francesco è ossessionato dai migranti. Tralasciando i dibattiti surreali all’interno del mondo cattolico, non si può ignorare come l’odio per chi si occupa dei “diversi” abbia un radicamento, almeno apparentemente, più forte che in passato.
Si tende a confondere i piani da ormai un decennio a questa parte. Quello umanitario, spazzato via nel senso comune dall’eccesso di “politicamente corretto” in tempi di crisi economica, riesce a essere con fatica recuperato in chiave ironica e dissacrante, a esempio, dallo spot dei The Jackal per ActionAid (vedi qui), ma si ferma alla comunicazione dei buoni sentimenti per il volontariato. Esiste poi il livello politico, che dovrebbe fondarsi su lettura della società e dei processi produttivi/economici. Da tempo però l’analisi della sinistra di classe (ma anche di quella di governo) si è abbandonato alle parole da vuote trasmissioni televisive in prima serata.
Lo Ius Soli era diventato merce di scambio tra Renzi e Pisapia, poi magari avrebbe convinto la Boldrini a non candidarsi con Grasso. Adesso ci si concentra di nuovo sul Movimento 5 Stelle, che avrebbe fatto mancare i numeri per l’approvazione di una legge, accusata dai suoi detrattori di giungere in momento meramente elettorale.
Ci sono due battaglie da condurre: una culturale, che riguarda il disarmo della guerra tra poveri fomentata dal sistema di informazione (dove il pietismo non fa che aizzare chi vive in difficoltà contro il proprio vicino, perché i buoni sentimenti e l’educazione sono ormai associati all’idea di lusso), l’altra politica, che sia capace di riaffrontare i problemi reali del sistema economico e sociale.
Lo Ius Soli rischia di essere un tema da “chiacchiere e distintivo” per l’imminente campagna elettorale, sulla pelle di esseri umani. Magari riflettere anche sul diritto di voto di chi paga le passe in questo Paese potrebbe innervosire, ma sarebbe funzionale a una corretta discussione.
L’ora sembra dunque scaduta per lo ius soli in questa XVII legislatura, a meno di un colpo di scena che prorogando a metà gennaio lo scioglimento delle Camere consenta un’approvazione lampo – del tutto improbabile visto il costo politico che comporterebbe elettoralmente per il centrosinistra e vista anche la volontà di Mattarella di andare alle elezioni con Gentiloni non sfiduciato.
Questa legislatura è stata in realtà ricca di buoni esiti nel campo dei diritti civili: divorzio breve, introduzione del reato di tortura, “dopo di noi”, unioni civili, testamento biologico. Il fatto che lo ius soli sia rimasto vittima illustre di un fuoco di fila, mentre sugli altri temi non vi sia stata una opposizione sostanziale se non da parte di frange integraliste, è indice dell’importanza che le pulsioni egoiste hanno nella società italiana: da un lato si vogliono estendere i confini della libertà per chi ne gode, dall’altro si vuole recintare la platea di questi soggetti. Non sono mancati ovviamente i falsi di propaganda come ad esempio la “cittadinanza automatica” evocata immediatamente da Giorgia Meloni a mezzo Facebook.
Un altro dato su cui riflettere è il crescente declino della presa ideologica della Chiesa cattolica: la quale, pur essendo lontani i tempi delle crociate del cardinale Ruini, ha promosso con forza l’approvazione dello ius soli mentre non ha certo appoggiato le unioni civili o il biotestamento. Non sono certo casuali le parole rese dal papa nell’omelia della notte di Natale, in cui ha indicato Gesù come «Colui che viene a dare a tutti noi il documento di cittadinanza»: un riferimento non soltanto alla situazione italiana ma anche alla politica xenofoba dei Paesi cattolici dell’Est Europa, ai quali ha rinfacciato anche lo «spalancate le porte a Cristo!» con cui nella Messa di insediamento al soglio Giovanni Paolo II chiamava all’attacco al blocco comunista.
Infine merita attenzione l’opinione popolare sul tema. In primo luogo è da evidenziare che, ferme restando le convinzioni personali in materia di cittadinanza, sbalordisce il toccare con mano come molte persone siano realmente convinte della propaganda fascista secondo cui con lo ius soli si dà la cittadinanza a chiunque metta piede sul territorio italiano. Chi ha una conoscenza minima, che solitamente ci veniva insegnata a geografia in prima media, sa che anche la forma più radicale di ius soli riguarda semmai i nuovi nati e non gli immigranti. In secondo luogo, lo ius soli è impopolare anche presso gli elettori di sinistra: è sufficiente frequentare i luoghi di ritrovo e gli esercizi di una qualsiasi periferia “rossa” per averne la prova. L’avvertimento di Alfano (considerare i costi politici dell’approvare o non approvare la riforma) è, più che ignavia, una lezione di realismo pur se cinico.
Il crollo della socialdemocrazia in quasi tutti i Paesi occidentali ha portato all’emergere di una serie di partiti di centrosinistra quasi tutti caratterizzati da una politica economica e sociale del tutto in sintonia con le logiche neoliberiste: si vuole gestire e rafforzare l’economia di mercato piuttosto che contrastarne le distorsioni. L’unica differenza con la destra è spesso costituita da una maggiore attenzione ai diritti civili, secondo la strada indicata e intrapresa da Blair.
Il PD si è dimostrato per lo più in sintonia con questo modello e in effetti Renzi e Gentiloni verranno ricordati per l’approvazione di riforme inequivocabilmente neoliberiste come il Jobs Act e La Buona Scuola e per alcune conquiste di civiltà importanti come le unioni civili e il reato di tortura. In questo contesto il fallimento nell’approvazione dello Ius Soli resta una macchia indelebile di questa legislatura che ha messo tutta la sua forza riformista e ha puntato tutto ciò che resta della sua identità di sinistra su questi aspetti politico-sociali. La defezione anche di parlamentari del Pd e le discussioni surreali nella “società civile” (ormai ridotta a talk show patinati e teatrali e a sfoghi social), dimostra, al di là di tutto, che, anche in quella che dovrebbe essere la sinistra, c’è una diffusa attrazione nei confronti della retorica sempre più aggressiva dei vari Salvini e Meloni. La disorganizzazione patologica della sinistra di classe rafforza l’amara convinzione che di Ius Soli non ne sentiremo parlare più per molti anni e che ci attendono tempi molto bui.
Immagine liberamente tratta da www.fanpage.it
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