Un esperimento unico che coniuga un disco live e un film Netflix che rilegge la vita del Boss
“Non sono un working class hero, non ho mai visitato l’interno di una fabbrica come quelle su cui ho scritto molte canzoni. Non ho alcuna esperienza personale di lavoro. Ho inventato tutto – capite quanto sono bravo?” (Bruce Springsteen)
Due anni fa vi avevo raccontato quello splendido esperimento che coniugava l’autobiografia Born to run con il disco Chapter and verse (lo trovate qui). Forte di un’operazione che ha avuto grande successo (non solo commerciale), Bruce Springsteen ci riprova e dimostra, ancora una volta, il suo immenso talento di storyteller che lo rende perfetto per abbinare la sua musica al cinema. Springsteen on Broadway è un invito a ricordare che “il futuro non è scritto e che, con tenacia, immaginazione e talento, possiamo diventare le persone che sogniamo di essere”. Lo scorso 14 dicembre è arrivato sugli scaffali dei negozi il cd con la registrazione audio dello spettacolo. Due giorni dopo Netflix ha rilasciato uno splendido speciale sulle performance acustiche dal Walter Kerr Theatre di New York (sì, quello del film Birdman di Alejandro Gonzalez Inarritu), situato nella più antica strada di Manhattan.
Prima di tutto Springsteen On Broadway è una serata a teatro basata sull’autobiografia Born To Run scritta dallo stesso Bruce e vede protagonisti solo lui, la sua chitarra, il suo pianoforte e le sue storie. D’accordo, anch’io lo preferisco sui palchi con la E-Street Band per 3-4 ore di fila a martellare rock, ma bisogna considerare che ha 69 anni. Tuttavia questa versione solista in acustico è tanta roba perché coniuga la mia passione per la musica con quella per il cinema (o teatro filmato, se preferite). Questo disco è un insieme di racconti che compaiono come introduzione a ogni traccia, registrata in maniera unica.
Iniziato il 3 ottobre 2017 con una serie di anteprime, Springsteen on Broadway ha debuttato ufficialmente il 12 ottobre 2017 e ha registrato il sold-out in ogni data. Doveva durare otto settimane, in realtà è stato prolungato addirittura fino al 15 dicembre 2018! Una roba incredibile di questi tempi. Un successo enorme sia di pubblico che di critica che ha apprezzato questa versione così intima, appassionata e personale di Springsteen.
Il Boss sale sul palco con jeans e t-shirt nera come sempre accade ultimamente. Di tanto in tanto fa capolino anche la moglie, la corista della E-Street Band, Patti Scialfa. Più che musica questo è un esperimento riuscitissimo di teatro filmato con esibizioni acustiche live che sottolineano i vari momenti della vita (stra)ordinaria di Bruce. Ci sono momenti altissimi, di purezza e di libertà assoluta. Sono una quindicina i brani che scandiscono le varie tappe del racconto di Bruce Springsteen.
“Sono mister Born to Run, ma abito a dieci minuti dalla città dove sono nato“ – dirà all’inizio del viaggio. Che parte da Growing up, all’amore per la musica e per Elvis Presley, passando per la città di Freehold (New Jersey, est degli Stati Uniti), “my hometown”. Una canzone splendida che è la canzone di chiusura di Born in the USA. La meno urlata, ma anche una delle più belle narrativamente parlando. Tant’è che perfino Michael Moore l’aveva usata per il suo primo documentario Roger & Me perché parlava dei rapporti tra la General Motors e la sua città natale (Flint, nel Michigan).
Tutto lo spettacolo di Springsteen ha una circolarità degna delle migliori sceneggiature cinematografiche: si inizia e si conclude con le radici. Infatti non mancano i riferimenti al rapporto con il padre (My Father’s House). Un uomo di origini irlandesi, affetto da una grave depressione, che apprezzerà veramente solo quando Bruce diventerà padre per la prima volta. “È stato il mio eroe, ma anche il mio più grande nemico“ – lo ha definito.
E poi c’è The wish, dedicata alla madre Adele (di chiare origini italiane, più precisamente di Vico Equense vicino a Napoli). Una segretaria precisa e tosta, ottimista e orgogliosa delle sue origini. Bruce la descrive rassicurante nel suo sorriso pieno d’amore. È stata lei ad incoraggiare il figlio a intraprendere la sua carriera musicale. A lei piaceva cantare, ballare per sfuggire dai problemi quotidiani. Tutti noi fan siamo fieri di lei. Oggi ha 93 anni, balla con il figlio ai concerti, nonostante abbia l’Alzheimer da ben 7 anni. Insomma un ciclone in piena, i geni sembrano provenire soprattutto dalla parte italiana.
Poi il giovane Boss inizia a crescere. La sua voglia di fuga, materia delle sue canzoni più famose, inizia a manifestarsi per scappare da una provincia che ti stritola e che ti strappa la pelle dalle ossa (come dirà in Born to run). Ed ecco il classico Thunder Road e la ricerca della Promised Land, trascinate dalla sua armonica. Bruce racconta che a 22 anni non sapeva nemmeno guidare e poco dopo scrisse la memorabile Racing in the street.
Il pubblico poi va in estasi. Sta per arrivare il piatto forte dello show: quella Born in the USA che conoscono in ogni angolo del globo. Bruce racconta l’incontro con un reduce del Vietnam, Ron Kovic (autore di Nato il 4 luglio da cui è tratto il film con Tom Cruise). Poi c’è una chitarra dal suono molto blues che anticipa il grido di dolore contro una guerra inutile che ha portato al macello tanti ignari giovani. Tant’è che alcuni giornalisti (come raccontato nei film Tutti gli uomini del presidente e The post) denunciarono negli anni ’70 che il conflitto era già perso in partenza.
Il racconto poi torna all’incontro con la E-Street Band con Tenth Avenue Freeze-Out. In particolar modo riemerge il fantasma del sassofonista Clarence Clemons, detto Big Man. La storia della loro amicizia, raccontata in modo epico e mitizzata dai biografi e dai fan, qui è piuttosto toccante: un legame forte, un atto di amore indissolubile.
L’altro incontro che gli ha cambiato la vita è quello con una donna rossa, molto tosta: la corista e moglie Patti Scialfa che arriva sul palco. Parte la magistrale Tougher than the rest. Con lei ha tenuto a bada la depressione, ha vissuto una vita piena di significato. Una canzone che è un atto d’amore incredibile. Poco dopo arriva un pezzo che io sento particolarmente. Si chiama Brilliant Disguise, del 1987. Bruce stava per divorziare con la prima moglie. È una canzone che parla delle difficoltà del far crescere una relazione di coppia rimanendo se stessi. L’incontro con Patti fu decisivo in una fase molto difficile per il Boss che si può notare dai testi dell’album Tunnel of love.
Dopo l’amore vero, arriva il matrimonio (1991) e quindi i figli. Ma tornano anche i fantasmi. L’arrivo del primogenito permette a Bruce di riconciliarsi con il padre. Long time comin’ è il racconto del suo genitore che lo esorta a far sì che i propri figli non facciano i suoi errori. Anche Bruce spera che ciò non succeda. Quando si parla di fantasmi non si può che parlare di The ghost of Tom Joad, pezzo ispirato dal meraviglioso romanzo Furore di John Steinbeck. Si parla di una nazione, dell’impatto amaro con la terra promessa, la ricerca di un lavoro (mal pagato) che diventerà sfruttamento. Insomma una lotta eterna contro l’ingiustizia. La performance arriva a toccare tante sfumature che caratterizzano l’esistenza umana, ma lo fa con due elementi fondamentali: naturalezza e onestà.
Quando si parla di storia americana, non si può dimenticare l’11 settembre 2001. The rising è un disco unico sul tema. Il Boss torna a scuotere le coscienze, per rafforzare le anime e per dargli speranza in un futuro migliore. Questo pezzo è una ballata unica nel suo genere. Come la canzone successiva: una versione acustica trascinante e rockeggiante di Dancing in the dark. Sono già passate oltre due ore e lo spettatore sembra non accorgersene. Mancano gli ultimi due pezzi.
Il Boss torna nella sua città, nelle strade di Freehold. Niente è cambiato. Tutto è rimasto uguale. “Strade tranquille, la Chiesa d’angolo… Niente matrimoni o funerali. Proseguii lentamente fino al mio isolato e mi accorsi che il mio grande albero che amavo e con cui avevo vissuto da piccolo non c’era più. Raso al suolo, era ancora visibile un piccolo riquadro di terra che conteneva grovigli di radici, ma non altro. Come e perché leghiamo i nostri cuori a cose del genere non lo so,ma so che il mio cuore sprofondò, come colpito da una grande perdita e disperazione.”
Parte Land of hope and dreams, una sorta di canto gioioso su un passato che riaffiora nel presente e che fa venire il groppo in gola.
Lo spettacolo è finito, il Boss saluta tutto il pubblico per l’attenzione. Prima di congedarsi, con gli occhi lucidi e arrossati dall’emozione, ecco arrivare Born To Run ed ecco che i ricordi riaffiorano. Succede a me, figuriamoci a lui. Quando ascolto questa canzone capisco subito che l’amore di Bruce per la musica è reale. L’onestà con chi lo fa trasparire cementa questo rapporto con i suoi tanti fan. Springsteen si congeda tra gli applausi del pubblico dopo due ore e mezzo di spettacolo.
Ne approfitto per farvi gli auguri di buon anno. Una cosa è certa: anche in questo 2019 il rock sarà la colonna sonora della nostra vita. In fondo tramps like us, baby we’re born to run.
Il disco:
Springsteen on broadway
Bruce Springsteen
Uscita: 14 dicembre 2018
Ascoltalo qui
La traduzione in italiano per le parti parlate del disco (grazie a pink cadillac)
Tracklist:
Growin’ up
My hometown
My father’s house
The wish
Thunder Road
The promised land
Born in the U.S.A.
Tenth Avenue freeze-out
Tougher than the rest
Brilliant disguise
Long time comin’
The ghost of Tom Joad
The rising
Dancing in the dark
Land of hope and dreams
Born to run
Il film:
Regia di Thom Zimny
Con Bruce Springsteen e Patti Scialfa
Trailer
Uscita:16 dicembre 2018 su netflix
Voto ****
Fonti: rockol, pinkcadillacmusic.wordpress.com, cinematographe.com, badtaste.it, movieplayer.it
Immagine © Netflix ripresa liberamente da rollingstone.it
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.