L’ennesima scissione nel mondo del centrosinistra stavolta non ha sorpreso davvero nessuno. Sulle radici storiche della separazione di Matteo Renzi dal Partito Democratico esiste un’ottima ricostruzione qui su Il Becco, e quindi si può forse passare oltre, per passare direttamente a qualche osservazione.
Italia Viva, questo il nome un po’ anni ’90 del nuovo partito, vuole essere un soggetto sì liberaldemocratico-centrista, ma anche poco connotato in senso ideologico, andando a pescare in quello che si immagina il campo “moderato” dell’elettorato italiano interessato più alla “sostanza” che alle “bandierine”. Una visione politica che ha animato in passato tanto il centrodestra quanto, meno direttamente, il Movimento Cinque Stelle, con i “moderati” sostituiti eventualmente dall’“Italia che produce”, dalle “famiglie” o dal “popolo”. Un’area che ha nel presente e nel recente passato dimostrato di tollerare bene anche una buona dose di populismo e una politica francamente poco “moderata”, se questa significa anche decisionismo e disintermediazione. Anziana, nonostante il giovanilismo un po’ grottesco che imposta ad oggi la comunicazione di IV, vale a dire con solidi interessi economici e posizioni sociali stabilite.
Questo il primo nodo, a mio parere, per il partito di Renzi e compagnia: quel campo, più che la tanto evocata prateria, sembra un orticello, perdipiù già coltivato da soggetti che tra l’altro godono del vantaggio tattico dell’incumbency – in parole povere della preesistenza. Al di là di questo bacino ci sarebbe la piccola percentuale che vota Più Europa, che potrebbe essere attratta dal nuovo soggetto renziano sull’onda dell’entusiasmo ultraliberale o proprio per la sua impostazione molto ideologizzata respinta da un soggetto che sottotraccia ha radici nel cattolicesimo politico, o una fetta di astensione e di voto volatile e confuso, ma entrambi sono più difficilmente alla portata di IV.
Un pezzetto dell’orto “moderato”, si è detto, è del M5S, si può pensare che un’altra fetta tocchi più o meno obtorto collo ancora al PD, e con questa si completa il sottoinsieme “filo-governativo”. C’è poi l’area attualmente di opposizione, vale a dire di centrodestra, tanto con Forza Italia e alleati minori quanto – addirittura – con la Lega filo-Nord e filo-imprese. Se il voto di centro a quest’ultima e all’M5S pare difficile da intaccare, resta logicamente a Italia Viva solo la possibilità di conquistare l’elettorato berlusconiano, che avrebbe tra l’altro il vantaggio di essere già abituato alle dinamiche di un partito personale.
D’altronde FI attraversa da tempo un periodo di grave crisi, cannibalizzata da una Lega che da tempo emula il modello lepeniano di assorbimento a destra, all’ombra della prospettiva escatologica di una possibile uscita di scena politica del fondatore. E forse non è pensare eccessivamente male pensare che proprio su quest’ultima stia puntando in un’ottica di medio periodo Renzi: attirare e legare al proprio progetto politico l’elettorato berlusconiano, rimasto orfano a causa del futuribile ritirarsi dell’anziano “leader” dalle scene politiche, costringendo – grazie al peso di media forza così conquistato – il Partito Democratico ad una costante alleanza al centro, vale a dire su obiettivi, nomi e temi centristi, specie a livello locale. Un quadro che ricorda, in modo quasi distrurbante, le vecchie alleanze botaniche “Quercia”/Democratici di Sinistra e Margherita/Democrazia è Libertà, all’ombra dell’Ulivo; con la sinistra-sinistra a fare, a seconda dei casi, la semi-utile forza terza d’opposizione o la semi-inutile alleata di minoranza. Oppure, meno probabilmente, IV potrebbe aspirare a fare da perno a risorte coalizioni “nazarene” tra ciò che resta di FI da un lato e PD dall’altro.
IV potrebbe trovare una sua collocazione e continuare a esistere nel lungo periodo, quindi. Ma se davvero, come mi sembra, l’idea strategica fosse quella tratteggiata sopra, i rischi per IV sarebbero numerosi e pesanti, e altrettanto probabile sarebbe una sua ingloriosa scomparsa politica.
Prima di tutto Berlusconi potrebbe benissimo non uscire di scena e FI non sfaldarsi, oppure il centrodestra, a livello di elettorato, potrebbe ricompattarsi definitivamente attorno alla Lega, oppure ancora gli ex berlusconiani potrebbero finire piuttosto nel calderone del M5S che con l’ex PD Renzi. L’assetto PD-M5S-Sinistra potrebbe stabilizzarsi ed escludere IV. Oppure, infine, potrebbe semplicemente non esistere la domanda politica, la già citata prateria potrebbe rivelarsi un orto davvero troppo piccolo per nutrire un altro soggetto e IV potrebbe semplicemente replicare la parabola tragicomica di Change UK o, restando in Italia, dei vari, dimenticabili e dimenticati, esperimenti centristi di Seconda repubblica. D’altronde i fantomatici “moderati” da un po’ nelle opinioni sembrano più dei radicali arrabbiati ma poco ideologici e variamente confusi che placidi esemplari da middle of the road.
Meglio sembra andare al PD, nonostante la scissione abbia comportato un lieve calo nei sondaggi ed un certo appannarsi d’immagine. Certo, IV con la sua stessa esistenza dà alla lunga una ragione in meno alla destra interna ai democratici per rimanere nel partito (e alla sinistra del centrosinistra per rimanere fuori), ma la fuoriuscita di Renzi e di buona parte dei renziani fa, nel qui e ora, chiarezza nel dibattito interno ed elimina un elemento di polemica costante; oltre ad alleggerire il PD di un personaggio largamente impopolare, ma anche in buona parte del peso della storia politica dei governi post-Letta. Se il futuro della “creatura” PD sembra essere tutto meno che assicurato, la sua esistenza di componenda politica senza sintesi sembra un po’ meno innaturale del solito.
Certo, oltre alla politica politicata ci sarebbero temi gravi e reali tanto sociali quanto economici, che rimangono sullo sfondo. Ma questo è più colpa dell’inesistenza di una opzione di centrosinistra minimamente di massa e minimamente capace di darsi obiettivi di trasformazione conseguenti, che delle vicende di questo o di quel partito.
Nato a Bozen/Bolzano, vivo fuori Provincia Autonoma da un decennio, ultimamente a Torino. Laureato in Storia all’Università di Pisa, attualmente studio Antropologia Culturale ed Etnologia all’Università degli Studi di Torino. Mi interesso di epistemologia delle scienze sociali, filosofia politica e del diritto, antropologia culturale e storia contemporanea. Nel tempo libero coltivo la mia passione per l’animazione, i fumetti ed il vino.