Il produttore Lorenzo Di Bonaventura ha dichiarato: “i film di Steven Soderbergh contengono sempre delle critiche sociali. E questa storia si basa sulla nozione che non sappiamo fino in fondo che effetti possono avere questi tipi di farmaci, e ciononostante la società è arrivata al punto che non può più farne a meno. Lasciamo decidere allo spettatore se questo è un bene o un male.”
Effetti collaterali mi sembra un film attualissimo visti i tempi che stiamo vivendo. A maggior ragione dopo il recente blocco alle somministrazioni dei vaccini Astra Zeneca.
Steven Soderbergh è sempre stato uno sperimentatore intelligente e preparato, un regista eclettico capace di passare con disinvoltura tra film indipendenti di qualità (i due su Che Guevara, Panama Papers, Unsane) e blockbuster furbi con regia “da fighetti” (la trilogia di Ocean, Erin Brokovich).
I suoi film (sarà lui il regista che riprenderà la cerimonia degli Oscar 2021), scritti in collaborazione con Steve Z.Burns (The Bourne Ultimatum), chiedono allo spettatore di partecipare, di farsi domande. La collaborazione partì nel 2009 con The Informant, per poi proseguire con Contagion (che profetizzava la pandemia già nel 2011 con l’anteprima mondiale al Festival di Venezia) e poi con il recente Panama Papers.
Di questa partita fa parte anche “Effetti Collaterali” che doveva essere l’ultimo film di Soderbergh (annunciò che voleva lasciare il cinema per la pittura). Fortunatamente non ha mantenuto la promessa.
Queste storie hanno tutte un’importante base scientifica e non sono affatto campate in aria. Apparentemente l’obbiettivo è la denuncia di un eccesso di farmaci anti depressivi favorito spesso illegalmente da psichiatri disonesti in combutta con grandi case farmaceutiche.
Stavolta Soderbergh ha detto di essersi ispirato ad “Attrazione fatale”, cult del 1987 con Michael Douglas e Glenn Close. Doveva dirigerlo Brian DePalma (che rinunciò per realizzare Gli Intoccabili) e il progetto fu poi diretto da Adrian Lyne. In effetti la somiglianza c’è, ma l’obbiettivo di Soderbergh è un altro: denunciare la nostra dipendenza dai farmaci che dovrebbero farci stare meglio. Si dà per scontato l’effetto benefico. Almeno in teoria perché spesso non consideriamo gli effetti collaterali. Soprattutto delle nostre azioni.
Come riporta Sky Tg24, “oltre un decennio fa lo sceneggiatore Scott Z. Burns passò qualche settimana presso il prestigioso reparto psichiatrico dell’ospedale Bellevue di New York per condurre alcune ricerche. Burns ebbe modo di parlare con alcuni psichiatri del reparto, seguendoli nel loro lavoro quotidiano con pazienti afflitti da gravi disagi mentali. Quell’esperienza ha piantato un seme nell’immaginazione dello sceneggiatore”. Perfino gli attori Jude Law e Catherine Zeta Jones, per entrare nei loro personaggi, hanno dichiarato di essersi documentati attraverso trattati di psicofarmacologia e hanno frequentato psichiatri e pazienti.
Il film è costruito su due parti ben distinte. Nella prima si accende il dibattito che da tempo divide gli scienziati. C’è chi combatte l’uso e abuso di antidepressivi denunciandone le gravi ripercussioni (confusione, ansia, dipendenza) sulla salute, mentre altri sembrano convinti che i vantaggi siano superiori ai disagi. Tra le società farmaceutiche che vengono citate c’è anche la Pfizer. Un’azienda che oggi è tornata in auge con la produzione del famigerato vaccino anti-covid.
Veniamo alla trama.
Martin Taylor (Channing Tatum) finisce in prigione. È stato condannato per insider trading: ovvero la compravendita di titoli (attraverso azioni, obbligazioni e molto spesso derivati) da parte di soggetti che, per la loro posizione, sono venuti in possesso di informazioni riservate non di pubblico dominio. Conseguentemente la giovane moglie Emily (Rooney Mara) però finisce in depressione in maniera seria. Minaccia anche il suicidio più volte. Si affida alle cure di uno psichiatra, il dottor Banks (Jude Law). Prova più farmaci, fino a che non le viene prescritto l’Ablixa. Una nuova medicina appena immessa sul mercato. Il pretesto, il macguffin hitchcockiano è servito. È il motivo apparente, la scusa, il tirante che ci trascina lungo il film. La situazione sembra migliorare, ma non dura. Presto nuovi effetti collaterali spuntano fuori.
Emily una notte uccide il marito in preda al sonnambulismo. Nel “bugiardino” di Ablixa è uno degli effetti più pericolosi del farmaco. La donna viene messa in carcere, ma è incosciente delle sue azioni. Tutte le tracce sono sue, in casa c’erano solo lei e il marito. Il vespaio sta per nascere: vengono sollevati diversi problemi etici, oltre che giudiziari. I media mettono l’azienda farmaceutica sotto torchio e Banks subisce importanti conseguenze nella sua attività professionale. Il personaggio di Jude Law è strettamente collegato con quello del film precedente “Contagion”. Banks è tutt’altro che un santo: ma proprio la sua mancanza di scrupoli lo rende un perfetto capro espiatorio per un piano più grande di lui.E’ esposto in prima persona e nessuno lo vuole. Ha i sensi di colpa, ma non è convinto della buona fede di Emily Taylor. Inizia ad indagare e trova diversi indizi. Decide allora di parlare con la dottoressa Victoria Silbert (Catherine Zeta Jones), terapista che ha avuto in cura Emily un po’ di tempo fa. La stessa che gli ha consigliato di prescriverle Ablixa.
Da qui in poi inizia la seconda parte che invece scava su altro. Il film è più “costruito” e artificioso e diventa un thriller tradizionale sulla scia di “Attrazione fatale”. Purtroppo il finale è un po’ affrettato cozzando con il resto della storia che, invece, è scritto molto bene.
La regia è ottima, la fotografia è glaciale (sulla scia dei lavori precedenti di Soderbergh), la messa in scena è asciutta, asettica e geometrica. Sulla recitazione bisogna dire che Catherine Zeta Jones e Channing Tatum hanno ruoli non particolarmente approfonditi, mentre sono straordinari Jude Law e Rooney Mara. Il primo fa una delle interpretazioni probabilmente più riuscite e sfaccettate della carriera, lei invece riesce è apparentemente fredda, ma è iper espressiva (notare la macchina da presa che indugia continuamente sugli occhi dell’attrice), indecifrabile ed esaltata in tutta la sua bellezza. Probabilmente a Hitchcock sarebbe piaciuta come aspirante Kim Novak. Eppure inizialmente era stata scritturata per il ruolo Lindsay Lohan. I problemi giudiziari della cantante-attrice-modella costrinsero la produzione a rivedere la loro scelta optando per Rooney Mara, la quale, a sua volta, fu costretta a lasciare la parte (che poi andò a Jessica Chastain) in “Zero Dark Thirty” per girare il film con Soderbergh.
Tuttavia il vero pretesto del film riguarda i 4 personaggi principali: compiono delle azioni senza considerare le conseguenze. Tutti sono arrivisti, ma in modo diverso. Martin ha peccato di “insider trading” per accrescere la sua posizione sociale, il dottor Banks prende più incarichi per la scalata sociale, Victoria ed Emily sono personaggi ambigui e perversi al punto giusto (non posso dirvi di più perché altrimenti vi rovino il finale). Il titolo “Effetti collaterali” è volutamente ambiguo e gioca sui due livelli: nell’ambito farmacologico, ma anche sul piano morale. Esistono distinzioni tra vittime e colpevoli?
Il vero virus risiede in noi, nei nostri comportamenti, nelle nostre scelte. Le azioni passate anticipano quelle future. Se oggi siamo nelle condizioni che siamo, dipende tantissimo da noi. Che ci piaccia o meno, purtroppo, è così.
FONTI: BadTaste, Comingsoon, Cinematografo, Sky Tg24, Movieplayer, MyMovies, OndaCinema
Regia ***1/2 Interpretazioni **** Fotografia **** Sceneggiatura ***1/2
EFFETTI COLLATERALI ***1/2
(USA 2013)
Genere: Thriller, Drammatico
Regia: Steven Soderbergh
Sceneggiatura: Steve Z. Burns
Cast: Jude Law, Rooney Mara, Channing Tatum, Catherine Zeta Jones, Vanessa Shaw
Durata: 1h e 46 minuti
Fotografia: Peter Andrews
Distribuzione: M2 Pictures
Budget: 30 milioni di dollari
Trailer Italiano qui
Backstage del film con interviste qui
In concorso alla Berlinale 2013
La frase: Le femmine imparano a fingere tante cose molto presto, probabilmente nello stesso periodo in cui i maschi imparano a mentire!
Immagine da npr.org
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.