Questo dibattito, a sinistra, che si intreccia su Facebook e altri canali mi angoscia. Si sente la rabbia che sale, esattamente come cresce la rabbia nella popolazione, per il senso di impotenza, per il terrore di un futuro sempre più incerto e, temuto, catastrofico.
A maggior ragione mi angoscia che a sinistra non si sappia nemmeno impostare, minimamente, una discussione produttiva. Se non si fosse desertificato il pensiero critico, sarebbe ovvio far risalire ai dati strutturali della “crisi” (forse bisognerebbe cominciare a usare le “ “ per questo termine perché, mi pare, nemmeno siamo d’accordo sul suo significato) e si leggerebbe la realtà in modo comprensibile, fornendo all’umanità gli strumenti per capire razionalmente il presente e abbozzare il futuro. In realtà ci stiamo avvitando in confronti e scontri che producono confusione e lavorano contro di noi.
Purtroppo, essendo noi stessi parte del problema, dobbiamo adattarci a discutere partendo da queste premesse, cercando di farci il minor male possibile.
Cominciamo.
Migranti. Qualcuno è in grado di trovare qualche precedente in cui a sinistra si sia teorizzato e praticato un atteggiamento teso a negare l’ingresso di migranti nel proprio paese? Attenzione per sinistra intendo una cosa precisa, quella che prende le mosse da una impostazione (almeno impostazione) marxista. Infatti nessuno lo sostiene, tuttavia, si dice che vanno a ingrossare “l’esercito industriale di riserva”, e questo non è positivo, serve all’avversario di classe per abbassare il costo del “lavoro vivo”.
Ora, a parte che Marx criticava l’atteggiamento degli operai inglesi che se la prendevano con gli irlandesi e invitava all’unità di classe contro il Capitale nazionale, ma la situazione non ha più niente a che vedere con quella di allora, c’è oltre un secolo e mezzo tra le due situazioni e il lavoro salariato è molto più caro anche perché, insieme allo sviluppo e consolidamento del Capitale, c’era bisogno, con il consumo, di chiudere il ciclo di valorizzazione del Capitale investito nella produzione. Infatti il Capitale si sta arrovellando su come fare a garantire consumi a moltitudini ampie, pur riducendo il numero degli addetti nella base produttiva. Cosa pensiamo sia il reddito di cittadinanza o di inserimento? Intendo nel mondo sviluppato; è noto che negli USA, ambienti conservatori e liberisti ipotizzano il salario alle casalinghe. Non pensiamo sia una novità. Nel tempo il Capitale ha investito nelle attività improduttive (pensiamo alla pubblicità e agli apparati di sostegno del proprio dominio, tutti costi improduttivi ma necessari), perché non sostenere la spesa diffusa? Oltre il credito al consumo già usato e passato per la crisi.
Insomma il Capitale, obbligatoriamente tende al minimo per pagare il “lavoro salariato”, ma non disdegna di “sprecare” in infiniti rivoli i propri soldi pur di mantenere il proprio anacronistico dominio. In questo rientrano Soros e le fantasiose ipotesi di piani di sostituzione etnica dei popoli europei (non a caso fatte dalla destra più estrema)? A me ricorda il complotto finanziario internazionale giudaico contro la Germania, che infatti non esisteva, come non esiste quello paventato attualmente. Non so se Soros si muove per motivi morali o politici suoi, so che il Capitale è un entità impersonale e per i complotti bisogna cercare in altri luoghi: gli stati, i servizi, le organizzazioni internazionali…
Comunque il tema dei migranti e il rapporto con loro della sinistra fanno il gioco di Salvini. Su questo c’è poco da fare: è così ma, attenzione, come fatto indotto indiretto, non come fatto diretto. Il motivo dell’incazzatura del popolo sta nel fatto che la sinistra non ha risolto i problemi che aveva (lavoro, casa, pensione, la scuola per i figli, etcetera, che poi sono gli stessi che invece, negli anni ’50-’60-’70, hanno costituito l’identificazione tra popolo e sinistra) e quindi chiunque si presenti, nei momenti di difficoltà, a condividere con te gli stessi spazi e tempi di crisi, diventa tuo avversario e, chi ti è stato più vicino, risultando inefficace, l’oggetto della tua recriminazione. È dentro questa ricostruzione che, mancando una prospettiva, chiunque si presenti con risposte rapide e semplici ma, soprattutto, impostate alla conservazione della situazione in essere, ottiene consensi (le persone non vogliano avventure, cercano la riproposizione rassicurante dello stato precedente). È stato così per il craxismo e, in misura, ovviamente crescente, per il berlusconismo, poi reinterpretato dal renzismo (la stessa staffetta Thatcher-Blair): gli operai avevano avuto troppo e bisognava rendere qualcosa. Poi il grillismo: erano i politici che avevano rubato troppo. E, ultimi, sono arrivati i salviniani, per i quali i problemi arrivano dai troppi migranti (e hanno notevoli successi, molto di più di chi continua a parlare dei politici ladri; l’argomento che gli operai prendevano troppo, anche nella versione dei pubblici dipendenti è ormai fuori gara e anzi comincia a funzionare al contrario, ma sempre contro di noi, poi vediamo come).
Se non si vuole fare il gioco di Salvini serve un altro approccio (non prendo in considerazione qui quelli che vorrebbero sfidare Salvini sul suo terreno, sarebbe come se nella Germania degli anni ’30 per sconfiggere Hitler, a sinistra si fosse rivendicato di far fuori gli ebrei, prima e meglio di lui). Mi pare innegabile che tutta una serie di iniziative di solidarietà e la gestione dell’informazione che ne consegue potrebbero essere gestite con più intelligenza ma, premessa l’obbligatorietà della solidarietà, sempre il contrasto a Salvini e alle sue politiche vanno fatte: come si fa a difendere la Costituzione e non ribellarsi alle sue azioni? Come si fa a denunciare il fascismo strisciante e pericoloso che si affaccia e non individuare in Salvini un elemento di promozione e sostegno?
Comunque il nodo sta effettivamente in altro ed è il sovranismo. Perchè le chiacchere intorno alla sovranità nazionale della politica economica, sono, secondo me, la vera benzina nel motore di Salvini.
Ora qui le prospettive da cui guardare la questione sono almeno due contrapposte: il punto di forza di Salvini e la nostra debolezza, che si intrecciano indissolubilmente.
Quante volte abbiamo sostenuto che l’integrazione europea avveniva sacrificando le posizioni dei lavoratori? Sempre a sinistra, anche per polemizzare con la DC, facevamo costantemente queste puntualizzazioni, insieme alla riaffremazione della volontà di cooperazione ma salvaguardando gli interessi nazionali. Le critiche erano puntuali e ben argomentate, ricordo anche un intervento alla Camera di Lucio Magri (stupendo). Il dramma, secondo me, era che riproponevamo lo schema di rilancio del welfare e non ci rendevamo conto (tutta la sinistra mondiale) che la crisi era proprio di quelle politiche che avevano garantito lo sviluppo dei “trenta gloriosi”. La crisi, sia pure endemica ma strutturale, andava avanti e i conti tra le varie borghesie nazionali sono stati fatti ben prima della formalizzazione dell’assetto istituzionale e finanziario dell’Europa, che ne sono stati la certificazione. Di conseguenza noi, la sinistra, non abbiamo, non potevamo (la borghesia italiana poteva… se non fosse stata, al solito, stracciona), portare a casa chissà che. Eravamo già stati sconfitti prima (qualcuno ricorda l’assemblea dell’EUR?), da li in poi è stata una lunga e defaticante resistenza, ma a calare. Risultato? Progressivamente, con il sostegno dei lavoratori via via decrescente, siamo stati percepiti come incapaci di mantenere le promesse che derivavano da quelle critiche e, anzi, si è prodotta l’erosione delle condizioni di vita popolari.
Naturalmente, dentro questa stagione c’è stata anche la fase delle fortune “riformiste” del centrosinistra e poi renziane (compresi gli 80 €, contro il sindacato), proiezione diretta dell’esperienza blairiana che agli inizi aveva abbagliato anche D’Alema.
Tutto questo, rovesciato e coniugato con l’ultima trovata del capro espiatorio nell’immigrato, ha fatto e FA (!) la fortuna di Salvini.
Vediamo l’insieme in un colpo d’occhio: le risorse sono scarse, tradotto mancano i soldi (per creare posti di lavoro, riparare il territorio, mantenere la sanità, le pensioni, la scuola, costruire case popolari ec.ec.), le condizioni per entrare in Europa erano inique, anche successivamente per l’Euro, le cose andavano meglio quando ce la vedevamo in casa nostra e, grazie ai comunisti e al sindacato, potevamo difenderci. Anzi, abbiamo migliorato enormemente le nostre condizioni di vita, perché non tornare in quel contesto? Salvini sostiene questo ed è più credibile della sinistra, benissimo, votiamo Salvini (certificato dalla ricerca fatta tra gli iscritti alla CGIL).
Cosa si contrappone a sinistra? Vediamo. Cominciamo dalla destra dello schieramento di sinistra.
I “riformisti” sostengono che si, è vero, bisogna reinvestire nella cura del territorio e nella giustizia sociale, nella ricerca e nella formazione, tutte cose dipendenti dall’intervento pubblico nell’economia, però lo si può fare solo se si tengono i conti in ordine, avendo un enorme debito pubblico bisogna rientrare, con più equità e flessibilità, ma bisogna rientrare.
Spostandosi più a sinistra si possono individuare due posizioni prevalenti. Una che sostiene che bisogna denunciare le banche che trattengono i soldi e non li danno per fare le cose di cui c’è bisogno e quindi bisogna combattere questa tendenza all’austerità che domina nell’Unione Euroea. Gli altri sostengono, paro paro, che dato che l’Europa è il problema è proprio uscendo dall’Europa (l’Euro sarebbe una conseguenza) e riconquistando la sovranità monetaria, che si può riprendere un cammino virtuoso che ha caratterizzato l’Italia fino a metà anni ’70, non è un caso che alcuni economisti provenienti da sinistra siano andati a supporto di Salvini. E l’argomento che non era il costo del lavoro troppo alto, sostenuto a sinistra (non sempre coerentemente), ma privo di analisi corretta (la crisi del welfare), paradossalmente si ritorce contro di noi.
A colpo d’occhio si può dire quindi, che proprio questi ultimi sono quelli che portano la maggior acqua al mulino di Salvini. In realtà la cosa, secondo me, non è leggibile con questa semplicità, in fondo, ragiono come un cittadino di sinistra qualunque, se quota 100 me la fa la Lega, che mi importa, l’importante è che mi mandino, finalmente, in pensione (al di la che le misure del Governo siano palliativi con i loro risvolti negativi, come lo furono gli 80 €).
No, il problema della sinistra non è quanto è sovrapponibile o meno la propria posizione a Salvini, il problema sta nella lettura della realtà fatta fin dagli anni ’70. Si è rifiutato di prendere in considerazione che di crisi del welfare si trattasse, ci siamo dati mille spiegazioni del perché le cose andassero male: padroni cattivi, democristiani ladri, estremismi interni e, al contrario, dirigenti traditori, fino a vedere alcuni che per queste ragioni hanno addirittura preso le armi facendo danni inenarrabili. Ma il dogma che la spesa statale è comunque e indiscutibilmente utile e virtuosa e senza limiti, non si discuteva, bastava riproporlo e sostenerlo e le cose sarebbero andate a posto.
Invece il nodo era proprio lì, Marx l’aveva spiegato. Certo il percorso interpretativo è tutt’altro che semplice, ma i nodi dovevano venire al pettine proprio in quel modo. Ancora più piana l’aveva buttata giù Keynes più recentemente. La nostra generazione (suoi nipoti) avrebbe risolto il problema economico: ci avvertiva che le sue ricette, che prima avrebbero funzionato, poi non l’avrebbero fatto più e, con l’abbondanza di capitale, sarebbe stata necessaria l’eutanasia di coloro che staccano le cedole dei redditi da Capitale.
Come si può pensare che, la sinistra, con questa carenza analitica che prosegue da 45-50 anni, tuttora intatta, che ha fatto assumere politiche, a volte più moderate a volte più radicali, potesse essere all’altezza delle necessità? Il bello è che si continua imperterriti per questa strada: il rilancio dello Stato nell’intervento pubblico nell’economia; siamo convinti che se ci sono stati problemi è dovuto a una qualche deviazione da una sorta di strada maestra che, se ripresa correttamente, tutto andrebbe a posto. Curiosamente (per la verità logicamente) è la stessa posizione sostenuta dai liberali più conseguenti, che di fronte all’evidenza positiva delle politiche keynesiane parlavano di deviazioni che poi, vivendo al di sopra delle possibilità, avremmo pagato e predicavano che recuperando le deviazioni che si erano prodotte tutto sarebbe tornato a posto (la situazione di oggi sarebbe, secondo quella lettura, “a posto”).
È qui che si produce il meccanismo del lavorare per Salvini, come prima per Berlusconi, poi per Renzi, poi per Grillo; il punto non sta in ciò che fa la Sinistra ma in ciò che NON FA. Quello che sarebbe necessario sarebbe metabolizzare la crisi del welfare, come compimento di una fondamentale fase di sviluppo, sia del Capitale che delle forze che gli si contrappongono e, conseguentemente alla corretta interpretazione delle relazioni umane, produrre gli elementi che possono consentire all’umanità di progredire o, se si preferisce, di uscire dalla “preistoria”.
Immagine di Seattleye da Flickr.com
Pensionato, una vita nella CGIL, di cui è stato anche nella segreteria regionale, eletto con il Partito della Rifondazione Comunista come consigliere provinciale per due mandati legislativi fino al 2004, successivamente nel Consiglio Comunale di Colle di Val d’Elsa, dove già era stato eletto nel 1980, ha svolto l’incarico di Assessore.