La protesta contro il Decreto Sicurezza approvato ormai da un mese assume toni sempre più elevati. Diversi sindaci italiani hanno annunciato la propria disobbedienza alle norme emanate. Ai sindaci di Palermo, Napoli, Firenze, Reggio Calabria e Parma che si sono opposti all’applicazione del “decreto sicurezza” se ne sono poi aggiunti altri, rendendo la protesta sempre più radicata tra i rappresentanti delle comunità cittadine.
I motivi della radicale opposizione al decreto stanno tutti nella presunta incostituzionalità della norma che riduce l’integrazione dei richiedenti asilo e in alcuni suoi aspetti mira a ridurre i percorsi di inclusione divenuti un vero e proprio mercato.
Piergiorgio Desantis
È bene che un gruppo di sindaci, presidenti di Regione abbiano preso l’iniziativa e avviato più ricorsi alla Corte Costituzionale per provare a bloccare e depotenziare il decreto Salvini. È necessario e utile per far crescere l’opposizione al Governo, così poco rilevante e incisiva in un Parlamento sempre più svuotato, eppure presente e viva che comprende anche le istituzioni ecclesiastiche cattoliche (dal Vaticano alla Conferenza episcopale italiana). È necessario e utile per salvaguardare i migranti già presenti in Italia, quelli che comunque verranno e contemporaneamente proseguire percorsi di accoglienza e di integrazione, già avviati e che tanti buoni risultati hanno portato (Riace e non solo).
Non è utile e non è necessario seguire pedissequamente il terreno preferito dalla Lega ovvero quello della repressione (dal berlusconismo/antiberlusconismo al salvinismo/antisalvinismo è solo una via crucis di sconfitte politiche oltreché culturali). È necessario e utile allargare il fronte delle tematiche e dei problemi da dibattere; ribaltare i termini politici e di dibattito poiché è sicurezza anche il lavoro che manca o precarizzato, è sicurezza il tema delle scuole pubbliche e università con forti tagli in finanziaria, come anche le cure degli anziani ormai demandate esclusivamente alle possibilità economiche delle famiglie e che dire della questione ambientale e dei trasporti in Italia su cui siamo in un ritardo spaventoso? Mettiamoci in cammino, i fatti hanno la testa dura e le misure prese dal governo Salvini/Di Maio sono propagandistiche e dannose e il consenso non tarderà a calare perché i problemi ci sono e si aggraveranno. Sinistra politica e di classe batti un colpo.
La protesta iniziata da Leoluca Orlando sindaco di Palermo e Luigi De Magistris sindaco di Napoli ha tutta l’aria di essere un ultimo disperato tentativo di opposizione al Decreto Sicurezza, anche a costo di forzare la mano trascinando davanti al giudizio della Corte Costituzionale il provvedimento. Infatti la connotazione della protesta è chiaramente politica, siccome i protagonisti del siparietto sono i Sindaci delle principali città amministrate dal centrosinistra e dai cosiddetti ribelli del M5S che da sempre inseguono la notorietà con qualsiasi atto eclatante capiti loro sotto mano. L’obiettivo nemmeno troppo recondito è quello di portare il provvedimento del Governo davanti al giudice del procedimento che potrebbe decidere di ricorrere alla Corte Costituzionale. A quel punto si giungerebbe al tanto agognato giudizio sulla costituzionalità del Decreto Sicurezza. Solo così le diffuse contestazioni al Decreto potrebbero giungere al suggello più grande, con la complicità dell’Anci.
Riservare il circuito Sprar (Sistema protezione richiedenti asilo e rifugiati) ai soli titolari di protezione internazionale e ai minori non accompagnati, escludendo i richiedenti asilo, destinati a Centri di accoglienza straordinaria (Cas) diventerebbe dunque un elemento costituzionale valido per invalidare la norma. Il tutto è ovviamente contornato dalla retorica che vuole che l’abolizione della protezione umanitaria e l’espulsione dal circuito Sprar comporti un aumento degli irregolari sui territori, come se non vi fosse già un larghissimo segmento di persone che seppur regolarizzate in qualche modo si trovino costrette in un limbo che le pone assolutamente sotto minaccia. D’altra parte le tragedie tipo quella di Rosarno e di San Ferdinando si sono svolte pur sempre ex-ante il terribile Decreto Sicurezza gialloverde.
Dmitrij Palagi
Le parole hanno un senso dato dalla realtà più che dal loro suono.
Così una legge è tale fino a che viene riconosciuta, al pari della credibilità di un sistema di potere.
La ribellione è una narrazione valida in ogni circostanza nella società in cui viviamo. Opporsi all’oppressione, reagire con fierezza all’ingiustizia.
Nella contrapposizione politica dei sindaci sul decreto sicurezza si gonfiano i discorsi. I piccoli comuni in cui si tiene alta la fiaccola della civiltà (chi più – come De Magistris e Orlando – chi meno – come Nardella e Nogarin). Il Ministro dell’InFerno impegnato a proteggere i porti e le coste dall’oppressione globale, fatta di buonismo e invasori.
In punta di Caps Lock, tra un punto esclamativo e l’altro, dovrebbe trovarsi, da qualche parte, anche qualche briciola di politica.
Fatta di atti concreti, di processi reali e costruzione di rapporti di forza nella società, satura di emozioni, impegnata a saltare da un’indignazione all’altra, spaventata e disorientato, ma con tanta presunzione.
Stare da una parte chiara non vuol dire accontentarsi di qualche ricorso e comunicato stampa. Vuol dire sapere quanto conta quello che sta intorno ai palazzi in cui si esercita il potere, lavorando per ottenere risultati.
Gli elementi di incostituzionalità presenti nel decreto Salvini (in cui di sicurezza non c’è neanche l’ombra) li misi in rilievo già nel Dieci mani di un mese fa. Sotto l’aspetto giuridico non vi è niente da aggiungere, tranne la speranza che il giudizio della Corte Costituzionale possa arrivare tempestivamente in modo da ridurre il più possibile le sofferenze degli esseri umani colpiti con crudeltà dal provvedimento.
La protesta dei sindaci, o per meglio dire il rifiuto dei sindaci di applicare il decreto Salvini, è importante non tanto per il motivo formale del ricorso costituzionale, annunciato anche dalle Regioni Piemonte e Toscana.
Solo pochi giorni fa il ministro dell’Interno ha accusato “chi aiuta i clandestini” (prodotti dal decreto che porta il suo nome) di odiare gli italiani. Nel frattempo il vicesindaco di Trieste (leghista, ça va sans dire) si è pubblicamente vantato di aver distrutto le coperte di un senzatetto, sfidando i “buonisti” a recriminare, e quarantanove esseri umani restano in mare per il rifiuto del governo italiano di farli sbarcare. Mi pare che non ci sia bisogno di ulteriori parole per spiegare la barbarie e la disumanità che ispirano la feroce politica discriminatoria del nostro governo. Noto soltanto che la contrapposizione radicale tra la sopravvivenza fisica dei “clandestini” e quella degli italiani è la medesima fatta valere per ebrei e tedeschi dalla propaganda nazista.
E allora, rifiutarsi di ingoiare la cattiveria, rifiutarsi di piegare la schiena alla banalità del male, è un atto importante non solo per la coscienza di chi lo compie ma anche per la collettività che lo osserva. Dire che negare la protezione umanitaria non è scontato, che bruciare i quattro stracci di un nullatenente (in attesa di bruciare il nullatenente stesso) non è scontato, che segregare persone in mare aperto non è scontato, aiuta a opporre una resistenza – speriamo non troppo silenziosa – agli spacciatori dell’odio.
Uno slogan antidroga degli anni Ottanta diceva che l’eroina «è merda che sa di vaniglia». Gli italiani che sostengono le raccapriccianti operazioni razziste del governo Conte credono di starsi abbuffando di vaniglia, ma è anche per loro che è necessario porre fine a questo incubo: un giorno la dura realtà farà loro accorgere di essersi riempiti lo stomaco di qualcos’altro.
Sul “10 Mani” si era già parlato del Decreto Sicurezza subito dopo la sua approvazione e alcuni di noi avevano messo in risalto l’opportunismo politico che vi si nascondeva. Risultava lampante come l’obiettivo non fosse favorire un clima di sicurezza, ma semmai proprio il contrario, alimentando marginalità sociale, disagi, ristrettezza economica in una fascia della popolazione già di per sé molto problematica.
Da questo punto di vista allora non si può che simpatizzare con quei sindaci che si oppongono all’applicazione di questo decreto controproducente e dannoso per tutto il tessuto sociale. Occorre ovviamente però anche rimarcare che molti dei sindaci che ora protestano veementemente contro Salvini hanno fatto ben poco per allontanarsi dal modello del “decoro” urbano e della ghettizzazione. La criminalizzazione dell’immigrato e la sua riduzione a persona di serie b non è certo iniziata con Salvini.
Non basta dunque opporsi al suo decreto per ricostruirsi una verginità. Riace non è necessariamente l’unico modello possibile per rendere i territori sicuri e integrati ma è quantomeno un tentativo che a ben vedere però quasi nessuno dei sindaci che stanno ora protestando ha mai voluto fare. Non esistono soluzioni facili e proprio per questo né il Decreto Sicurezza né un semplice ritorno alla logica del sistema Minniti sono soluzioni accettabili.
Ogni martedì, dieci mani, di cinque autori de Il Becco, che partono da punti di vista diversi, attorno al “tema della settimana”. Una sorta di editoriale collettivo, dove non si ricerca la sintesi o lo scontro, ma un confronto (possibilmente interessante e utile).
A volta sono otto, altre dodici (le mani dietro agli articoli): ci teniamo elastici.