Alcuni giornali l’hanno ignobilmente definita come “la tragedia di chi voleva tornare a vivere” o anche la “strage delle riaperture”, ma la vicenda drammatica della funivia di Stresa è solo un altro capitolo di una storia purtroppo sempre troppo nota nelle vicende italiane: sicurezza “barcollante”, manutenzioni fantasma… tutto sempre nel nome del profitto, come se il guadagno giustificasse il rischio delle vite altrui. Sul 10 mani di questa settimana le nostre opinioni su questo tema.
Piergiorgio Desantis
Ciclicamente si accendono i riflettori dei media sulle cosiddette morti bianche, ovvero i morti sul lavoro. Le tragedie vengono narrate nei minimi particolari di cronaca senza nemmeno accennare le cause originarie e di origine economica, appunto il profitto, che possono determinarle. Si tratta di una dinamica dello sviluppo (almeno fino a quando c’è stato) del ceto produttivo italiano. Fin dall’inizio del Novecento, la crescita si è realizzata, troppo spesso, contraendo costi e sicurezza (oltreché salari) a scapito di chi lavora. L’Italia, terra con pochi imprenditori come Olivetti, si sta inserendo in una dinamica al ribasso per tentare di uscire da questa crisi. Si continua a tenere alti livelli di lavoro flessibile, anzi si propone, come ha già accennato varie volte il Presidente del Consiglio Draghi, la rottura del recinto che divide i lavoratori tutelati (i cosiddetti privilegiati) e quelli precari. Il fine è ridurre tutele e diritti per tutti ed è pressoché una tautologia assai evidente. In aggiunta, per far ripartire l’economia italiana si spinge molto sui settori produttivi a basso valore aggiunto come turismo e servizi che, come abbiamo visto, sono quelli che hanno livelli di precariato di diritti e di salario più alti. Sarebbe facile e stolto qui essere profeta di sventura ma questa non è una via d’uscita, anzi è un modo per aggravare ancor più una crisi ripetendo ricette economiche e politiche già fallimentari.
Francesca Giambi
Abbiamo ancora nelle orecchie le orribili risate nelle telefonate dopo lo spaventoso e devastante terremoto de L’Aquila e ancora di più a 180 giorni dal disastro le dichiarazioni di imprenditori: “pappiamo gli appalti” definendo il terremoto una fortuna. Questo esempio è per ribadire che il capitalismo è profitto e sfruttamento, è cinico verso il genere umano, e che, di sicuro in Italia, è affidato a persone che vogliono ottenere solo incassi ma che non sanno cosa voglia dire l’imprenditoria.In Italia il tributo di sangue al sistema economico è sempre di circa 3 vittime al giorno e vediamo come la pandemia non solo non abbia insegnato niente ma anche abbia peggiorato i rapporti di forza dimostrando che l’unico obiettivo rimane il profitto e che la libertà è intesa solo come consumo.
Questo è il problema moralmente più importante per la società italiana pressapochista e che non ha nessun principio di condivisione e uguaglianza. È facile avere orrore dei cadaveri ma oltre che sapere esattamente tutti i dettagli di come siano avvenute le morti comprendiamo la radice del problema, e cioè che queste siano soltanto derivanti da una insaziabile brama di guadagno, una ricerca a tutti i costi dei profitti?
L’episodio di Stresa colpisce più ancora di altre morti perché è una vera e propria strage. Non interessano le vicende giudiziarie in mano a facoltosi legali e nemmeno il presunto stato economico di difficoltà a causa delle chiusure pandemiche, interessa solo capire che, sentendosi “dio”, si abbia scelleratamente impedito ad un freno di funzionare pensando che sarebbe andato tutto bene. Superficialità? No, criminale scelta di un beneficio personale.Questa strage è legata anche al tema della sicurezza: abbiamo leggi esaurienti sulla formazione in ambito sicurezza sui luoghi di lavoro, ma vediamo che per risparmiare ci si affida a corsi pantomima, a volte nemmeno eseguiti ma certificati da legali e medici compiacenti.Il tema della sicurezza investe tutti i campi lavorativi, dall’agricoltura al manufatturiero all’edilizia; ricordiamo a questo proposito lo splendido film-documentario di Daniele Segre “Morire di lavoro” del 2008 che ha come protagonisti i lavoratori del settore delle costruzioni in Italia.Il 19 agosto del 2019 i rappresentanti della Business Round Table, organizzazione composta dagli amministratori di 200 imprese americane, hanno sottoscritto un documento con il quale si impegnano ad orientare le loro imprese verso un nuova mission: non solo profitti ma azioni responsabili verso l’ambiente, le future generazioni e tutti i diversi “portatori di interesse”.
Ma in Italia? Quando verrà affrontato finalmente il problema morale della nostra imprenditoria così facilmente raggiungibile ma contemporaneamente così fragile e impreparata?Pensando a Luana pensiamo anche alla situazione pratese. Prato è il distretto simbolo del tessile italiano in cui le imprese operative, almeno quelle ufficiali, sono circa 7000, delle quali oltre 2000 nel tessile in senso stretto e di cui il 90% italiane; la dimensione media è di piccolo taglio con un numero di dipendenti raramente sopra le 100 unità.Luana non poteva stare da sola all’orditoio in quanto apprendista, forse la sua formazione sulla sicurezza non era sufficiente ed è morta a 22 anni in modo straziante.
Per questo e per tutte le morti per scarsa sicurezza, si dovrebbe continuare l’iter di introduzione nel codice penale degli articoli 589-quater, 589-quinquies, 590-septies e 590-octies proposti nel disegno di legge del 2018 per l’“Introduzione del reato di omicidio sul lavoro e del reato di lesioni personali sul lavoro gravi o gravissime“, perché ad oggi la norma prevista ricade solo in una casistica dell’omicidio colposo.
Jacopo Vannucchi
La sciagura della funivia del Mottarone presenta, anche tralasciando l’aspetto giudiziario, una serie di interessanti interrogativi.
Primo: la bizzarra vicenda della proprietà dell’impianto, che a detta della stessa procuratrice di Verbania è difficile da districare. Regione Piemonte o Comune di Stresa? Ciascuno pare ansioso di addossare all’altro una proprietà che potrebbe diventare penalmente ingombrante. Se non fosse che sulla gestione di quella proprietà si fatturano quasi due milioni di euro l’anno.
Secondo: il punto di cui sopra può sembrare mera incuria dei beni pubblici, ma per il gestore si trasforma in «un business senza concorrenza […] rendita sicura e quasi “passiva”». Parole di un’analisi del Corriere della Sera che rileva come nell’anno 2020 la pandemia abbia dimezzato il fatturato e provocato una caduta degli utili di circa il 120%, restando però invariato il compenso dell’amministratore unico.
Terzo: il 14 agosto 2018 crollò a Genova il viadotto Polcevera. Il 15 agosto l’allora capo del governo, Giuseppe Conte, su impulso del M5S annunciò la revoca della concessione ad Atlantia. Il 16 agosto il titolo Atlantia, considerato uno dei più sicuri in Italia, perse il 22% in Borsa. Il MoVimento 5 Stelle fu molto solerte nel perorare la ri-nazionalizzazione, noncurante delle conseguenze sui risparmiatori e sulla finanza (pubblica e privata). Perché, quindi, oggi non manifesta un’analoga solerzia sulla ri-pubblicizzazione delle Ferrovie del Mottarone? I maligni potrebbero pensare, e sarebbe davvero increscioso, che l’interesse del M5S a simili operazioni sia direttamente proporzionale al danno economico per la nazione e/o al ritorno elettorale della gestione di un carrozzone di Stato.In ultimo: il caposervizio avrebbe ammesso la disattivazione dei freni fin dal 26 aprile, l’omissione di dichiarazioni sul giornale di bordo e la sottovalutazione del rischio. Donde due domande: quante funivie italiane viaggiano tuttora, o viaggiavano sino al 23 maggio, in queste condizioni? Quanti capiservizio di questo tipo – “molto cattolico”, “ex paracadutista”, “una breve esperienza politica con la Lega” – esistono?
Alessandro Zabban
Gli ultimi dati INAIL sulle morti bianche lasciano poco spazio alle interpretazioni: il calo degli infortuni e delle morti sul lavoro, registrato nel primo quadrimestre del 2020, è strettamente legato all’imposizione delle misure di lockdown. Nello stesso periodo del 2021 infatti assistiamo a un nuovo incremento delle morti bianche (306, + 9,3% sull’anno precedente) che riporta il conteggio delle vittime sui livelli dei primi quattro mesi del 2019 (303 morti).Eppure la piaga sociale delle morti sul lavoro è un problema che raramente viene messo al centro della discussione pubblica, anche perché i principali mezzi di informazione hanno pochissimo interesse ad identificare il problema che ha ovviamente a che vedere con lo scarso rispetto delle norme di sicurezza che si ritrovano in molti posti di lavoro. Siamo in una fase di esaltazione delle virtù eroiche e salvifiche dell’imprenditore, il traghettatore che ci deve far superare il fiume della crisi. La priorità è quella della sburocratizzazione e delle riaperture ad ogni costo, non certo quella della tutela dei lavoratori, elementi sacrificabili, questi ultimi, in una visione immorale ma anche molto miope della ripresa economica.
Immagine da commons.wikimedia.org
Ogni martedì, dieci mani, di cinque autori de Il Becco, che partono da punti di vista diversi, attorno al “tema della settimana”. Una sorta di editoriale collettivo, dove non si ricerca la sintesi o lo scontro, ma un confronto (possibilmente interessante e utile).
A volta sono otto, altre dodici (le mani dietro agli articoli): ci teniamo elastici.