Nella notte fra venerdì e sabato la Sea Watch 3 ha attraccato a Lampedusa, senza il permesso delle autorità italiane. La nave, che aveva a bordo dei migranti soccorsi al largo della Libia, è rimasta fuori dalle acque italiane per due settimane fino a che la comandante Carola Rackete ha condotto la nave in porto e fatto sbarcare i 42 migranti ritenendo la situazione a bordo insostenibile. La vicenda, culminata con l’arresto della capitana, ha avuto ampia diffusione mediatica in tutta Europa e ha alimentato aspre polemiche in Italia. Ne parliamo a 10 mani.
Piergiorgio Desantis
È meritevole, importante e necessaria la presenza di navi come la Sea Watch che possa continuare a salvare vite umane nelle acque del mar Mediterraneo. Tenendo ben presente e forte la vicinanza e il sostegno per chi continua perfino a rischiare la proprio libertà per fini umanitari, quel che manca è una chiara dimensione politica. A sinistra (o la cosiddetta tale) si continua a cavalcare la polemica politica con il ministro Salvini quasi interamente sul piano umanità/barbarie.
Oltre al fatto che questa narrazione è veicolata in maniera tale per cui, la Lega continua a crescere nel paese, davvero non si riesce a capire quale sia l’alternativa alla politica del governo in carica. Semplicemente si preferisce lo spettacolo alla ridefinizione di una cultura politica ormai scomparsa a sinistra. Stiamo aspettando ancora il momento, in cui si potrà iniziare a discutere anche le difficoltà e gli investimenti per gestire l’immigrazione (se non si vuole ricadere in facili slogan) congiuntamente alla necessità di un nuovo piano del lavoro sia per i lavoratori italiani che migranti.
Alex Marsaglia
Sul tema migratorio si riscontra una sempre maggior incapacità di ragionamento razionale e distaccato dalle emozioni che non dovrebbero guidare l’analisi dei fenomeni sociali. Se è vero che è impossibile non essere partigiani è altrettanto vero che se ci si fa guidare unicamente dal sentimento nelle analisi si finisce per non avere più alcun punto di riferimento.
Infatti nell’attuale analisi della sinistra sulle migrazioni manca totalmente un ragionamento sulla classe di riferimento, sul proprio blocco sociale e pure sulle conseguenze dell’imperialismo. Insomma, siamo al pietismo o poco più. Non è un caso che la Procura di Agrigento abbia stabilito che lo sbarco della Sea Watch 3 guidata dalla Capitana, l’appellativo uguale ed opposto al Capitano Matteo Salvini già dovrebbe segnalarci la stupidità dei ragionamenti in cui siamo invischiati a sinistra, sia avvenuto in assenza di alcuna emergenza. È sembrata infatti evidente a tutti l’intenzionalità politica di tale attracco, fatto per mettere in crisi un Governo che si aspettava benissimo questa mossa. Infatti il Ministro Salvini ha cercato di capitalizzare al meglio l'”evento” spedendo la Guardia di Finanza a fare l’agnello sacrificale. Che l’evento sia né più né meno che tale, cioè puro fenomeno mediatico per apparire, lo dicono i fatti. Già perché la mattina seguente a Lampedusa sono avvenuti nuovi sbarchi per una quantità doppia di persone e nessuno si è preoccupato di puntargli le luci dei riflettori addosso, né quelli dell’estrema destra antiimmigrazionista né l’estrema sinistra immigrazionista.
Occorrerebbe ragionare dei rapporti tra classi sociali nel contesto di questa ondata migratoria. Occorrerebbe pensare al blocco sociale proletario in un contesto di deindustrializzazione, con buona parte delle nuove generazioni ridotte a nomadi mentre avviene la sottoproletarizzazione delle nuove generazioni. Ma tutto questo sembra superfluo per una dialettica ridotta a tifoserie.
Dmitrij Palagi
La realtà nel suo complesso non è mai oggettiva. Deformazione dovuta alla formazione filosofica probabilmente. Sicuramente però occorre considerare la dimensione comunicativa quando ci confrontiamo su eventi forti anche sul piano narrativo. Soggettivamente esiste un pezzo autentico di società indignata per l’ostilità del governo all’operazione umanitaria della Sea Watch. C’è poi un’altra parte del Paese incapace di provare empatia, piuttosto in cerca di meccanismi su cui proiettare frustrazione, paure e incertezze. Poi c’è il peggio della società, che in questa fase si sente legittimata ad alzare la voce, visto il Ministro dell’Interno.
In una vicenda complessa è chiaro che l’abbraccio commosso tra Migliore e Orfini può non aiutare il piano della comunicazione. Vivere la “capitana” come il messia venuto a riscattare le sconfitte della sinistra non la aiuterà. Così come troppo facile sarebbe schierarsi contro di lei, perché così si sarebbe in sintonia con il sentimento diffuso nell’opinione pubblica. Occorrerebbe un po’ di razionalità e capacità di essere efficaci. Le ONG non dovrebbero determinare le identità politiche. Proseguono le difficoltà della sinistra europea, incapace di essere efficace (sia quella che comunque prova a muoversi che quella che limita a criticare). La mobilitazione importante salva le coscienze individuali ma non i processi collettivi.
Jacopo Vannucchi
Il caso Sea Watch 3 presenta un evidente paradosso. Da un lato vi è un ulteriore salto repressivo da parte del governo italiano – e pare che ve ne saranno altri a breve, visto che Salvini intende inasprire le pene previste dal suo decreto bis. Questo salto repressivo, fatto anche di ripugnante violenza verbale, a cui è stato dato il “via!” dallo “sbruffoncella” proferito dal leader leghista, ha coinvolto in ultimo persino l’incolumità di uomini della Guardia di Finanza, ai quali è stato evidentemente ordinato (dubito che lo abbiano fatto di propria iniziativa) di impedire in ogni modo l’attracco di una nave soccorso.
Eppure questo salto repressivo è stato bucato dalla Sea Watch come una bolla di sapone. Tornano alla mente le parole di Hannah Arendt: il Male non può essere mai radicale, ma solo estremo; può devastare la superficie del mondo diffondendosi come un fungo, ma non ne intacca le radici perché è privo di pensiero (è solo assenza di Bene, secondo Agostino di Ippona).
Carola Rackete non è un’eroina, perché non vi è alcun bisogno di eroismo nel sottrarre a quindici giorni di esilio in mare un gruppo di naufraghi: il suo gesto è semmai il ritorno alla normalità dopo la giostra di violenza innescata dalle leggi italiane.
Ora restano almeno due problemi sul piatto.
Uno è tutto politico, ed è il fatto che Salvini è stato umiliato da una ragazza normale e che è adesso pesantemente esposto, al netto della sua bolla comunicativa, alla concorrenza ultras di Fratelli d’Italia. Il che è un po’ paradossale, perché il ritiro di CasaPound dalla competizione elettorale libera Fd’I dai suoi stessi concorrenti a destra; ma così si vive nell’Italia in cui è stato scelto di stroncare il tentativo riformatore del “Partito della Nazione”: la spirale dell’odio, per ora, non si ferma.
L’altro problema, che certo è non meno importante, riguarda il controllo dei flussi migratori. Sembra davvero difficile, almeno in Italia, tenere insieme i due pilastri delle migrazioni via mare. Primo, che il controllo dei flussi deve essere dello Stato e non certo di enti privati quali le Ong sono. Secondo, che qualsiasi naufrago deve essere soccorso e che si devono rispettare le convenzioni internazionali.
Sul secondo punto non mi diffondo in quanto autoevidente. Riguardo il primo punto, che potrà essere efficacemente risolto solo da un controllo integralmente europeo, il massimo raggiunto è stato il codice di condotta delle Ong del vituperatissimo Minniti. Salvini, con la sua guerra aperta alle Ong, ha di fatto perso qualsiasi reale controllo del fenomeno. Non che gliene importi, sia chiaro: l’accoppiata perfetta è proprio quella di incendiaria retorica xenofoba più immigrazione incontrollata, perché in tal modo si eccitano odio e violenza nelle masse e si dispone anche di un forte esercito industriale di riserva, molto ricattabile sul piano dei diritti sociali. Il giochino funziona, almeno fin quando non gli salterà in mano. Il governo “giallo-verde”, come tutti i tiranni, sarà incapace di salvarsi dall’esplosione della bolla che egli stesso va gonfiando.
Alessandro Zabban
C’è da sentirsi veramente piccoli e inutili di fronte alle polemiche sulla Sea Watch 3. I cambiamenti climatici stanno già avendo un effetto catastrofico sulle condizioni di vita di molti paesi africani. Complice anche l’acuirsi di pratiche predatorie e neocoloniali, opportuniste e imperialiste, aumenteranno in maniera esponenziale i migranti che busseranno alle porte dei paesi più ricchi nella speranza non più di costruirsi una vita migliore, ma banalmente e brutalmente di sopravvivere.
Si è a lungo provato a dividere l’emergenza umanitaria con le cause strutturali delle migrazioni: prima pensiamo a salvare i migranti che rischiano la vita e poi vedremo come risalire alle cause del fenomeno. Ma l’atteggiamento finisce con lo schiacciare l’orizzonte politico sul contingente, rendendo l’emergenza stessa una fatto strutturale.
Di questo non possiamo certo incolpare l’equipaggio della Sea Watch e la sua capitana Carola Rackete che nel loro piccolo fanno il possibile per rispondere alle mancanze basilari della politica europea. Il problema di fondo è però che tanto la sinistra dell’accoglienza (cattolici, liberali, socialisti) che la destra sovranista non hanno risposte convincenti e concrete per agire sulle cause. Da qui le infinite polemiche se hanno più valore le leggi del mare o quelle dello Stato italiano. Senza ipotizzare un cambio di paradigma economico e politico epocale, lo scontro sofocleo diventa quello fra un’ Antigone che non riesce a far uscire dal contingente dell’emergenza il suo messaggio universale e un Creonte che in nome della ragion di Stato finisce per coltivare meramente gli interessi a breve termine del consenso. Lo scontro si riduce così a una guerra di slogan e simboli sullo sfondo di una catastrofe sempre più imminente.
Immagine di Sinn Fein da www.flickr.com
Ogni martedì, dieci mani, di cinque autori de Il Becco, che partono da punti di vista diversi, attorno al “tema della settimana”. Una sorta di editoriale collettivo, dove non si ricerca la sintesi o lo scontro, ma un confronto (possibilmente interessante e utile).
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