Sanremo, festival della politica italiana?
Sabato scorso Mahmood ha vinto il Festival di Sanremo. Se non si è interessati alla manifestazione canora potrebbe essere una notizia che occupa la nostra mente per il tempo di un TG o di un titolo di giornale.
Potrebbe, se questa vittoria non avesse fatto alzare un polverone a causa delle origini italo-egiziane del cantante. Non ci si è infatti limitati a parlare della canzone: bella o brutta, che piaccia o non piaccia, sembra essere un fatto secondario.
La questione sulla quale si è, anche eccessivamente, dibattuto è il significato che questa vittoria ha per l’Italia dei nostri tempi, per l’Italia di Salvini e dei porti chiusi.
Ma davvero l’epilogo di una manifestazione canora può pareggiare il conto con le politiche sull’immigrazione adottate dal Ministro degli Interni? Assolutamente no! Sono due questioni agli antipodi, e comunque non ha senso parlarne, per svariate ragioni.
Intanto non scordiamoci che Mahmood è italiano, infatti la madre è sarda. Quindi non potrebbe, per sua fortuna, ovviamente, essere una delle “vittime” di Salvini, uno dei disperati ai quali è impedito lo sbarco in Italia.
Ma il fatto stesso che il cantante sia assurto a paladino della “questione stranieri” dimostra quanto ancora l’italiano medio sia lontano dal riuscire a valutare una qualsiasi persona per quello che fa, senza lasciarsi distrarre dalla sua origine. Infatti, se fossimo un paese un po’ più progredito, probabilmente, il fatto che Mahmood abbia il padre egiziano non ci interesserebbe assolutamente, e si potrebbe disquisire solamente sulla canzone presentata al Festival, esattamente come se l’interprete si fosse chiamata Loredana Berté o qualsiasi altro nome italico.
Ma c’è di più: anche l’anno scorso a vincere fu un cantante straniero, di origine albanese: Ermal Meta. Perché all’epoca la questione etnica non fu tirata in ballo, quando addirittura in quel caso a trionfare fu un naturalizzato?
Tutto questo è indubbiamente segno dei tempi: Salvini e i suoi porti chiusi hanno infatti acceso i riflettori sulla questione “stranieri in Italia”, facendo percepire la faccenda agli Italiani come la fonte di tutti i mali del Paese. Gli stranieri arrivano (“ci invadono!”), ci rubano il lavoro, si impossessano delle “nostre” case popolari, i loro bambini rubano il posto ai nostri all’asilo, e adesso, come se tutto ciò non bastasse, vincono anche il Festival di Sanremo, il Festival “della canzone ITALIANA”.
Apriti cielo spalancati terra! A niente è valso fare presente che la canzone vincitrice si intitolasse Soldi e avesse un testo ovviamente in italiano. Il nome dell’artista ha di colpo azzerato le capacità critiche di tutti coloro che si sono precipitati a twittare o postare in merito alla “calata dei barbari” anche nel dorato mondo della musica.
Per contro non si sono risparmiati anche i commenti di segno opposto: Elisa Isoardi (proprio lei, la ex del Ministro Salvini!) si è affrettata a dichiarare su Instagram «Mahmood ha appena vinto il festival di Sanremo. La dimostrazione che l’incontro di culture differenti genera bellezza. #top #culture». Insomma, da una parte e dall’altra il vincitore sanremese è stato tirato per la giacchetta e gli si è voluto far recitare un ruolo che non gli appartiene.
Infatti, a parte le linee di pensiero sulla questione stranieri, lo sbaglio di fondo è quello di voler politicizzare il Festival: se è vero che le canzoni possono assumere una valenza socio-politica, ciò deve essere stabilito dall’autore, non certo dal pubblico o, peggio ancora, dai politici. E, ancora peggio, in questo caso non è certo il testo ad essere stato analizzato “politicamente”, ma il cantante stesso. Ed è un grande errore: sarebbe come se ascoltando Bocelli ci si fermasse al suo essere non vedente.
Mahmood non ha portato al Festival le sue origini egiziane. Probabilmente non si è neanche posto il problema di non chiamarsi Mario Rossi, anche perché, ribadiamolo, essendo nato in Italia non è straniero, non è immigrato, quindi non è “interessato” a farsi portavoce di niente e di nessuno.
E quindi, qual è la causa di tutta questa isteria? L’isteria stessa, temo. E soprattutto quanto è avvenuto all’Ariston durante la serata finale è la conferma ulteriore del terribile clima che stiamo vivendo. Non è possibile che anche una canzone, anzi un cantante, non possa essere apprezzato o non apprezzato “per se stesso”, senza chiamarne in causa le origini.
Non è certo vero che se mi piace Mahmood sono per forza contraria alle politiche messe in campo da Salvini, come non è scontato il contrario. Verissimo che la musica spesso si faccia ambasciatrice di idee politiche e sociali, ma non è certo una regola.
Quindi smettiamola di voler dare una valenza politica a qualsiasi cosa, altrimenti arriveremo a vedere messaggi politici in una puntata di una serie televisiva (Montalbano) nella quale la scena di uno sbarco di migranti ha “campeggiato” sullo schermo per pochi minuti, e non è stato assolutamente il filo portante della serata.
Immagine di copertina liberamente ripresa dalla pagina Facebook del Festival di Sanremo
Nata a Firenze il 17 novembre 1983 ha quasi sempre vissuto a Lastra a Signa (dopo una breve parentesi sandonninese). Ha studiato Lingue e Letterature Straniere presso l’Università di Firenze. Attualmente, da circa 5 anni, lavora presso il comitato regionale dell’Arci.