A quasi 84 anni, Ridley Scott continua a fare cinema. Quest’anno uscirà addirittura con due film: dopo il passaggio fuori concorso a Venezia, a metà ottobre è arrivato “The last Duel” (per 20th Century Studios, di proprietà Disney). A dicembre, arriverà l’atteso “House of Gucci” (con Paramount, in Italia distribuito da Eagle Pictures) con Lady Gaga e Adam Driver. Il motivo è chiaramente legato al Covid 19 perché “The last duel” è slittato di un anno. Il regista inglese, prima di firmare autentici capolavori come Alien e Blade Runner, iniziò la sua carriera nel 1977 con “I Duellanti”.
Un film fatto con pochi soldi, ma con grande cura. Vanta un magistrale uso delle luci e tante idee. Ben presto è divenuto un cult che portò alla ribalta il nome di Scott. Un autentico gioiello. Il duello ripetuto e ostile tra due ufficiali ai tempi di Napoleone. Per tutta la vita i due sviluppano un odio reciproco crescente (attraverso futili motivi) che annulla ogni tipo di minimo sentimento umano.
Nell’estate 2020 lo abbiamo riproposto al cineforum estivo e con il pubblico abbiamo constatato che effettivamente tra il 1977 e oggi è cambiato poco e nulla. È in atto una forte regressione generale: ecco perché “I duellanti” pare ancora attuale. Ridley Scott sembra che voglia chiudere più discorsi lasciati aperti nella sua carriera. Prima cosa è voluto tornare al kolossal in costume. I duellanti, Robin Hood, Il Gladiatore, Le crociate, Exodus sono esempi dei suoi film in tal senso.
Poi c’è la sfida, il duello. Elementi fondamentali del suo cinema sono stati uomini contro replicanti (Blade Runner), l’uomo contro il mostro (Alien), il saggio guerriero contro il despota figlio di papà (Il Gladiatore). Per non parlare del già citato film d’esordio.
Veniamo alla trama.
Il film è tratto dall’omonimo romanzo di Eric Jager, esperto di storia medievale. Francia, XIV secolo. Inglesi e francesi si stanno battendo su più terreni. Oltre alle guerre, carestia e peste stanno flagellando l’Europa. Ridley Scott sceglie di ispirarsi ai capolavori “Rashomon” di Akira Kurosawa e “Rapina a mano armata” di Stanley Kubrick, non rinunciando all’odio che era il motore dell’azione de “I duellanti”. È la ricerca della verità riguardante un fatto che coinvolge tre personaggi principali. Il film ci fornisce le tre versioni, secondo la verità soggettiva. Ciò fornisce profonde divergenze tra una versione e l’altra. Tant’è che sta allo spettatore capire cosa sia successo.
La sceneggiatura, scritta a 6 mani, è scandita da tre autori con visione diversa: Affleck ha pensato al personaggio di Adam Driver, Damon al suo, la Holofcener rappresenta il personaggio della Cormer. Affleck e Damon non collaboravano insieme alla sceneggiatura dal lontano 1997 con “Will Hunting – Genio Ribelle” che fruttò 2 Oscar.
Viene commesso uno stupro ai danni di Marguerite de Thibouville (Jodie Cormer), che è sposata con lo scudiero normanno Jean de Carrouges (Matt Damon). L’uomo invoca un duello vendicativo, previsto dalla legge francese, contro lo scudiero Jacques Le Gris (Adam Driver). Da una parte il biondo su cavallo bianco (Damon), dall’altro il moro col cavallo nero (Driver). Questo fu l’ultimo duello legalmente autorizzato della storia francese ed avvenne il 29 dicembre 1386. La differenza tra i due uomini è l’obbiettivo: Jean crede nella spada e nell’onore, Jacques è astuto e arrivista. Quest’ultimo, furbo e scaltro com’è, riesce ben presto a conquistare la fiducia e l’amicizia del conte Pierre d’Alencon (Ben Affleck), che è ben ammanicato con il re Carlo VI (è anche cugino). Quando Jean è assente, Jacques ne approfitta per avvicinarsi a Marguerite.
Poi però arriva l’abuso. Almeno questo dice la donna. Che ha un pregio, ma che per l’epoca è un grosso difetto: sa leggere e scrivere, in mezzo ad analfabeti che pensano solo a spade e sesso. Su questo tema probabilmente Scott doveva osare di più perché oggi l’analfabetismo (funzionale più che di fatto) è di nuovo rigenerato. Invece si finisce per andare su altro.
Infatti quella che rischia di più, ironia della sorte, è la vittima. Se il marito dovesse rimanere ucciso nel duello, lei sarebbe bruciata viva in piazza come un’eretica. Per di più davanti alla gente. Oltre al danno, la beffa è doppia. “La verità non ha importanza, esiste solo il potere degli uomini”. A dirlo durante la narrazione è una donna. Il che testimonia anche la sottomissione del gentil sesso al sistema. Il vero controsenso di questa storia è che lo stupro è un crimine contro il patrimonio del maschio, più che in quello fisico (e psicologico) della donna. Ridley Scott e i suoi sceneggiatori vogliono andare a parare proprio qui.
Lo sguardo maschilista più che maschile domina quello femminile, indipendentemente dai fatti. Le donne sono ridotte a sfogo sessuale ed il duello è solo un pretesto per una lotta tra “galli”. Una sfida per il dominio dell’ego più che per la verità.
Scott sa regalare momenti di grande cinema e ci mostra uno dei più brutali e avvincenti corpo a corpo. I tre attori principali sono molto bravi, anche se Matt Damon ha un look e un trucco abbastanza ridicoli (come d’altronde anche Ben Affleck). Come nel Gladiatore, siamo noi spettatori che chiedono sangue e violenza. Come se fossimo al Colosseo. Non sempre però Ridley Scott è sinonimo di qualità perché spesso ha accettato di dirigere film che non si sono poi rivelati all’altezza della sua fama. Recentemente ha avuto una crisi d’ispirazione culminata con il rivedibile “Tutti i soldi del mondo”.
Nel complesso però bisogna avere rispetto per questo grande regista, perché quando si impegna riesce ancora a scrivere pagine importanti. “The last duel” è una via di mezzo. Sembrerebbe un film importante, che ha tanto da dire. Sicuramente non è per niente originale, ma questo è il meno.
L’idea di fondo sarebbe interessante e attuale, ma è come viene contestualizzata che la rende poco efficace. Fare un paragone tra il XIV secolo e oggi non è del tutto corretto, soprattutto se si vuole mettere il “movimento Me Too” nell’epoca errata. L’altro problema è che la società americana non è quella europea, figuriamoci prima che il continente americano fosse scoperto. Mescolare storia europea e americana è uno strafalcione. Un altro problema è che, sotto sotto, il film dà la sua versione dell’accaduto.
Il vero scopo di “The last duel” è discutere del ruolo della donna. Non ci scordiamo che Scott è stato l’autore di “Thelma & Louise”. Il problema è che viene fatto tenendo conto di quello che è successo negli ultimi anni a Hollywood. Il movimento Me Too (vedi qui) nel cinema è piuttosto controverso: è sicuramente legittimo che le attrici denuncino le violenze subite, ma bisogna anche dire che alcune di loro, a suo tempo, hanno beneficiato del potere di produttori come Harvey Weinstein per fare carriera. Inoltre bisogna dire che esser accusati, non vuol dire essere colpevoli. Fino a prova contraria.
Numerosi personaggi dello spettacolo hanno definito il tutto come una “caccia alle streghe”. Terry Gilliam, Sean Penn (ha detto “lo spirito del movimento è rappresentato dalla volontà di dividere donne e uomini”) e Marco Giallini si sono schierati contro, così come diverse donne come Catherine Deneuve, Brigitte Bardot, Angela Lansbury, Whoopi Goldberg, Megan Fox. Oltre a loro anche una femminista attiva come Margaret Atwood, secondo cui non bisognerebbe considerare colpevoli a priori gli accusati di molestie.
Lo sa bene Ridley Scott visto che ha dovuto rigirare “Tutti i soldi del mondo” (2017) sostituendo Kevin Spacey con Christopher Plummer. Dal 2018 Spacey, infatti, è stato fatto fuori da Hollywood dopo il coinvolgimento nel tritacarne mediatico (leggi qui), ma nel 2019 il caso penale fu archiviato. Attingere dall’America di oggi per capire la Francia del XIV secolo (o viceversa) è un tantino eccessivo.
Si avverte la dittatura del politically correct e del linguaggio televisivo contemporaneo (la sceneggiatrice Holofcener scrive prevalentemente serie tv). È un vero peccato perché questo film aveva tutte le carte in regole per essere ancora migliore. A livello di messa in scena la fotografia (firmata dal polacco D. Wolski, collaboratore di lunga data di Scott) è cupa e plumbea, ma è perfetta per definire l’epoca buia della ragione. In “The last duel” non ci sono vincitori, ma solo vinti. Continuiamo a dire che il Medioevo era un’epoca controversa, ma nel 2021 siamo ancora immersi in quel pantano a darsene di santa ragione. Il film di Ridley Scott è uscito nel momento giusto.
Regia ***1/2 Interpretazioni ***1/2 Fotografia ***1/2 Sceneggiatura **1/2
THE LAST DUEL ***
(USA, UK 2021)
Genere: Drammatico, Storico
Regia: Ridley Scott
Sceneggiatura: Ben Affleck, Matt Damon e Nicole Holofcener
Cast: Matt Damon, Adam Driver, Jodie Comer, Ben Affleck
Durata: 2h e 32 minuti
Fotografia: Dariusz Wolski
Prodotto da 20th Century Studios e Scott Free
Distribuzione: Walt Disney
Uscita Italiana: 14 Ottobre 2021
Tratto da un romanzo di Eric Jager
Presentato fuori concorso al Festival di Venezia 2021
Trailer Italiano qui
Backstage del film qui
La frase: La verità non ha importanza, conta solo il potere degli uomini.
Immagine da wikipedia.org
“E ci spezziamo ancora le ossa per amore
un amore disperato per tutta questa farsa
insieme nel paese che sembra una scarpa”
Cit.