Domenica 12 luglio il Presidente polacco Andrzej Duda è stato riconfermato per il secondo mandato con il 51% dei voti contro il 49% del sindaco di Varsavia Rafał Trzaskowski. Si è trattato di un’elezione con un margine certamente ravvicinato, ma non molto distante dal precedente del 2015, in cui Duda ottenne il 51,5% sconfiggendo il Presidente in carica Bronisław Komorowski, e comunque assai meno combattuta della lotta all’ultimo voto che ci si attendeva alla vigilia.
Che tali attese sarebbero state smentite è apparso evidente dal primo exit poll, diffuso poco dopo la chiusura dei seggi alle 21. La società Ipsos, che lo aveva realizzato, ha reiterato la nota cautelativa che, dato il margine di errore statistico (due punti percentuali), non era possibile indicare un vincitore. Il fatto però che Duda fosse già stimato al 50,4% lo indicava come favorito, anche considerando che generalmente gli elettori di PiS sono quelli più restii a rispondere agli exit poll.[1] Il vantaggio di Duda è poi andato crescendo al 50,8% nel late poll di mezzanotte e al 51% nel secondo late poll, con copertura del 90%.
Inizialmente qualche barlume di speranza per l’opposizione sembrava derivare dal nervosismo con cui la televisione di stato (TVP) aveva immediatamente indicato «chiaro vincitore» Duda, che parlando ai suoi sostenitori non aveva indugiato nel rivendicare la vittoria, estendendo al contempo a Trzaskowski un invito al Palazzo Presidenziale per una stretta di mano. Il rivale aveva risposto dicendosi fiducioso nella vittoria una volta che fossero stati contati tutti i voti, ed esponenti politici come l’ex presidente liberale Komorowski o l’ex Primo ministro post-comunista Miller avevano rilevato una scarsa cortesia istituzionale di Duda, visto che per quanto se ne sapeva Trzaskowski al Palazzo avrebbe potuto andarci di diritto da Presidente eletto. L’ipocrita risposta di Duda, dopo giorni di attacchi antisemiti, nazionalisti e omofobi, è stata che si trattava solo di una cortesia che nulla aveva a che fare con le elezioni.
Analisi del voto
Come l’affluenza del primo turno (64,5%[2]) si era portata a brevissima distanza dal record storico del 1995 (64,7%), così anche nel secondo turno il 68,1%[3] registrato domenica quasi eguaglia il 68,2% toccato venticinque anni fa. L’aumento è stato uniforme sul territorio nazionale, indicando un’eguale mobilitazione elettorale delle due parti. Il secondo late poll Ipsos[4] indica che gli elettori aggiuntivi si sono ripartiti equamente fra i candidati, semmai con una lievissima (50,2%) prevalenza di Trzaskowski.
Quei pochi elettori che hanno cambiato idea fra il primo e il secondo turno danno un saldo netto che pure è a vantaggio di Trzaskowski: ha infatti votato per lui lo 0,9% di iniziali elettori di Duda, a cui favore egli perde lo 0,7%.
E per quanto riguarda l’estrema destra della Konfederacja, definita la vera king-maker di queste elezioni[5], gli elettori del suo candidato Bosak premiano Duda (52,3%) ma con un vantaggio troppo risicato – lo 0,3% dei voti del primo turno, anche escludendo gli eventuali astenuti – per poter essere definito il blocco di consensi decisivo.
L’impressione in realtà è che entrambi i campi abbiano spremuto il più possibile i propri bacini sociali: al primo turno la somma di tutti i candidati di destra (Duda, Bosak, Żółtek, Jakubiak, Piotrowski) ammontava al 50,8%, contro il 49,2% della somma delle opposizioni democratiche (Trzaskowski, Hołownia, Kosiniak-Kamysz, Biedroń, Tanajno, Witkowski). La differenza tra questi dati e quelli reali del secondo turno, che è di 0,2 punti a favore delle destre, è di fatto nulla, soprattutto se si considera quanto più eterogeneo e frammentato fosse, nei rapporti di forza fra blocchi ideologicamente diversi, il campo di opposizione.
Gruppi sociali
Le aree di consenso ricalcano senza eccezione quelle già delineatesi al primo turno. Duda ha i suoi risultati peggiori – fra il 30 e il 35% – tra studenti, laureati, dirigenti, imprenditori e nelle grandi città (sopra i 500.000 abitanti); perde anche fra gli impiegati, nella popolazione sotto i 50 anni e nell’aggregato complessivo delle città.
Vince invece di poco (50,9%) fra le persone che hanno completato l’istruzione secondaria, sfiora il 60% fra i cinquantenni e lo supera negli ultrasessantenni, ottiene circa i due terzi dei voti fra residenti rurali, pensionati, disoccupati, operai, per toccare le vette massime tra le persone con minore istruzione (75% fra i formati alla scuola professionale, 77,3% per chi ha frequentato la scuola dell’obbligo) e fra i contadini (81,4%).
Flussi tra candidati e partiti
Uno degli ultimi sondaggi prima del ballottaggio – sondaggio peraltro molto lusinghiero per Duda, in quanto contemplava un aumento stratosferico dell’affluenza degli anziani, che non si è verificato – fotografava come spaccati a metà gli elettori del fascista Bosak, mentre assegnava a Trzaskowski oltre il 90% dei consensi degli altri candidati di opposizione, non conteggiando gli astenuti: Hołownia (91%), Kosiniak-Kamysz (91%) e Biedroń (92%).[6]
In tutti i casi il pronostico si è rivelato ottimistico per Trzaskowski, cui il secondo late poll Ipsos assegna, per i rispettivi tre candidati di cui sopra, 85%, 75,7% e 84% dei consensi. Numeri che diventano più interessanti se letti al contrario: ha votato per Duda un elettore su quattro del Partito dei contadini, uno su sei della sinistra e uno su sette del candidato indipendente moderato. Si tratta certamente di numeri molto alti per il sindaco di Varsavia, superati solo da quelli dell’indipendente antipolitico Tanajno (87%) e del socialista Witkowski (89,2%). In più, l’europeista Trzaskowski ottiene anche un sorprendente 65,3% fra gli elettori di Żółtek, che sta tentando di porsi a capo del movimento per uscire dalla UE.
Di converso, Duda ha prevalso senza sorprese fra gli altri candidati di destra: oltre al già ricordato Bosak, ottiene il 65,9% fra i sostenitori del nazionalista Jakubiak e il 76,1% fra quelli dell’integralista cattolico Piotrowski.
Va aggiunto comunque che il Presidente riceve anche il 57,1% tra gli elettori che «non ricordano» quale sia stata la loro scelta il 28 giugno: probabilmente in buona parte per candidati di destra o anti-istituzionali.
Confrontando il voto del ballottaggio con quello politico del 13 ottobre 2019 vediamo invece una chiara prevalenza di Trzaskowski fra tutti i gruppi: elettori della Konfederacja (60%), della Coalizione Polonia (70,6%), della Sinistra (91,7%) e naturalmente della Coalizione Civica (98,2%). Il candidato di KO prevale anche tra chi non ricorda il proprio voto (59,9%) e tra chi non aveva votato (61,7%). Fanno ovviamente eccezione gli elettori di PiS, che votano Duda al 96,9%.
È comunque interessante notare che la fidelizzazione di PiS a Duda nel ballottaggio è inferiore a quella di KO a Trzaskowski, e che il fenomeno si ripete laddove prendiamo in considerazione il voto al ballottaggio del 2015: Duda ottiene il 91,1% fra chi lo votò cinque anni fa, Trzaskowski raccoglie invece il 95,6% fra chi votò Komorowski (nonché percentuali fra il 60 e il 70% fra gli astenuti e chi dichiara di non ricordare).
Un confronto con il 2015
Forse il miglior punto di partenza per mettere ordine in una situazione che sembra da un lato assai statica e dall’altro invece punteggiata di smentite e contraddizioni è proprio confrontare l’insediamento sociale odierno con quello del 2015.
Anzitutto osserviamo che la fidelizzazione dell’elettorato è variata, in modo consistente, a vantaggio di KO: nel 2015 Duda ottenne il 96,7% degli elettori di Kaczyński nel 2010, mentre Komorowski solo il 79,6% fra coloro che in quell’anno lo avevano eletto. Come si vede, oggi il candidato di PiS peggiora questo tasso di fedeltà di cinque punti e mezzo, mentre KO lo migliora di sedici. (Fra gli astenuti i rapporti di forza sono più che ribaltati, sempre a vantaggio di KO.)[7]
Differenze più ridotte le osserviamo confrontando il tasso di fedeltà non ai candidati Presidente, bensì ai partiti (quello odierno rispetto alle elezioni politiche del 2019; quello del 2015 rispetto alle elezioni politiche del 2011[8]). Qui PiS resta stabile mentre PO/KO migliora di dodici punti e mezzo.
A cambiare molto sono invece le scelte al ballottaggio dagli elettori di due partiti.[9] Nel 2015 votò infatti per Duda la maggioranza (54,9%) di chi aveva scelto nel 2011 il Partito dei contadini, che per giunta nel periodo 2007-2015 ha governato in coalizione con PO, e sempre per Duda votò circa un terzo di chi nel 2011 aveva votato per i post-comunisti della SLD. In entrambi i casi oggi notiamo una differenza di circa 25 punti in favore del candidato di KO.
Un discorso a parte merita un partito ormai scomparso ma che alle politiche 2011 ebbe un sorprendente successo (10%): il Ruch Palikota (Movimento di Palikot), un partito liberale anticlericale che dette voce all’insoddisfazione delle fasce giovanili. Queste erano sì favorevoli al percorso di modernizzazione intrapreso nel 2007 dal nuovo governo liberale, ma ne contestavano gli effetti di crescita delle diseguaglianze e precarizzazione del mercato del lavoro: d’altro canto, non volevano neppure affidarsi agli ex-comunisti, verso i quali nutrivano (e nutrono) un’idiosincratica diffidenza e peraltro all’epoca usciti a pezzi da un controverso caso di corruzione. Duda ottenne tra gli elettori del RP il 38%, percentuale sorprendentemente alta per un candidato clericale tra i votanti di un partito che nell’anticlericalismo aveva un pilastro fondante.
In altri termini, nel 2015 si coagulò contro Komorowski un complesso magma di pulsioni antigovernative provenienti non soltanto da destra, ma anche da sinistra e dal centro o, per meglio dire, dal mezzo: la Polonia di mezzo disillusa, come e peggio dei giovani, da otto anni di governo liberista. Fatto evidente non soltanto nella chiara vittoria di Duda fra gli elettori di Kukiz (58,5%), ma anche nelle percentuali che Komorowski ottenne fra chi al primo turno aveva sostenuto candidati a sinistra di Duda.[10] L’allora Presidente in carica prevalse nettamente (84,9%) solo fra gli elettori di Palikot (che aveva raccolto l’1,4%…) mentre si fermò al 59% fra chi aveva scelto la candidata della sinistra Ogórek o quello dei contadini Jarubas.
Il miglioramento del candidato liberale rispetto al 2015 è presente anche nei settori a destra di Duda: questi ottenne fra il 70 e l’80% degli elettori di Korwin-Mikke e del neofascista Kowalski e l’85% di quelli dell’ultrareazionario Braun: candidature di tre partiti oggi tutti rappresentati da Bosak.
Come è cambiata la Polonia?
Tornando al punto di partenza iniziale, possiamo affermare che grattando sotto l’apparente staticità del voto notiamo in realtà sommovimenti più profondi e riallineamenti degli elettorati di diverse forze politiche. PiS ha cioè raccolto elettori tradizionalisti che in precedenza si affidavano ad altri partiti – specie a quelli più vecchi, come i post-comunisti o il Partito dei contadini – alienandosi però le generazioni più giovani.
Il confronto per fasce di età è eclatante.[11] Nel 2015 Duda vinse tra i giovani (under 30) con il 60,8%. Oggi ne raccoglie il 36,3%.
Nelle restanti classi di età la situazione era sommariamente equilibrata, con un differenziale Duda-Komorowski che andava da un minimo di -3,2 punti fra i trentenni a un massimo di +7,6 fra i cinquantenni. Oggi quel differenziale spazia da un minimo di -9,4 fra i trentenni a un massimo di +25 fra gli ultrasessantenni.
Non è certo difficile individuare quali siano le fasce sociali che hanno prodotto questo sisma. Rispetto al 2015 il differenziale fra Duda e il suo sfidante aumenta fra disoccupati (+6 punti), operai (+9), pensionati (+22,4) e contadini (+30), mentre diminuisce fra impiegati (-11), imprenditori (-15,4), dirigenti e funzionari (-16) e crolla fra gli studenti (-67,4).
Se si volesse colorare una cartina dei voivodati (regioni) polacchi in base allo spostamento pro-Duda o pro-Trzaskowski rispetto al 2015 noteremmo che il miglioramento di Duda è pressoché sovrapponibile alle zone in cui storicamente, dopo il 1989, gli ex-comunisti ottenevano un risultato superiore alla media nazionale: la Polonia ex-tedesca con l’esclusione di Pomerania, Breslavia e versante meridionale della Slesia, e l’aggiunta invece delle province agro-industriali a nord-ovest di Łódź e di Varsavia, dell’area rurale e mineraria di Kielce e di ristrette zone multietniche nel nord-est (in cui più marcata è stata la recrudescenza nazionalista negli ultimi anni).
A cedere verso PiS sono cioè i settori sociali, fra quelli in passato schierati al centro o sulla sinistra, che più richiedono un intervento statale nell’economia (e specialmente nell’agricoltura) e, tra questi, quelli culturalmente più legati alle tradizionali concezioni familistiche, clericali e di omogeneità della nazione. Questi smottamenti sono del resto colmati dalla crescente opposizione dei gruppi più direttamente coinvolti nella globalizzazione economica e culturale, in un raggio che non risparmia le città orientali e un tempo cattolicissime come Lublino o Cracovia.
Conseguenze e reazioni
L’opposizione
Nel fornire il proprio commento sul voto Szymon Hołownia ha messo in luce un dato difficilmente eludibile. Negli ultimi cinque anni PO/KO ha perso sei elezioni su sei: presidenziali 2015, politiche 2015, regionali 2018, europee 2019, politiche 2019, presidenziali 2020. Questa sfilza di sconfitte è la conseguenza diretta del sapore amaro che otto anni di governo liberale hanno lasciato in molti polacchi e lo spauracchio del «ritorno di PO» è stato probabilmente ancora oggi il fattore decisivo nel far pendere la bilancia a favore di Duda. Nelle parole di Hołownia, «certamente Duda, come candidato di PiS, ha un elettorato negativo ancora più ampio, ma ha anche una più ampia base positiva».[12]
Parole simili sono state impiegate dalla deputata Agnieszka Dziemianowicz-Bąk, capo della campagna di Biedroń ed esponente di punta del femminismo politico, secondo cui si deve prendere atto che l’opposizione continuerà a perdere le elezioni fin quando PO pretenderà di arrogarsene interamente la rappresentanza.
PO ne prenderà atto? Sembrano indicare di no le primissime parole di Trzaskowski, che ha rivendicato di aver suscitato un movimento che non potrà essere zittito e di essere il terzo candidato nella storia per numero di voti ricevuti (10,02 milioni) – sorvolando sul fatto che il secondo è Duda con 10,44 milioni.[13]
Tuttavia è presto per dirlo. La crisi economica in arrivo potrebbe forgiare una maggiore unità anche nell’opposizione. Resta però la mina vagante proprio di Hołownia, che ha annunciato la fondazione di Polonia 2050, che non si capisce bene se sarà un partito oppure no.
La vera urgenza riguarda le fasce giovanili. Preso atto che dai 50 anni in su vince la destra e fra i 30 e i 49 l’opposizione, il problema si risolverebbe da sé se non fosse che sotto i 30 il malcontento giovanile prende la forma di un vero e proprio pinochettismo, che combina il nazionalismo fascista con politiche neoliberali estreme.
Il ruolo del neoliberalismo del resto non è univoco. Sia Duda sia Trzaskowski hanno fatto appello a piene mani ai voti di Bosak, ciascuno però cogliendone solo un lato: rispettivamente, il clerico-nazionalismo e le politiche laissez-faire. Questo aiuta a spiegare anche perché Trzaskowski abbia prevalso fra i sostenitori dell’anti-UE Żółtek, che è un Bosak senza il nazionalismo.
Il vero ostacolo a una svolta a sinistra dei giovani sembra essere, semmai, il ripudio del passato regime socialista. Da un lato, infatti, la gioventù soffre le politiche capitaliste degli ultimi anni, ma, dall’altro, una piena consapevolezza è impedita dal fatto che i giovani ancora credono nelle promesse teoriche del mercato, della libera iniziativa, della mano invisibile, eccetera. Donde fenomeni antipolitici, post-ideologici o personali come Palikot (2011), Kukiz (2015), Hołownia (2020), che dopo una grande fiammata si esauriscono avendo contribuito a complicare i problemi. Alle scorse elezioni parlamentari la Sinistra si è rivelata l’unico attore in grado di contendere all’estrema destra il terreno giovanile. Sperabilmente l’unificazione fra SLD e Wiosna e l’unità d’azione con Razem consentiranno di proseguire su questa strada.
La fascistizzazione del Paese
Occorre anche essere onesti e riconoscere che non tutto il disgusto degli elettori per PO deriva dall’opposizione alle politiche neo-liberali dei governi Tusk (2007-2014) e Kopacz (2014-2015): in una buona fetta c’è anche l’odio verso omosessuali e stranieri e non bisogna affatto dimenticare che proprio dall’omofobia, dall’antisemitismo e dallo sciovinismo nazionalista sono venute le munizioni del cannoneggiamento di destra nelle due settimane fra primo e secondo turno.
Anche perché la fascistizzazione di PiS conoscerà verosimilmente un’accelerazione. Il giorno dopo le elezioni la televisione di stato ha sentenziato «la famiglia polacca ha vinto contro la civiltà straniera» e come in Turchia l’incipiente crisi economica porterà il governo a intensificare il giro di vite nazionalista e clericale. Non sarebbe stupefacente se entro l’anno prossimo fosse discussa e forse approvata una legge contro la «propaganda gay a minori» sul modello di quella vigente in Russia.
Sotto l’aspetto dell’omofobia al danno per la comunità LGBT si aggiungono la beffa e l’insulto: nella notte elettorale Kinga Duda, la giovane figlia del Presidente, ha dichiarato che i polacchi sono tutti uguali indipendentemente da coloro che amano.
Ma al di là delle persecuzioni specifiche, l’abbraccio di posizioni scopertamente fasciste è un piano inclinato su cui PiS si muove fin dal 2015. I continui omaggi ai «soldati maledetti», militari che nel 1945 prima si allearono con i tedeschi e poi continuarono autonomamente una violenta guerriglia antisovietica; la negazione delle responsabilità polacche nel genocidio degli ebrei e in generale nell’antisemitismo; la costante demolizione della memoria storica tramite la distruzione dei monumenti antifascisti e la rimozione dell’antifascismo dalla toponomastica; la negazione della stessa esistenza statale della Polonia nel periodo 1945-1989; la sostanziale benevolenza verso le violente parate nazifasciste a Varsavia ogni 11 novembre (festa dell’indipendenza); sono tutti tasselli di un progetto umanamente ripugnante e volgare.
La spaccatura del Paese è una garanzia che la società non accetterà l’imposizione improvvisa di soluzioni dittatoriali, ma la tattica di PiS è sempre stata quella di fascistizzare un pezzettino alla volta e anzi, ancora più spesso, mezzo pezzettino alla volta: ad esempio proponendo (più volte!) il divieto totale di aborto e poi tornando indietro, oppure rendendo reato penale l’asserzione di responsabilità polacche nella Shoah per poi derubricarlo ad illecito amministrativo dopo pochi mesi. In questo modo si infetta la società un grammo per volta, contenendo e normalizzando le proteste, evitando reazioni turbolente, rendendo accettabile l’inaccettabile. Nelle parole del Grande dittatore di Chaplin: «avvelenare i nostri cuori, precipitare il mondo nell’odio, condurre al passo dell’oca a far le cose più abiette».
La spaccatura della società
La divisione del Paese in due metà quasi eguali non è una novità: è anzi una costante di tutte le elezioni nazionali a partire dalle europee 2014. In questi giorni però il dato si è imposto con particolare forza, generando sensazioni di timore nel popolo polacco, ivi compresi gli elettori di opposizione.
Per capire tali sensazioni è necessario osservare che il sistema politico si è semplificato solo negli ultimi anni: dal 2015 PiS ha la maggioranza autonoma per formare il governo, ma dal 1989 fino ad allora erano sempre stati necessari governi di coalizione.
Inoltre i vari partiti, pure diversi sul piano programmatico, erano comunque uniti dall’atlantismo e dalla religione, in particolare dalla reverenza verso il pontefice Giovanni Paolo II. Questi orientamenti sono cambiati solo negli ultimi anni e la conseguente divisione politica è una novità per un Paese che certamente ha vissuto momenti di grande crisi interna (1956, 1970, 1980) ma che si è sempre immaginato come una comunità omogenea perché unificata dall’etnia, dalla lingua e soprattutto dall’identità religiosa, che in alcuni periodi ha fatto le veci dello Stato stesso – all’opposto dell’Italia, dove la Chiesa è stato un fattore di divisione riguardo l’unità nazionale. Anche il fascismo collaborazionista, che in Italia è stato un attore sanguinoso durante l’occupazione tedesca e poi radice di tensioni postbelliche anche terroristiche, in Polonia viene rimosso dalla memoria collettiva.
Ma proprio quest’ultimo caso può servire per individuare le responsabilità di questa divisione. Il collaborazionismo è certamente rimosso e negato furiosamente anche da PiS, ma questi però poi lo recupera: solo che invece che di collaborazionisti parla di patrioti antisovietici. L’aggressiva politica culturale e il ripiegamento sul familismo misogino e omofobo hanno massimizzato il consenso sopra i 50 anni e nelle campagne ma scavato un abisso di separazione dal resto del Paese, come del resto in direzione opposta il disinvestimento dei governi di PO in alcune infrastrutture rurali.
Hołownia ha rilevato correttamente che alle elezioni politiche del 2023 voteranno diciottenni che hanno trascorso tutta la propria vita nel confronto semi-bipolare tra PiS e PO, iniziato nel 2005. Entrambi i partiti hanno dato con una mano e tolto con l’altra alle giovani generazioni. PO ha indubbiamente creato occasioni di crescita e modernizzazione culturale, anche sul piano lavorativo, ma ha aggravato la distanza fra ambizioni e retribuzione reale. PiS invece ha fornito una ricetta ancora più stantia, elargendo fondi statali (esenzione fiscale totale fino a 26 anni, politica familista per le giovani coppie) e puntando sul reclutamento militare come via sciovinista al contenimento della disoccupazione e sottoccupazione. Entrambi i partiti si sono quindi resi responsabili, in modi e misure diverse, della divisione della società.
Autoritarismo interno e geopolitica
Un discorso a parte merita la condizione dello stato di diritto, per il quale la Polonia è attualmente sotto procedura di infrazione da parte della Commissione Europea. La conferma dello status quo probabilmente non muterà niente a breve termine, ma le tensioni in atto nel Paese verosimilmente favoriranno un aumento dello scontro politico.
Duda è soltanto il secondo Presidente dal 1989 ad essere rieletto: il precedente fu Kwaśniewski che, nel 2000, fu l’unico (ri)eletto senza passare dal ballottaggio. Ma, a differenza di lui, Duda non solo prevale solo al secondo turno, ma in esso ottiene una percentuale inferiore rispetto al primo mandato. Al tempo stesso, per la prima volta in una generazione gli elettori del candidato piazzatosi terzo (nel caso attuale Hołownia) non riescono ad eleggere il Presidente. La presenza di due blocchi elettorali che massimizzano tanto la mobilitazione quando la fidelizzazione dei rispettivi bacini sociali è evidente anche nella riduzione della quota di elettori che, dopo aver sostenuto un candidato al primo turno, votano per l’altro al ballottaggio: la percentuale resta analoga per ciascuno dei due sfidanti, ma si riduce del 70%, passando da quasi il 3% nel 2015 a meno dell’1% oggi.
Per questo non sono peregrine le preoccupazioni di quegli elettori che hanno sostenuto Trzaskowski anche solo per assicurarsi la regolarità delle elezioni politiche previste per ottobre 2023. Già gli osservatori dell’OCSE hanno rilevato che, nonostante la correttezza formale delle operazioni di voto, la spudorata parzialità filo-governativa della televisione pubblica e l’impiego di una retorica xenofoba e omofoba da parte del Presidente in carica hanno minato l’effettivo valore del pluralismo.[14]
La Commissione LIBE (Libertà civili, Giustizia e Affari interni) del Parlamento Europeo ha votato ieri 14 luglio per ampliare l’ambito della procedura di infrazione in corso nei confronti della Polonia, estendendola alle seguenti aree: l’abuso dei poteri costituzionali da parte della maggioranza parlamentare; i cambiamenti alle procedure elettorali adottati durante l’emergenza nazionale Covid-19; le modifiche apportate ai meccanismi di nomina dei magistrati e di procedure disciplinari nella magistratura; la condizione di sofferenza delle libertà di espressione, di informazione, di ricerca, di riunione e di associazione; la criminalizzazione de facto dell’educazione sessuale, la diffusione dell’incitamento all’odio contro le minoranze, la violenza anche domestica contro le donne, il divieto de facto totale di aborto e la limitazione dell’accesso alla contraccezione di emergenza.[15] A settembre 2020, dopo che la Commissione LIBE avrà completato i suoi lavori, il testo finale sarà posto all’attenzione del Parlamento.
È ragionevole pensare che la resa dei conti contro la Polonia, che è il maggiore beneficiario netto del bilancio europeo, sarà guidati dai Paesi occidentali che oltre ad essere contribuenti netti ne hanno anche sofferto le politiche di dumping salariale interno ricevendone per giunta un’ostinatissima opposizione alla redistribuzione dei migranti. La pretesa di voler deindustrializzare l’Europa occidentale con i suoi stessi soldi, rifiutando di assumersi i doveri dell’appartenenza alla UE e ora violandone apertamente i principii democratici fondamentali potrebbe essere alla fine.
La scelta di Stati come Polonia e Ungheria di porsi al di fuori della condivisione di responsabilità e valori dell’Unione Europea favorisce nei fatti gli interessi e gli obiettivi di quei Paesi – Francia, Italia, Spagna – che invece puntano su una più forte integrazione, anche di un nucleo ristretto, e sulla ricostruzione produttiva interna. Questo non significa che la Polonia resterà senza alleati: confinante con la Bielorussia dell’odiato Lukašenka e con la zona più fascista dell’Ucraina (la Galizia orientale), il Paese resta una pedina fondamentale per gli interessi statunitensi.
Sia PiS sia Trump hanno condiviso la preferenza per rapporti diretti bilaterali invece che per la struttura della NATO e Varsavia ha ricevuto una proficua collaborazione militare dagli Stati Uniti. Il ruolo della Polonia quale longa manus di Washington non cambierà in caso di vittoria di Biden, ma potrebbe significativamente complicarsi: dopo la fine della guerra fredda l’opinione pubblica statunitense è diventata sempre meno disposta a tollerare l’aiuto a regimi dittatoriali e lo spostamento a sinistra del Partito Democratico mal si concilierebbe con l’amicizia verso un regime razzista, antisemita, maschilista e omofobo.
-
https://oko.press/duda-50-trzaskowski-47-proc-elektorat-dudy-wzmozony-opozycja-nie-dosc-wierzy-w-sukces/ ↑
-
https://wybory.gov.pl/prezydent20200628/pl/frekwencja/1/Koniec/pl ↑
-
https://tvn24.pl/wybory-prezydenckie-2020/ii-tura/wyniki-sondazowe-druga-tura ↑
-
https://www.euronews.com/2020/07/10/how-the-far-right-could-be-kingmaker-in-poland-s-knife-edge-presidential-election ↑
-
https://oko.press/duda-50-trzaskowski-47-proc-elektorat-dudy-wzmozony-opozycja-nie-dosc-wierzy-w-sukces/ ↑
-
https://wiadomosci.gazeta.pl/wiadomosci/1,143907,17977913,Wybory_prezydenckie_2015__Wies_i_mlodzi_za_Duda__Komorowski.html ↑
-
https://www.tvp.info/20186799/wyniki-wyborow-prezydenckich-2015-wyniki-dudy-i-komorowskiego ↑
-
https://www.tvp.info/20186799/wyniki-wyborow-prezydenckich-2015-wyniki-dudy-i-komorowskiego ↑
-
https://www.rmf24.pl/raporty/raport-wybory-prezydenckie2015/najnowsze-fakty/news-exit-poll-duda-przejal-blisko-60-procent-wyborcow-kukiza,nId,1810975 ↑
-
https://www.rmf24.pl/raporty/raport-wybory-prezydenckie2015/najnowsze-fakty/news-duda-wygral-wsrod-rolnikow-robotnikow-uczniow-emerytow-i-bez,nId,1810976 ↑
-
https://www.facebook.com/szymonholowniaoficjalny/posts/2099156430209137 ↑
-
Per la cronaca, il primo è Wałęsa che al ballottaggio del 1990 ottenne 10,62 milioni e il 74% contro l’imprenditore populista Tymiński. ↑
-
https://www.europarl.europa.eu/news/en/press-room/20200712IPR83209/rule-of-law-in-poland-meps-point-to-overwhelming-evidence-of-breaches ↑
Immagine di MOs810 (dettaglio) da Wikimedia Commons
Nato a Firenze nel 1989. Laureato in Scienze storiche (una tesi sul thatcherismo, una sul Risorgimento a Palazzuolo di Romagna), lavoro nel settore dei servizi all’impresa. Europeista e di formazione marxista, ho aderito a Italia Viva dopo quattordici anni in DS e PD.