La crisi del Partito Democratico precipitata con le dimissioni di Nicola Zingaretti, e originata nell’immediato dalla dissennata pervicacia dell’autosacrificio verso Giuseppe Conte, non riguarda soltanto il PD e non ha come proprie origini soltanto quelle, prossime, degli anni recenti. Si tratta in realtà del più recente, ma non certo dell’ultimo, sciame sismico di una ristrutturazione profonda del sistema politico italiano. Sebbene gli esiti di questa ristrutturazione non siano stati ancora scritti, le faglie e le linee di frattura sono state tracciate da tanti anni ed è utile ripercorrerle prima di allargare lo sguardo a ciò che la trasformazione in atto significa per il PD, per gli altri partiti, per l’Italia nel suo complesso.
Da Rifondazione alla Lega. La degenerazione del voto proletario.
Usiamo come studio di caso le consultazioni elettorali nel Comune di Firenze, terra tradizionalmente di sinistra. Attingendo ai dati espressi in percentuale di voti validi e disaggregati per sezione elettorale[1] ed effettuando una matrice di correlazione fra le europee 2004 e le regionali 2020 osserviamo (Tabella 1) che la lista del 2004 a presentare la maggiore correlazione con la Lega 2020 è Rifondazione Comunista (0.33).
Di converso, le migliori correlazioni di Rifondazione con le liste 2020 sono il M5S (0.45), il Partito Comunista (0.43) e appunto la Lega. Una dinamica simile, ma con valori inferiori, la si osserva per il Partito dei Comunisti Italiani, che è infatti meglio correlato con il PD.
La correlazione è evidente soprattutto nei risultati di alcune sezioni della periferia occidentale della città, con presenza di alloggi popolari e di abitanti di origine straniera (es. Viale Canova, Le Piagge).
A sua volta, il passaggio dall’elettorato di Rifondazione del 2004 a quello della Lega nel 2020 non è avvenuto improvvisamente, bensì si è verificato per mezzo di alcuni passaggi intermedi. Osserviamo ad esempio, mantenendo fermi come prima variabile i risultati delle europee 2004, le correlazioni con alcune elezioni successive.
Alle elezioni politiche 2008 (Tabella 2) i legami più forti del PRC sono ancora con la Sinistra Arcobaleno e con il PD – al solito, notiamo che l’elettorato del PdCI è più vicino al centrosinistra – ma in modo più sfumato rispetto alle precedenti consultazioni nazionali del 2006 (in quel caso la correlazione PRC-PRC fu 0.80). Si evidenziano probabilmente tre fenomeni di deflusso: verso il PD, verso l’astensione, verso altre formazioni minori (Sinistra Critica, Partito Comunista dei Lavoratori).
Alle elezioni europee 2009 (Tabella 3) osserviamo già due grandi cambiamenti.
Il primo cambiamento è che, se da un lato persiste il tradizionale insediamento popolare del PD, la sinistra radicale si divide in due tronconi. Uno, rappresentato da Sinistra e Libertà, in direzione di un insediamento laico-borghese o quantomeno post-classista. Emblematica la buona correlazione con la Lista Bonino, che tradizionalmente a Firenze riceve voti in zone di insediamento dei partiti di destra. Un altro, invece, incarnato dalla Federazione della Sinistra, che mantiene il ruolo antisistema di Rifondazione (da notare che ancora una volta il PdCI 2004 è meglio correlato col PD che con la lista comunista).
Il secondo cambiamento è una modifica nella base di massa dell’Italia dei Valori. Se nelle consultazioni precedenti il partito era a Firenze sostanzialmente anodino, nel 2009 inizia ad acquisire una fisionomia che inclina in direzione di un insediamento popolare di sinistra. È interessante affiancare a questi dati quelli della correlazione del 2009 tra voto per il Consiglio comunale e voto per il Parlamento europeo, che si tennero lo stesso giorno. La lista cittadina “Amici di Beppe Grillo”, che candidava sindaco il futuro ministro Bonafede, ebbe le sue maggiori correlazioni positive con l’IdV (0.36) e con la FdS (0.21).
Questo filo che collega la vecchia base di massa di Rifondazione con tre filoni politici – la FdS, l’IdV, il PD – si evidenzia ancora alle regionali 2010, in cui non fu presentata in Toscana una lista grillina ed entrambe le liste di sinistra furono alleate del PD a sostegno di Enrico Rossi (anche in tale occasione si evidenziò la spaccatura di classe fra SEL e FdS).
La situazione è già radicalmente cambiata alle elezioni politiche del 2013 (Tabella 4).
Stavolta la correlazione maggiore del PRC la si ha con il Movimento 5 Stelle, mentre Rivoluzione Civile è sostanzialmente seconda ex aequo con il PD. Persino lo schieramento istituzionale del PdCI sembra indebolito da un orientamento in direzione del M5S. Dopo la parentesi delle europee 2014, in cui il consenso del PD si espande fino a sfiorare il 60%, le regionali 2015 mostrano (Tabella 5) una serie di fenomeni:
1. L’allentamento del legame del centrosinistra con la ex sinistra radicale, così come dell’opposizione con i partiti della ex Casa delle Libertà;
2. La conferma del legame privilegiato del M5S con il PRC del 2004;
3. La definitiva scissione fra le due ali della sinistra radicale, quella antisistema (verosimilmente insediata in zone a reddito più basso) orientata sul M5S e quella progressista orientata sulla lista di sinistra;
4. L’emergere di una spaccatura fra la destra populista e quella liberale.
Lo spostamento dell’elettorato del PD in direzione moderata è confermato non solo dal voto referendario del 4 dicembre 2016, ma ancor più alle politiche del 4 marzo 2018 (Tabella 6).
In questa occasione abbiamo una serie di trasformazioni che si verificano per la prima volta:
1. La correlazione del PD rispetto al 2004 è positiva con l’UDC.
2. La stessa è negativa con Rifondazione.
3. La stessa scende sotto lo 0.5 rispetto a Uniti nell’Ulivo.
4. Rifondazione, e anche il PdCI, ha una correlazione positiva con la Lega.
5. Forza Italia ha una correlazione più forte con la ex Lista Bonino che con Alleanza Nazionale.
6. La lista ufficialmente appoggiata dal PRC (Potere al Popolo) ha con il PRC del 2004 una correlazione inferiore a quella con le forze ora meglio correlate con la sinistra radicale borghese (Verdi, Italia dei Valori, Lista Bonino).
È vero che, includendo nell’analisi le liste che non raggiungono l’1% dei voti, si nota una continuità dell’insediamento comunista rappresentata dal Partito Comunista guidato da Marco Rizzo. Tuttavia lo 0,8% conseguito dal PC non può appunto rendere piena ragione del dato del PRC nel 2004 (7,7%) e, inoltre, si individuano buone correlazioni fra M5S, PC, CasaPound e la lista trockista «per una Sinistra rivoluzionaria», a significare una dispersione del voto di protesta sociale in direzioni ideologicamente eterogenee – nel passato, Rifondazione aveva con le liste di estrema destra correlazioni non significative, che solo in rari casi toccavano lo 0.1.
Alle europee 2019 (Tabella 7), dopo il primo anno di governo M5S-Lega, la correlazione degli ex partiti comunisti con la prima forza di governo si è lievemente indebolita, essendosi rafforzata invece quella con il partito di Salvini. Il PD ha leggermente migliorato la propria correlazione tanto con Uniti nell’Ulivo quanto con l’UDC, ma non ha recuperato il rapporto con i vecchi elettorati PRC-PdCI. Rifondazione come partito, rappresentata nella lista «La Sinistra», sembra risospinta dagli elettori verso l’area della sinistra radicale borghese già rappresentata da SEL e da LeU. Infine, ed è fondamentale, l’altro partito prossimo alla Lega, cioè Fratelli d’Italia, mantiene con Rifondazione una correlazione nettamente negativa – pur se non tanto negativa quanto Forza Italia.
Da ultimo, dopo un anno del governo Conte II, come abbiamo visto nella Tabella 1, il PD si è ulteriormente rafforzato a sinistra (Uniti nell’Ulivo, PdCI) perdendo però sul centro e centrodestra (UDC, Lista Bonino, FI); il legame degli ex PRC e PdCI con la Lega si è accresciuto e resta più alto di quello con le due liste di sinistra (una dentro e una fuori la coalizione a sostegno di Eugenio Giani).
Questa analisi, condotta per il solo Comune di Firenze, appare replicata anche in altre zone d’Italia. Si citano a titolo di esempio Milano[2] (Tabella 8) e Napoli[3] (Tabella 10), dove anzi sono ancora più evidenti i caratteri popolari dell’elettorato di Lega e M5S e l’arroccamento del PD.
Quella che abbiamo appena scorso è l’evoluzione in sedici anni dell’insediamento elettorale di alcuni partiti, in particolare di Rifondazione. Il passaggio Rifondazione – Italia dei Valori – Movimento 5 Stelle – Lega (quest’ultimo compiutosi solo parzialmente) può essere letto come il regresso culturale di una certa fascia di popolazione che, nel giro di mezza generazione, passa dall’identificarsi in un partito dichiaratamente comunista ad uno fondato su generici e presumibilmente positivi “valori” ad uno privo di qualsiasi identificazione seria (le cinque stelle sono semmai un simbolo di qualità degli alberghi) ad uno, infine, che si presenta come di destra sociale.
E tuttavia, se «l’anatomia dell’uomo ci dà una chiave per l’anatomia della scimmia», se «gli accenni ad una forma superiore che vi sono nelle specie animali inferiori possono essere compresi solo se quella forma superiore è già conosciuta»[4], allora può valere anche l’inverso: la conoscenza delle forme degenerate ci consente di comprendere i vizi già presenti nella forma non degradata.
È chiaro che il punto di svolta di questa degenerazione dei ceti subalterni è costituito dal primo stadio della valanga, ossia il passaggio all’Italia dei Valori. Dopo l’esclusione della sinistra radicale dal Parlamento (elezioni politiche 2008), fu la lista Di Pietro ad ereditare alcune ragioni di quell’elettorato. Ragioni di protesta sociale, nella direzione però di una generica contrapposizione tra il popolo e la politica del malaffare, il che seppelliva il principio di classe. Non mancò, nondimeno, il tentativo dell’IdV di dare una struttura articolata a queste rivendicazioni.
Non pochi furono gli ex quadri della sinistra radicale che passarono al partito del gabbiano. L’esempio massimo fu Maurizio Zipponi, sindacalista FIOM bresciano, già deputato e responsabile nazionale Lavoro di Rifondazione comunista, che fu candidato senza successo alle europee del 2009. All’epoca era facile vedervi solo il tentativo di un ceto politico di restare a galla. Invece c’era di più. Sotto la patina della falce e martello, l’opposizione di classe era sparita già da tempo, per lasciare il posto soltanto a una generica opposizione al sistema.
Questo sentimento fu evocato non soltanto dalla base operaia («Di Pietro forse è di destra, ma almeno è una destra che è contro il potere, mica come tanti di sinistra che sono passati con Berlusconi. Ero di Rifondazione, ma per me lui è più concreto»), ma anche da Zipponi stesso: «Oggi non puoi promettere il sol dell’avvenire agli operai: gli ideologismi sono finiti».[5] Nel momento in cui una frase simile viene pronunciata, è chiaro che si è già rotta la sintesi del materialismo storico, in cui la capacità trasformatrice viene esercitata dalla forza materiale di classe: i due elementi sono già scissi, la prima restando una vuota parola, del genere che Lenin chiamava con disprezzo «frase rivoluzionaria»[6] (la “promessa del sol dell’avvenire”), la seconda restando solo una forza morta, una quantità di moto priva di scopo (“una destra contro il potere”).
In altri termini, una larga fetta di chi ha votato Rifondazione e poi M5S vedendovi la nuova incarnazione del PRC non aveva smarrito una cultura politica che precedentemente aveva. Al contrario, non aveva mai avuto cultura politica. Il tentativo di Rifondazione di rifondare il comunismo aveva in realtà prodotto, molto probabilmente per ragioni in gran parte indipendenti dalle capacità dei dirigenti del partito, il disfacimento della coscienza di classe. E questo nonostante, per paradosso apparente, la corrente di maggioranza fosse guidata da un sindacalista CGIL di lungo corso (Bertinotti) e la principale corrente di minoranza fosse l’ex ala operaista della mozione Cossutta (Essere Comunisti). In breve, da un’opposizione di classe fondata sul ruolo storico rivoluzionario del proletariato si era passati a un’opposizione di rivendicazioni corporative a un’opposizione meramente e confusamente antisistema.
La stessa Italia dei Valori era più a destra del PD: per storia politica, per posizioni sui diritti della persona, per insediamento storico, sociale e territoriale. Su di essa converse il voto di protesta sociale perché questo era diffidente nei confronti del PD non in quanto partito percepito come moderato, bensì in quanto partito percepito come di potere. In ogni caso, l’Italia dei Valori volle rappresentare fino in fondo questo ruolo, anche opponendosi al Governo Monti dopo la fiducia iniziale.
Non mancò neppure il volto intellettuale di questo scivolamento: Gianni Vattimo, candidato al Parlamento Europeo con i DS nel 1999, con il PdCI nel 2004, con l’IdV nel 2009, chiese la candidatura al M5S nel 2014 per vedersela rifiutare.
Vi è un ultimo punto da mettere in luce in questo sbandamento dei ceti deboli. Tornando al caso fiorentino, storicamente i partiti con consenso non volatile e con zone di insediamento territoriale ben identificate erano: a sinistra, DS e PRC; a destra, FI e AN, con l’aggiunta delle varie liste radicali. Quel voto popolare che oggi ha abbandonato il campo della sinistra per dirigersi sul M5S e, poi, sulla Lega, riesce ancora a riconoscere la destra di origine missina come un partito di carattere borghese e quindi inaffidabile per elettori a basso reddito. Questo tipo di riconoscimento non viene effettuato nei confronti della Lega, né, tantomeno, del M5S. Il diverso insediamento sociale con Forza Italia, inoltre, ha probabilmente agito come ulteriore fattore di allontanamento dal PD nel momento in cui Renzi ha riproposto la linea di Togliatti e Berlinguer di un accordo antifascista con i partiti borghesi.
[Continua nei prossimi giorni]
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Tutti i dati relativi al Comune di Firenze sono stati reperiti sul portale cittadino, nella attuale sezione Open data (https://opendata.comune.fi.it/?q=metarepo/categoryinfo&id=Elezioni) oppure nella pagina archiviata del vecchio sito (http://web.archive.org/web/20080704121439/http://www.comune.fi.it/elettorale/index.htm). ↑
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Elaborazione personale su dati della banca dati elettorale del Comune di Milano (http://siel.comune.milano.it/). ↑
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Elaborazione personale su dati dell’archivio storico elettorale del Comune di Napoli (https://elezioni.comune.napoli.it/index.htm). ↑
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Karl Marx, Introduzione a Per la critica dell’economia politica, in Id., Le opere che hanno cambiato il mondo, Newton Compton, Roma 2011, pp. 540-541. ↑
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https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/04/21/di-pietro-cerca-voti-tra-gli.html ↑
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Lenin, Sulla frase rivoluzionaria, in Id., Opere complete, vol. XXVII, Editori Riuniti, Roma 1967, pp. 9-19. ↑
Immagine agenziami (dettaglio) da flickr.com
Nato a Firenze nel 1989. Laureato in Scienze storiche (una tesi sul thatcherismo, una sul Risorgimento a Palazzuolo di Romagna), lavoro nel settore dei servizi all’impresa. Europeista e di formazione marxista, ho aderito a Italia Viva dopo quattordici anni in DS e PD.