A Leopoli è arrivata da pochi giorni una carovana della pace italiana, con realtà cattoliche e laiche, tentando di manifestare una posizione di netta condanna nei confronti di Putin e chiedere ai paesi “occidentali” di non inviare armi.
Cina ed Unione Europea hanno tenuto un nuovo incontro bilaterale, per discutere della guerra, senza però apparenti successi.
Il Cremlino accusa il vecchio continente di essere in preda a una “sbornia” statunitense.
Ogni giorno arrivano costanti aggiornamenti, ricordando la dimensione internazionale del villaggio globale in cui viviamo, ma non sempre è chiaro il ruolo del contesto sovranazionale e il peso delle relazioni tra dimensioni nazionali.
In un recente intervento lo ha evidenziato anche Romano Prodi, parlando dell’aumento delle spese militari dei singoli stati aderenti alla NATO e all’Unione europea, che rischiando di far saltare la possibilità di una difesa comune (“o ora o mai più”).
Di questi aspetti ci occupiamo nella rubrica a più mani di questa settimana.
Leonardo Croatto
Dmitrij Palagi
Dopo il 2014 l’esercito ucraino è stato ricostruito quasi da zero? Chi lo a aiutato a riorganizzarsi e a che tipo di acquisti sono servite le spese militari di Kyïv?
Le sanzioni sono davvero utili, o sono un’azione politica destinata principalmente al consenso popolare, pulendo la coscienza di chi le impone (almeno ho fatto qualcosa senza mandare il mio esercito) e consolidando le pulsioni nazionaliste in chi le subisce?
Che senso ha per l’Unione europea limitarsi a chiedere alla Cina di svolgere un ruolo diplomatico che proprio il nostro continente avrebbe potuto esercitare, invece di limitarsi a inviare le armi e fingere che si possa prescindere dalla Russia, nella concretezza delle vite quotidiane in un mondo globalizzato?
Sono domande su cui si potrebbe sviluppare un dibattito pubblico ben impostato, fuori dalla propaganda bellica, in cui tutto sembra essere ragione di polarizzazione, quasi fossimo noi sotto le bombe.
Tra le voci pacifiste arrivate a Leopoli in questi giorni colpisce la chiarezza delle parole di chi evidenzia di non aver trovato affinità con la popolazione bombardata. Non è strano, specialmente in un conflitto in cui una delle due parti a violato qualsiasi principi di politica internazionale, mentre l’altra ha scelto di far coincidere la sua vittoria con l’affermazione di imprecisi “valori occidentali”.
Chi ha il privilegio di non rischiare la vita e l’incolumità, dovrebbe evitare di sostituire la politica con posizionamenti basati su emotività e categorie morali, superando definitivamente la retorica sui valori. A inizio millennio ci fu chi parlò di scontro di civiltà per esportare la democrazia e cacciare i talebani dall’Afghanistan: chi governa oggi in Afghanistan?
Jacopo Vannucchi
Immagine da pxfuel.com
Ogni martedì, dieci mani, di cinque autori de Il Becco, che partono da punti di vista diversi, attorno al “tema della settimana”. Una sorta di editoriale collettivo, dove non si ricerca la sintesi o lo scontro, ma un confronto (possibilmente interessante e utile).
A volta sono otto, altre dodici (le mani dietro agli articoli): ci teniamo elastici.