Se volete vedere un film dove c’è un regista che ha un’elegante e totale padronanza del mezzo cinematografico, quello è “Potere assoluto” di Clint Eastwood. Opera erroneamente considerata secondaria. L’attore e regista californiano, qui piuttosto disilluso, ci rende partecipi, ci tiene svegli, ci fa vedere, ci fa capire la situazione fin da subito.
Attenzione però perchè la zampata stavolta è in avvio. Generalmente in un thriller il colpo di scena con le rivelazioni è alla fine. Clint invece sceglie di invertire. Così all’inizio ci togliamo subito il dente: il pubblico sa chi è il colpevole e come sono avvenuti i fatti. Ma non sappiamo il perché che è quello che interessa a Eastwood. In questo modo il regista si assicura che il pubblico lo segua. Senza ruffianeria però. A Clint non piace questo modo di fare cinema. L’errore è dello spettatore che crede che tutto sia già chiaro.
Il protagonista è Luther Whitney (Clint Eastwood), ladro professionista vecchio stile che rifiuta ogni tipo di violenza. Una notte entra facilmente in una mega villa di uno degli uomini più potenti d’America: Walter Sullivan. Ovvero colui che ha contribuito in maniera massiccia all’elezione dell’ultimo presidente degli Stati Uniti. Mentre sta svaligiando l’abitazione, sente delle voci. C’è qualcuno in casa.
Così decide di rintanarsi dietro una (finta) porta specchio. Questo particolare è un capolavoro registico perché Clint prende per mano lo spettatore e lo porta a vedere il riflesso di quello che sta per accadere. Il regista scende in sala e va a vedere il film con il pubblico.
Nella stanza piombano la giovane seconda moglie (Christy) del padrone di casa con l’amante, Alan Richmond (Gene Hackman che torna a lavorare per Eastwood dopo “Gli spietati”). L’attempato “trombamico” non è uno qualsiasi: è il Presidente degli Stati Uniti. Un tradimento duplice per il ricco Walter. La donna all’ultimo momento non è partita per il weekend con il marito per via della “scappatella”. Ma il povero Luther non lo sapeva, così come lo spettatore. Basterebbe questa scena per definire “Potere Assoluto” un film da vedere.
Una tranquilla serata di sesso però si complica. La donna viene picchiata da Richmond, lei si ribella, ferisce il Presidente con un tagliacarte appuntito, ma le guardie del corpo intervengono e freddano la padrona di casa. Un omicidio in piena regola, premeditato, che è bollato come “di protocollo” visto che il Presidente era in pericolo. Luther assiste, come gli spettatori, sbigottito. La prima domanda viene spontanea: ma chi l’ha votato un presidente così apertamente donnaiolo, sadico, bugiardo, ipocrita, traditore dell’amicizia, mandante di assassinii e aspirante strangolatore? Ma non c’è solo lui: anche la fredda Gloria Russell (straordinaria l’interpretazione di Judy Davis), capo dello staff presidenziale, che fa di tutto per tenersi stretta la poltrona (evidentemente non fa parte della lista delle responsabili). Gli occhi di Clint sprigionano tutte le sue perplessità umane e politiche (l’influenza registica di Sergio Leone qui si avverte tutta). La grandezza di Eastwood è quella di un umile artigiano del cinema che plasma il suo film con mani, occhi e tanta intelligenza.
Il sangue scorre copioso, c’è da pulire le prove. Nella fretta di uscire dalla casa, le guardie del corpo si scordano la prova principe: il tagliacarte insanguinato con il Dna del presidente. Luther non si fa sfuggire l’occasione, prende la refurtiva, l’arma del delitto e scappa dalla finestra.
Le guardie lo vedono scappare. Non riescono a fermarlo, ma riescono a leggere la targa della sua auto. Per Whitney la situazione si fa pericolosa. La polizia, guidata dal mastino Seth Frank (Ed Harris), indaga sull’omicidio della donna. Inizia un altro grande film e la caccia ha inizio.
Ogni opera di Eastwood regista parla di un conflitto, ma qui invece ce ne sono ben 3. Quello familiare, scandito dal rapporto con la figlia Kate (Laura Linney). Lui non c’è mai stato per lei, un po’ come nel recente “Il corriere” dove al fianco di Clint c’era la sua vera figlia Allison. Ma lei non sa che il genitore l’ha sempre sorvegliata segretamente. Poi c’è quello verso un ordine gerarchico ben prestabilito. Si vede che Clint è repubblicano: gli piace l’ordine, ma non troppo. Apparentemente è un film ordinato e invece si annida il disordine: il giustiziere è un ladro, che non si fa giustizia da solo, il cattivo un uomo senza palle, debole e vile, passivo, la donna assassinata non è una santa). Infine c’è anche quello (eterno) tra istinto e passione.
“Potere assoluto” svela questo interessante e non secondario dettaglio. Perché secondo il regista bisogna avere razionalità nella vita, ma non bisogna rimanere prigionieri della routine.
Sicuramente l’autoironica sceneggiatura è uno dei punti di forza del film, insieme all’amalgama che Eastwood garantisce insieme a un cast di attori da urlo: i veterani Gene Hackman (prova eccelsa la sua) e Ed Harris, oltre a Richard Jenkins, Dennis Haysbert e Laura Linney in ruoli secondari. Senza dimenticare Judy Davis che tratteggia meravigliosamente la figura della donna di potere.
Secondo Eastwood, il vero problema che già 23 anni fa emergeva è che manca totalmente l’integrità al cittadino oltre che al Presidente.
“Potere assoluto” è come lo specchio di inizio film: tutto è apparenza. Compreso il finale che prende in giro il lieto fine delle fiabe. Al popolo lo scandalo non va rivelato, il presidente non va sputtanato mediaticamente: un gregge di pecore ha bisogno del pastore per andare avanti. Ma Clint dice occhio perché le cattive azioni prima o poi si riflettono e tornano a far capolino. E ti puniscono.
Luther è un ladro e si mette in pericolo per la sua professione. Inoltre la figlia scopre che lo sorveglia in segreto per compensare la sua assenza.
Il Presidente Alan Richmond, per tanti americani un’ottima persona, fa vedere di che pasta è fatto. Il suo amico Walter Sullivan non solo viene cornificato, ma l’uomo di fiducia gli ammazza la seconda moglie. Avere i soldi e mettere le persone a fare cose che non sono capaci, secondo Clint, non significa risolvere tutti i problemi. Potere assoluto non si riferisce solo a quello in mano al Presidente, ma anche a quello di Sullivan e in parte a quello di Luther (relativamente al “controllo” della vita della figlia).
“Siamo troppo vecchi per raccontarci puttanate” – dice il buon Luther. E ha ragione. Una lezione morale da tenere presente. Menomale che c’è Clint Eastwood, quasi sempre garanzia di qualità.
Fonti: comingsoon.it, mymovies.it, Cinematografo.it, Cinematographe.it, Cinemaniaco
Regia * Interpretazioni **** Fotografia **** Sceneggiatura ****1/2
POTERE ASSOLUTO ****
(USA 1997)
Genere: Drammatico, Thriller
Regia: Clint Eastwood
Sceneggiatura: William Goldman
Cast: Clint Eastwood, Gene Hackman, Laura Linney, Ed Harris, Dennis Haysbert, Judy Davies, Richard Jenkies
Durata: 2 ore
Fotografia: Jack N. Green
Prodotto e distribuito da Warner Bros
Tratto dall’omonimo romanzo di David Baldacci
Trailer Italiano qui
La frase: Siamo troppo vecchi per raccontarci puttanate.
Immagine da www.wikipedia.org
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.