I programmi
L’instabilità del gruppo della “opposizione democratica” è dovuta in larga parte ad un grosso fattore di tensione: l’elettorato giovanile. Nel 2007 il gruppo di età 20-24 anni aveva conferito a PO il 55% dei consensi[1], ma già quattro anni dopo la fascia 18-25 anni si era divisa fra un 33% a PO e un 23% al movimento laico e anticlericale di Janusz Palikot.[2] Nel 2015 i due terzi dell’elettorato giovanile erano invece ormai rivolti a partiti di destra.
Le ragioni di questi repentini riorientamenti risiedono evidentemente nell’incapacità delle riforme liberali di PO di mantenere le promesse di un’equa distribuzione della crescita: la diffusione del precariato e la concentrazione dei profitti hanno portato ad una rivolta antisistema che, come in altri Paesi, non ha trovato sbocco a sinistra. Perché? Al di là dell’ombra di “filo-sovietici” che può gravare sulla sinistra polacca tradizionale, la risposta più probabile è che il sistema capitalista viene contestato non in nome di un sistema diverso, ma di un capitalismo con maggiori tutele – quello che, con un’immagine popolare rozza ma efficace, potrebbe essere definito “la botte piena e la moglie ubriaca”.
La destra
Questa rabbia per i costi sociali dell’integrazione economica polacca nel mercato viene sfruttata da PiS per costruire una rilettura storica dell’ultimo trentennio a cui il partito di governo dedica una intera delle quattro sezioni di cui si compone il suo programma elettorale.[3] In questa «diagnosi» si afferma che, nel corso della transizione avviata nel 1989, sono state mutate le forme politiche e le forme economiche ma non sarebbe stato affrontato il problema di come edificare una nuova stratificazione sociale e un nuovo apparato statale non discendenti dal “comunismo”. In questo modo la continuità avrebbe prevalso sul cambiamento, il quale avrebbe riguardato solo la facciata ideologica, per giunta con un’adesione a un liberalismo declinato come “darwinismo sociale” e “nichilismo”. Nella ricostruzione di PiS, questa storia sarebbe stata interrotta dalla loro prima vittoria elettorale, nel 2005, contro cui si sarebbero scatenate le forze antisociali poi tornate al potere nel 2007. In quest’ultimo caso, nonostante gli esponenti del governo non provenissero dal sistema comunista, essi si sarebbero comunque inseriti in quel solco, agendo non per la Polonia, ma per altri Stati (in particolare: la Germania). A questa condizione PiS dà il nome di «tardo post-comunismo».
La cura che PiS propone per questa diagnosi si articola su quattro aree: il rafforzamento del potere statale, la politica economica, la politica di sicurezza e la politica sociale.
Il programma di PiS è riassumibile nella volontà di proseguire, e anzi di estremizzare, gli aspetti fondanti della trascorsa legislatura: l’autoritarismo governativo, il nazionalismo economico e il conservatorismo sociale.
Partiamo dall’economia: negli ultimi anni si è avuto un profluvio di vero e proprio dissanguamento della spesa pubblica con il sostanziale obiettivo di sostenere i consumi. Sono stati istituiti bonus mensili di 500 złoty per tutti i nuovi nati e di 300 złoty per tutti i bambini inseriti in un percorso scolastico; la pensione minima è stata aumentata da 880 a 1100 złoty mensili; è stata introdotta in forma limitata la tredicesima per le pensioni; la più bassa delle due aliquote dell’imposta sul reddito è stata ridotta dal 18% al 17% (l’altra resta al 32%); le persone di età inferiore a 26 anni sono state esentate completamente dall’imposta sul reddito (!); l’età pensionabile è stata riportata a 60 anni per le donne e 65 per gli uomini, abrogando gli aumenti decisi dall’ultimo governo liberale.
Per il futuro, queste spese saranno ulteriormente espanse: pensione minima a 1200 złoty; tredicesima fissa per le pensioni; quattordicesima per le pensioni minime; maggiori collegamenti infrastrutturali per le aree rurali; ulteriori incentivi demografici (ad esempio, farmaci gratuiti per le donne in gravidanza); aumento del finanziamento alla sanità; espansione del programma di gratuità dei farmaci per gli anziani dai 75 anni in su.
Il «modello polacco» rivendicato dal programma PiS si fonda su quattro pilastri: intervento pubblico, stato sociale, economia fondata sulle esportazioni, proprietà del capitale in mani polacche. Ulteriori ingenti spese verrebbero dai piani di digitalizzazione e passaggio al 5G, dalla costruzione di centrali nucleari, da un programma di sviluppo delle città medie e dalla riduzione di dieci punti (dal 19% al 9%) dell’imposta sul reddito aziendale per le piccole imprese. Altre azioni strategiche sarebbero il proseguimento della ripolonizzazione del settore creditizio e la fusione tra i colossi petroliferi Orlen (di cui lo Stato controlla il 27% del capitale) e Lotos (pubblico al 53%).
Come vengono finanziate queste spese?
In parte, confidando nella continua crescita del PIL.
In parte, beneficiando di trasferimenti netti da parte dell’Unione Europea.
Sul tema della politica estera, infatti, il rapporto con la UE viene definito, in modo forse diplomatico e sicuramente ipocrita, come “euro-realista”, distanziandosi tanto dall’eurofobia dell’estrema destra quanto dal c.d. “euro-entusiasmo” del centro-sinistra. Tradotto: stare nella UE prendendone tutti i benefici e non assolvendo ad alcun dovere. PiS si schiera esplicitamente contro l’accoglimento di migranti, contro gli accordi per la neutralità climatica e contro l’euro, pretendendo però in compenso: riparazioni di guerra dalla Germania, oltre 30 miliardi di fondi per l’agricoltura, il mantenimento della libera circolazione, il mantenimento della «identità, tradizione, cultura, modello di vita e costumi»[4] nazionali.
Si propongono inoltre l’intensificazione dei rapporti con gli Stati dell’Europa centrale e orientale, in chiara opposizione a Francia e Germania, e una politica militare autonoma dalla UE e chiaramente bellicista, che prevede l’aumento delle truppe USA (non genericamente NATO, ma specificamente degli Stati Uniti!) sul territorio nazionale, il reclutamento di 150.000 soldati aggiuntivi e la creazione in Polonia orientale di una divisione autonoma che consenta di mantenere alte la tensione con la Russia e la pressione sull’Ucraina.
Ma l’aspetto più preoccupante, e più oltraggioso, non è l’opportunismo in Europa, non sono le brame di guerra fredda, ma la ripugnante politica di indottrinamento culturale.
Che questo sia un importante cemento per il consenso della destra polacca è arcinoto, fin da quando la guerriglia contadina, più ancora che l’esercito di Piłsudski, fu determinante nello scompaginare le linee dell’Armata Rossa durante la guerra del 1920. Il programma elettorale di PiS si apre con la sezione “Valori” e si chiude con quella “Sfide”, entrambe dedicate alla definizione dell’orizzonte ideologico lecito per i polacchi del prossimo decennio. In esse vengono adottate le posizioni delle ali retrive della Chiesa cattolica, distanziandosi tanto dal pensiero democratico quanto dal nazionalismo etnico nazifascista. La nazione polacca è definita come il fondamento del sistema democratico, in evidente polemica anti-UE, e come gruppo non etnico, ma culturale, laddove la cultura peculiarmente identificativa del popolo polacco viene individuata nella combinazione di religione cattolica e comunitarismo.
La Chiesa cattolica viene difesa come il surrogato della nazione polacca nei momenti in cui questa non avrebbe trovato una rappresentanza statale, ossia non soltanto il periodo dell’inesistenza statale (1795-1918), ma anche quello della Repubblica Popolare (1944-1989): «La Chiesa cattolica è depositaria e predicatrice dell’insegnamento morale comunemente riconosciuto in Polonia».[5] Profondamente inquietante è l’affermazione conclusiva, minacciosa e chiaramente rivolta ai non-eterosessuali, ai non-bianchi e ai non-cattolici, secondo cui il riconoscimento della libertà per le minoranze «non deve essere usato contro la società e l’ordine morale».[6] Questi princìpi dovrebbero venire, ovviamente, ben inculcati dalla scuola pubblica, fondata sui pilastri dell’anticomunismo e della «istruzione patriottica» e che promuova «atteggiamenti indipendenti e “critici” della gioventù polacca nei confronti di canali e messaggi culturali, ideologici o controculturali contemporanei».[7]
A tutto ciò si accompagnerebbero il rafforzamento dei poteri del Primo Ministro, dei Presidenti regionali e l’abrogazione dell’immunità per i magistrati.
Il centro
La KO invece sembra non aver compreso la lezione del calo di consensi nell’ultimo decennio. Il suo programma[8] è infatti tipicamente liberale, prevedendo un potente ritiro dello Stato sia dalla sfera economica sia da alcune funzioni di interesse pubblico – un aspetto, quest’ultimo, che presenta innegabili aspetti anti-autoritari: ad esempio separando le funzioni di Procuratore generale da quelle di Ministro della Giustizia. Tuttavia, la depoliticizzazione della magistratura, dei media, dei servizi di intelligence e della vigilanza finanziaria, può dar luogo, secondo le concrete forme di attuazione, ad un pericolo eguale e contrario a quello della dipendenza dalla maggioranza di turno, ossia l’oligopolio capitalista totalmente svincolato da un controllo popolare.
In campo economico si prevedono un forte sostegno alle imprese, l’abrogazione del divieto di commercio domenicale e di alcune norme anticoncorrenza, la riduzione del debito pubblico sotto il 30% entro il 2030 e l’introduzione in Costituzione di una più rigida disciplina fiscale. L’approccio di mercato viene trasferito anche all’ambiente, (che, vista la presenza dei Verdi, dovrebbe avere un trattamento privilegiato) tramite la vendita alle imprese delle quote di emissione di CO2, e alla scuola, che si immagina finalizzata eminentemente all’inserimento aziendale. L’enucleazione dei principi liberali tocca il thatcherismo laddove prevede come integrazione delle pensioni i trasferimenti di quote azionarie di società controllate dal Tesoro, in una forchetta tra i 10.000 złoty dopo 40 anni di anzianità e i 20.000 al raggiungimento dei 50 anni.
La politica estera, infine, è decisamente atlantista e prevede un rapporto privilegiato con la Germania e la Francia.
Il centro-destra
La KP è forse la coalizione che più ha da perdere nel confronto con PiS, per via della composizione rurale del suo elettorato. Nel 2015 il PSL ottenne il 5,1%, superando dunque per un solo decimo di punto la soglia di sbarramento: il risultato fu il minimo storico, e se all’epoca votava PSL ancora il 20% degli agricoltori, contro il 51% per PiS, alle europee tutta la KE ha ottenuto tra i contadini solo il 18% a fronte del 72% per la destra. Da allora, PiS ha ottenuto un ulteriore innegabile successo, ossia la nomina per il Commissariato UE all’Agricoltura di un esponente polacco, per giunta proveniente da una scissione di destra del PSL[9] ora integrata tra gli ultraconservatori.
L’alleanza con Kukiz, ossia l’unione tra ruralismo e culto della democrazia diretta, ha prodotto un programma[10] fondato sulla decentralizzazione, che unisce a sensazionali richieste lobbistiche a vantaggio dei contadini (come l’IVA allo 0% sui cibi biologici, o il rimborso completo delle accise sul carburante per uso agricolo) concessioni tipiche del programma di Kukiz: una legge elettorale mista, che elegga la metà dei deputati con il proporzionale e la metà in collegi uninominali; la possibilità di voto via web; l’elezione popolare del Difensore civico, del Procuratore generale, di esponenti del Consiglio nazionale della magistratura e dei giudici di pace nelle comunità locali; la possibilità di revoca popolare del mandato di un deputato; l’indizione obbligatoria di un referendum per il quale sia stato raccolto un milione di firme; l’abbassamento al 30% della soglia di affluenza che renda vincolante un risultato referendario; la trasformazione del Senato in Camera delle Autonomie.
I programmi di PiS, di KO e del PSL condividono infine, tutti, tre punti:
L’aumento della spesa pubblica nella forma di detassazioni e decontribuzioni.
L’introduzione di nuovi fondi o assicurazioni per gli agricoltori.
La produzione privata di energia (rivendibile sul mercato, nel caso di KO).
L’estrema destra
L’ultradestra, da ultimo, si segnala per unire l’estremismo fiscale a quello sociale, proponendo l’abolizione dell’obbligo di contribuzione previdenziale e dell’imposta sul reddito, l’opposizione alla fissazione di un salario minimo (necessità riconosciuta invece da tutte le altre forze), la liberalizzazione delle armi, la reintroduzione della pena di morte e una rigidissima opposizione all’aborto, all’immigrazione, alla “propaganda omosessuale” e alle azioni di risarcimento intraprese da famiglie ebraiche contro lo Stato polacco per la mancata restituzione delle proprietà confiscate durante la guerra.[11]
Per la destra estrema, en passant, è interessante notare l’ampio scarto di consensi tra elettori ed elettrici: 7% nel primo gruppo, 3% nel secondo. Probabilmente la maggior quota di uomini è dovuta all’ammirazione per Korwin-Mikke, misogino di lunga data nonché 77enne sposato con una donna di 33 anni. Si capisce anche perché PiS proponga di combattere la “crisi demografica” (quale?) con la «cultura dell’autostima».[12]
E la sinistra?
Il programma della Lewica[13] propone invece un’opposizione tanto alle prospettive di PiS quanto a quelle di KO. Parafrasando la destra, che dichiara di rifiutare gli estremi opposti dell’individualismo e del collettivismo, il programma rifiuta tanto il radicalismo chic quanto il conservatorismo populista.
I tre pilastri fondativi del programma della sinistra risultano:
L’aumento delle prestazioni sociali e dei diritti sociali.
La lotta al clericalismo.
La tutela della memoria storica.
Sul primo aspetto viene decisamente respinto l’approccio particolarista – ad esempio, si propone un’assicurazione universale per gli agricoltori con lo scopo dichiarato di sostituire l’attuale sistema di sovvenzioni speciali. Nel dettaglio gli aspetti più interessanti riguardano – oltre alla fissazione di un salario minimo che salga gradualmente al 60% del salario medio nel settore privato – l’estensione dei diritti costituzionali del lavoro a tutte le tipologie di lavoratori, il contrasto allo sfruttamento degli stagisti e, non meno importante, l’aumento dall’80% al 100% del livello di retribuzione salariale nei giorni di malattia.
Sul secondo punto vengono proposte norme condivise anche dal programma della KO, quali l’introduzione dell’educazione sessuale nell’insegnamento scolastico, il rimborso di tutti i contraccettivi compresi quelli di emergenza, la copertura statale della fecondazione in vitro, le unioni civili (anche per le coppie omosessuali). Oltre a questo, la Lewica si spinge più avanti proponendo: l’abolizione dell’obiezione di coscienza per medici, infermieri, ostetriche e farmacisti; l’abolizione del finanziamento statale alla Chiesa cattolica; la fine di tutti i privilegi fiscali per le confessioni religiose, che verrebbero assoggettate al regime fiscale previsto per le Ong; la legalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza senza vincoli fino alla dodicesima settimana e, dopo tale termine, in caso di gravi malformazioni del feto o di rischio per la salute della madre.
Riguardo la memoria storica, infine, si chiede: un processo agli esponenti di PiS responsabili di aver violato la Costituzione riguardo le nomine dei giudici costituzionali; l’abolizione dell’Instytut Pamięci Narodowej (IPN, Istituto per la memoria nazionale)[14] e la suddivisione dei suoi compiti tra Accademia delle Scienze o Archivio di Stato (per la ricerca) e Procure (per la funzione investigativa); la creazione di un Museo di storia del popolo polacco che ricostruisca e recuperi la memoria delle classi inferiori e delle lotte sociali.
Tutti i partiti ad eccezione dell’estrema destra, infine, promettono: l’aumento del finanziamento alla sanità e del numero dei medici (la cui carenza ha determinato una grave crisi dei servizi sanitari); il mantenimento dei bonus familiari 500+ e 300+ istituiti da PiS; l’aumento dei posti negli asili nido.
Verso il risultato elettorale e oltre
I sondaggi delle ultime due settimane fotografano le seguenti forchette: PiS 42-49%, KO 23-29%, Lewica 12-14%, PSL-KP 4-8%, Konfederacja 3-5%.
In questo contesto non è improbabile che PiS mantenga la maggioranza assoluta alla Camera bassa e resti quindi in grado di formare autonomamente il governo. Del resto, le alternative presentano rischi: una maggioranza PiS-PSL, per esempio, potrebbe rafforzare per molti anni il dominio della destra sulle campagne e quindi su tutto il Paese, mentre una maggioranza composita di tutta l’opposizione democratica rischierebbe di disperdere il voto di protesta che oggi sembrerebbe premiare la sinistra e che potrebbe tornare invece sulla destra estrema.
Non dimentichiamo che se la sinistra superasse il 13% conseguirebbe il migliore risultato dopo il crollo di consensi del 2002. Per l’ultimo dibattito elettorale la coalizione ha presentato come proprio rappresentante Adrian Zandberg, il leader di Razem che vincendo il dibattito quattro anni fa provocò la fatale divisione di voti a sinistra. Ironia del destino, Zandberg ha vinto il dibattito anche quest’anno e ciò potrebbe comportare un surplus di consensi alla lista unitaria.
In più, se il Sejm può essere una facile preda per PiS, il contrario potrebbe dirsi del Senato, composto da 100 eletti in collegi uninominali. Per la Camera alta i tre ex Presidenti della Repubblica Wałęsa, Kwaśniewski e Komorowski[15] hanno fatto un appello al “voto utile” che, unendosi ai già vigenti accordi di desistenza potrebbe facilmente negare la maggioranza alla destra. È vero che il Senato ha poteri limitati, ma il respingimento seppur provvisorio della legislazione costituirebbe una forte occasione di logoramento e di discussione pubblica.
Anche perché dietro l’angolo c’è un altro importantissimo appuntamento: le elezioni presidenziali a maggio 2020. Qui Duda correrà per il secondo mandato, provando a sfatare una maledizione (solo Kwaśniewski riuscì a bissare l’elezione, nel 2000). Se il candidato del centro fosse, come sembra, Donald Tusk, la sua impopolarità potrebbe favorire al primo turno un buon risultato di Robert Biedroń per la sinistra. La facilità con cui è stato trovato l’accordo per la coalizione Lewica e il fatto che Biedroń non sia candidato al Parlamento fanno pensare che vi sia già il piano di presentarlo per la massima magistratura.
- https://www.rp.pl/artykul/661666-PiS-i-PO-beda-walczyc-o-mlodych-wyborcow.html ↑
- http://www.tvpparlament.pl/aktualnosci/po-wygrywa-wybory/5437150 ↑
- http://pis.org.pl/media/download/d11362ba5b8df458ba7d5873a4aac4f2d015c7a7.pdf ↑
- Id., p. 185. ↑
- Id., p. 15. ↑
- Id., p. 211. ↑
- Id., p. 134. ↑
- https://koalicjaobywatelska.pl/files/Twoja-Polska-Program-Koalicji-Obywatelskiej.pdf ↑
- Il “PSL-Piast”, così chiamato in riferimento alla dinastia medievale dei Piast che regnò sulla Polonia. ↑
- https://www.psl.pl/wp-content/uploads/2019/09/PROGRAM_PSL_2019.pdf ↑
- https://www.radiozet.pl/Co-gdzie-kiedy-jak/Konfederacja-program-wyborczy-polityczny-gospodarczy-2019 ↑
- http://pis.org.pl/media/download/d11362ba5b8df458ba7d5873a4aac4f2d015c7a7.pdf , p. 16 ↑
- https://lewica2019.pl/images/media/Program_Lewicy.pdf ↑
- Costituito per legge nel 1998, l’IPN è un ente pubblico incaricato non solo di compiere attività di ricerca e documentazione su crimini commessi contro la nazione polacca durante e dopo la Seconda guerra mondiale, ma anche di processarne penalmente i responsabili. Nel 2016 il governo di PiS ha conferito all’IPN il potere di opporsi alle pubblicazioni “antinazionali” e annullato l’influenza di università e magistratura sull’Istituto, ora del tutto dipendente dal governo. Sotto la nuova direzione governativa l’IPN ha condotto invasive campagne di “decomunistizzazione” della memoria e di negazione della corresponsabilità di cittadini polacchi nel genocidio ebraico. ↑
- Wałęsa, leader di Solidarność, fu eletto nel 1990, battendo al ballottaggio l’imprenditore populista Tymiński. Kwaśniewski, ex dirigente del PZPR, come candidato della SLD sconfisse Wałęsa al ballottaggio nel 1995 e fu rieletto al primo turno nel 2000. Komorowski, di PO, fu eletto nel 2010 battendo al ballottaggio Jarosław Kaczyński ma è stato sconfitto a sorpresa dall’attuale Presidente Andrzej Duda nel 2015. ↑
Immagine di Łukasz Bień (dettaglio) da Wikipedia Commons
Nato a Firenze nel 1989. Laureato in Scienze storiche (una tesi sul thatcherismo, una sul Risorgimento a Palazzuolo di Romagna), lavoro nel settore dei servizi all’impresa. Europeista e di formazione marxista, ho aderito a Italia Viva dopo quattordici anni in DS e PD.