Omar Samura è un giovane ragazzo di origine gambiana, ha dovuto lasciare il suo paese nel 2014 ed è giunto in Italia. Avendo ottenuto il riconoscimento della protezione per motivi umanitari è entrato a far parte del progetto Sprar di Empoli, che si è concluso recentemente. Ha ottenuto la certificazione B1 di italiano L2, ha superato l’esame di teoria della patente e ora a breve proverà l’esame di guida pratica, ha lavorato come aiuto-cuoco e pizzaiolo presso un ristorante/pizzeria in Piazza Annigoni a Firenze.
Omar, perché ti sei sentito costretto a lasciare il tuo paese di nascita? Che situazione politica c’è laggiù?
Ho lasciato il mio paese perché vi è la dittatura, il sistema politico è pessimo e non c’è un barlume di speranza per i più giovani, perché le persone che sono al governo sono molto corrotte e violano i diritti umano. Inoltre non c’è libertà di parola.
I tuoi familiari adesso dove sono?
Alcuni membri della mia famiglia vivono ancora in Gambia, mentre altri sono fuori del paese.
Puoi raccontarci qualcosa del tuo viaggio per arrivare in Italia?
Durante il mio viaggio ho attraversato cinque paesi: Senegal, Mali, Burkina Faso, Niger, Libia. Ma dal Niger alla Libia ho trascorso due settimane nel deserto e questa è stata l’esperienza più dura e difficile della mia vita: dovevo stare senza acqua, senza cibo, senza comunicazione. Ero disperato, avevo paura perché alcune persone che erano nella mia stessa situazione erano morte di stenti e io non sapevo dove andare in mezzo a tutto quel deserto. Per fortuna sono riuscito a trovare il primo villaggio della Libia e, grazie a Dio, sono potuto rimanere lì lavorando con il mio zio, ma poi lui è stato assassinato. Anche le condizioni in Libia, a livello di diritti umani, sono precarie e ho dovuto lasciare anche quel paese.
Come sei arrivato in Italia? E cosa è successo una volta approdato sulle coste italiane?
Come sono arrivato in Italia è molto imbarazzante! [Sorride malinconico] La nostra barca ha avuto un problema al motore, noi non sapevamo dove fossimo in quel momento, in mezzo al mare. Le donne e i bambini piangevano dalla paura e dalla disperazione, tutti quanti ci aspettavamo la morte. A un certo punto uno di noi ci ha dato la speranza di poter sopravvivere a quel mare. Allora, incoraggiati dalle sue parole, abbiamo cominciato tutti a buttare in acqua i nostri averi: zaini, cibo, vestiti, benzina, tutto quello che avevamo sulla barca, per alleggerirne il peso. Alla fine siamo riusciti a sbarcare e ad approdare in Italia.
Come è stato l’approdo sulle coste italiane, cosa è successo?
Siamo sbarcati al Porto di Salerno il 19/07/2014, siamo rimasti qualche ora lì, poi ci hanno trasferiti qui a Firenze.
Quali erano le tue aspettative prima di venire qui e l’Italia era il paese in cui volevi arrivare o avevi in mente altre mete europee?
Il mio piano era venire in Europa, avevo urgenza di lasciare il mio paese e poi la Libia, quindi in ogni caso dovevo partire, era un’urgenza per me. Ed è tuttora per questo che sono qui, perché ho voglia di costruire qui il mio futuro. Se dovessi lasciare l’Italia tornerei nel mio paese, qualora le condizioni lo permettessero, ma al momento non penso di poter lasciare l’Italia, mi sto costruendo delle relazioni e cercando un lavoro.
Tu sei entrato dentro lo Sprar di Empoli. Come è stata la tua esperienza, dal punto di vista del rapporto con gli operatori e le operatrici, con gli altri beneficiari del progetto, dal punto di vista delle attività e dei servizi che vi hanno fornito…?
Io sono entrato allo Sprar di Empoli nel 2018. È stato un percorso molto positivo per me, ho avuto la possibilità di imparare l’italiano, ho fatto un po’ di corsi come aiuto cuoco e dei corsi di italiano L2. All’inizio è stato piuttosto difficile, ma grazie ai e alle nostre insegnanti e ai/alle nostri e nostre operatori/operatrici sono riuscito a superare le difficoltà iniziali. Ci hanno aiutato molto e sono rimasto molto contento di questo. Tutto quello che hanno fatto per noi e anche a livello personale e umano dal mio punto di vista è stato molto prezioso, importante. Ora riesco a relazionarmi con le persone con maggior disinvoltura e questo per me è fantastico.
So che durante il percorso all’interno del progetto Sprar tu hai svolto anche alcuni stage/tirocini presso attività di ristorazione. Puoi dirci qualcosa di quelle prime esperienze lavorative in Italia? Ti sei sentito accolto e apprezzato da titolari e personale?
In realtà quando ho fatto lo stage come aiuto-cuoco presso ristoranti le persone non si sono dimostrate troppo aperte nei miei confronti, ma non tutti, alcuni sono stati molto disponibili. In ogni caso ho imparato molte cose come aiuto-cuoco e pizzaiolo.
Cosa ti manca maggiormente del tuo paese? Cosa apprezzi di più dell’Italia e invece cosa ti piace meno?
Mi mancano un sacco di cose del mio paese, prima di tutte la mia famiglia, i miei fratelli, le mie sorelle, i miei amici, mia madre, mio padre… mi manca tutto. Non sono ero mai solo nel mio paese, invece qui per un bel po’ di tempo mi sono sentito solo, ma credo sia normale
Ti è mai capitato, a te o a qualche altro ragazzo non italofono, di subire degli atteggiamenti discriminatori e razzisti?
Certo, un sacco di volte. Mi è successo di subire discriminazione o avvertire dei pregiudizi nei miei confronti o dover subire atteggiamenti di rifiuto, xenofobi. Non ho mai reagito in questi casi, perché so che in qualsiasi paese ci sono persone buone e persone meno buone.
Ti sei fatto un’idea del sistema di accoglienza italiano? Secondo te è migliorabile, quali sono i suoi punti più deboli?
La mia idea del sistema di accoglienza è generalmente buona, ma so bene che ancora bisogna fare molti più passi in avanti.
Quali sono i tuoi prossimi progetti/desideri per il futuro?
Mi piacerebbe avere un buon lavoro. Vorrei che nel mio futuro non dipendessi da nessuno. Voglio dipendere solo da me stesso, essere autonomo, anche economicamente, anche nella prospettiva di poter avere una famiglia mia.
Immagine: Paul Nash, Cumulus head (1944)
Nata a Firenze nel 1988, sono una studentessa iscritta alla magistrale del corso di studi in scienze filosofiche. Mi sono sempre interessata ai temi della politica, ma inizialmente da semplice “spettatrice” (se escludiamo manifestazioni o partecipazioni a social forum), ma da quest’anno ho deciso, entrando a far parte dei GC, di dare un apporto più concreto a idee e battaglie che ritengo urgenti e importanti.