Articolo di Riccardo Chiari da il manifesto del 6 giugno 2019
Il motivato stop dei giudici amministrativi della Toscana alle “zone rosse” di Firenze, ritenute apertamente anticostituzionali, e le decisioni dei tribunali civili della stessa Firenze, di Bologna e di Genova, che in base alle leggi oggi in vigore hanno autorizzato i richiedenti asilo ad essere iscritti all’anagrafe, hanno fatto infuriare Matteo Salvini.
Il vicepremier e ministro dell’interno, in risposta, ha annunciato il ricorso al Consiglio di Stato contro il provvedimento del Tar di Firenze; altri ricorsi sulle sentenze che permettono l’iscrizione all’anagrafe dei migranti; ma soprattutto un ricorso all’Avvocatura dello Stato “per valutare se i magistrati che hanno emesso le sentenze avrebbero dovuto astenersi, lasciando il fascicolo ad altri, per l’assunzione di posizioni in contrasto con le politiche del governo in materia di sicurezza, accoglienza e difesa dei confini”. Un concetto ribadito la sera in tv al programma Otto e Mezzo su La7.
Le mosse del Viminale fanno tornare alla mente momenti bui delle recente storia italiana, come la delegittimazione messa in pratica dai media di casa Berlusconi ai danni del giudice Raimondo Mesiano, reo di aver condannato la Fininvest nelle pieghe del processo sul lodo Mondadori.
Questo caso appare ben più grave, perché ad agire è una istituzione statale che, nei fatti, avvia un “dossieraggio” contro magistrati considerati scomodi. Non altrimenti è possibile giudicare la decisione di Salvini di far analizzare le uscite pubbliche dei magistrati firmatari delle sentenze, e i loro rapporti di “vicinanza e collaborazione con chi difende gli immigrati contro il Viminale”.
Il calcolo politico del leader della Lega, in un momento in cui l’Associazione nazionale magistrati e lo stesso Consiglio superiore della magistratura vivono giorni difficilissimi, a causa di ben altre, gravi vicende, è evidente. Ma l’Anm reagisce comunque: con un documento approvato all’unanimità, l’organo sindacale dei magistrati chiede “che il Csm effettui tutti i passaggi necessari a tutela della collega Luciana Breggia, presidente della sezione specializzata in materia di immigrazione del Tribunale di Firenze, e dell’autonomia e indipendenza della giurisdizione”.
Nel ripercorrere la vicenda, l’Anm denuncia: “In seguito a un provvedimento collegiale che ha dichiarato inammissibile il reclamo del ministero dell’interno, si è ipotizzato l’intento ‘politico’ del giudice diretto a disapplicare norme di legge, a fronte di un provvedimento sgradito. La critica non si è rivolta quindi al contenuto del provvedimento, ampiamente motivato, ma alle supposte ‘idee politiche del giudice’ e alla sua partecipazione a convegni, peraltro di carattere scientifico, in ragione dei partecipanti e dei relatori evidentemente loro sgraditi”.
Il documento dell’Anm richiama sul caso anche un post pubblicato su Facebook dallo stesso Salvini, che “riportando un articolo de ‘Il Giornale’ che contiene i medesimi attacchi alla persona del giudice, è stato seguito da commenti contenenti insulti e minacce che non risultano essere stati rimossi”.
Ma di cosa dovrebbero essere “colpevoli” Luciana Breggia ma anche Matilde Betti, presidente della prima sezione del tribunale civile di Bologna? Soprattutto Breggia di aver detto in una intervista a Famiglia Cristiana che i Centri di accoglienza straordinaria sono un “limbo di insicurezza”, e che “le leggi che costituiscono il diritto non sempre vanno nella direzione della giustizia”, ricordando le leggi razziali. Poi di essere stata relatrice alla presentazione del libro “’L’attualità del male, la Libia dei lager è verità processuale”, scritto dall’avvocato Maurizio Veglio che collabora con l’Asgi, al fianco della portavoce di Mediterranea, Alessandra Sciurba.
Quanto allo stop del Tar toscano alle “zone rosse” fiorentine, dopo un ricorso dell’Aduc sul caso di Matteo Innocenti, attivista di Pap denunciato per possesso di cannabis e per questo considerato “pericoloso”, è la stessa associazione a tirare le somme dopo il ricorso del Viminale al Consiglio di Stato: “Stato libero di Bananas? E’ il primo pensiero che viene in mente, ma vogliamo credere e sperare che non sia così. Perché ancora crediamo che l’Italia sia uno Stato di diritto, coi poteri separati e l’autonomia di ogni potere rispetto agli altri”.
L’associazione infine ricorda: “A noi preme la sicurezza di tutti, e ci preme che possa essere preservata a partire dai diritti costituzionali degli individui, quelli che la sentenza del Tar della Toscana ha evidenziato essere stati violati con l’ordinanza della Prefetto di Firenze. Preservando i diritti individuali, le autorità dovrebbero essere in grado di preservare anche i diritti della collettività. Altrimenti si passa dallo Stato di diritto a quello di Polizia”.
Immagine da www.torange.biz
Giornalista de il manifesto, responsabile della pagina regionale toscana del quotidiano comunista, purtroppo oggi chiusa. Direttore di numerosi progetti editoriali locali, fra cui Il Becco.