Le trattative tra i partiti nelle settimane precedenti il voto per il Presidente della Repubblica hanno mostrato un ritorno della spuria polarizzazione di quindici-vent’anni fa.
Da un lato, infatti, si è assistito a un iniziale consolidamento della coalizione di centro-destra. Esso è stato mosso non solo dalla necessità di non dissestare i legami tra i partiti – già deboli dopo tre maggioranze diverse (Conte / Conte II / Draghi) – in vista delle elezioni politiche, ma anche dal tentativo di accreditarsi come maggioranza relativa in Parlamento e rivendicare quindi il diritto a proporre un Capo dello Stato proveniente dalla propria area politica.
Dall’altro lato, il gruppo PD-M5S-A1 ha risposto con un analogo intento unitario, che però non è la sola cosa ad essere stata espressa dal triplice tweet Letta-Conte-Speranza[1]: questo, proprio come i comunicati dei vertici del centro-destra, ha mostrato semmai una facciata di stucco a coprire un’impalcatura quanto mai disunita – prova ne sia che nessuno di quei tre partiti sembrava avere un’unità interna sul nome del Presidente: né il PD[2], né il M5S[3] e nemmeno il piccolo Articolo Uno, con Speranza a sostegno di Draghi ma Bersani e D’Alema orientati su Amato.
In mezzo a questi due poli teoricamente vi sarebbe una pattuglia centrale, non però equidistante: Italia Viva e la federazione Azione-Più Europa tendono a schierarsi col centrosinistra (a cui però non riconoscono l’appartenenza del M5S), mentre Noi con l’Italia e Coraggio Italia partecipano regolarmente ai vertici del centro-destra.
Al di là di questa spinta ad accordarsi anche in assenza di una condivisione politica – spinta rivendicata candidamente da Andrea Orlando un anno fa, durante la crisi del Conte bis, quando disse che per il PD l’alleanza col M5S era vitale per poter essere competitivi contro il centro-destra – le coalizioni appaiono però “finte”, come le ha definite Renzi; quella che ha ottenuto la maggioranza relativa alle elezioni del 2018 da allora non è neppure riuscita a stare tutta insieme dentro un governo.
Più che le coalizioni, che a differenza del bipolarismo degli anni Novanta e Duemila oggi si sciolgono e si ricompongono più volte in Parlamento, le unità fondamentali del confronto politico sono dunque i partiti – sia pure nella loro cronica debolezza, nell’assenza di una qualsiasi razionale selezione dei gruppi dirigenti e nella dipendenza dal finanziamento privato: ma, come per Marx «l’umanità si pone sempre e soltanto quei problemi che essa è in grado di risolvere»[4], così evidentemente la società italiana si dà quel sistema politico da cui essa si sente servita.
Dunque, in che rapporto stanno oggi i partiti con la società italiana e con le sue diverse articolazioni?
Di recente sono stati pubblicati due rapporti che ci aiutano a farcene un’idea. Il primo è lo scenario politico di fine anno, effettuato tramite una rilevazione Ipsos e pubblicato sul «Corriere della Sera» il 31 dicembre.[5] L’altro è il resoconto fornito dal Dipartimento delle Finanze riguardo le scelte dei contribuenti sulla destinazione del 2 per mille sui redditi 2020.[6]
Chi dona l’IRPEF ai partiti?
È utile anzitutto partire dai dati sul 2‰ per profilare le fasce contributive che decidono di destinare parte dell’imposizione fiscale ai partiti (e quali).
Prendendo in esame le formazioni oggetto della rilevazione Ipsos possiamo ricavare dai dati del fisco il reddito medio dei contribuenti che destinano il 2‰ a ciascun partito, premettendo i seguenti disallineamenti:
1. Il M5S, ovviamente presente nello studio Ipsos, non ha richiesto di beneficiare del contributo fiscale;
2. Esistono due formazioni leghiste che ricevono il 2‰: Lega Nord per l’Indipendenza della Padania e Lega per Salvini Premier. Ai fini del presente articolo sono stati ricalcolati i dati unitari aggregati.
3. Articolo Uno e Sinistra Italiana, che ricevono singolarmente i contributi fiscali, sono stati considerati da Ipsos sotto la sigla unitaria Liberi e Uguali.
Il primo dato che balza all’occhio riguarda la platea dei contribuenti. Circa i tre quarti di essi dichiarano un reddito fino a 26.000 euro annui[7]; per quasi tutte le maggiori forze politiche, però, il contribuente medio si situa al di sopra di tale soglia. Naturalmente è probabile che la media accentui il peso delle contribuzioni più alte, e meglio sarebbe conoscere l’elemento mediano, ma anche in questo caso è evidente che il 70-75% inferiore dei contribuenti è almeno parzialmente escluso dalla partecipazione al finanziamento ai partiti.
Passando a trattare i singoli partiti, come evidenziato dalla figura sopra il PD continua a fare la parte del leone, raccogliendo da solo il 37% dell’importo totale (a fronte di un 34% delle scelte effettuate). Oltre alle variazioni più importanti rispetto alle precedenti dichiarazioni sui redditi 2019, già riportate dalla stampa – ossia l’arretramento del PD e il sorpasso di Fratelli d’Italia sulla Lega[8] – si nota una sovrarappresentazione dei partiti di sinistra (ad esempio Rifondazione Comunista e i Verdi) rispetto ai consensi registrati negli ultimi appuntamenti elettorali. Poiché gli importi non si discostano dalla fascia contributiva dei maggiori partiti – il contribuente medio di Rifondazione ha un reddito di 21.620 euro, 1300 sotto la Lega che presenta il dato più basso fra i partiti Ipsos – se ne conclude che a fare la differenza per i partiti di sinistra è la diversa visione dell’impegno civico e del rapporto con lo Stato.
Per quanto riguarda il PD, infine, è difficile da questi dati dire se il calo di circa 33.000 scelte (pari a circa 521.000 euro) sia una conseguenza dell’elevata età anagrafica del suo elettorato oppure se abbia una relazione con gli aumenti dei partiti sia a sinistra (A1-SI guadagnano 23.000 scelte per 106.000 euro) sia al centro (Italia Viva e Azione guadagnano 8.000 scelte per 238.000 euro).
I fattori del voto: economia e scolarità
La rilevazione Ipsos consente di passare a un livello di maggiore dettaglio. Lo studio ha analizzato gli orientamenti di voto suddividendo l’elettorato in categorie sulla base di alcune variabili (età, titolo di studio, professione, condizione economica…) e fornendo in base ad esse la composizione dell’elettorato di ciascun partito. Poiché viene indicata anche la percentuale di consenso di ciascun partito sul totale degli elettori, inclusi gli astenuti, è possibile ricavare i consensi all’interno dei votanti di ogni singola categoria (tenendo a mente l’imprecisione insita nel fatto che la rilevazione non ha sondato o non ha fornito i dati sugli elettori di partiti “Altri” rispetto agli otto censiti).
Un primo dato è quello sulla partecipazione elettorale. Le persone di condizione economica rilevata come bassa, medio-bassa o media costituiscono il 66,8% dell’elettorato. In questo aggregato gli elettori che esprimono una preferenza costituiscono il 49,4%, ossia meno della metà. Fra gli elettori di condizione economica medio-alta o alta, invece, il dato è del 67,4%. Esattamente come nella contribuzione fiscale, si osserva dunque che i redditi più alti partecipano maggiormente alla vita dei partiti. Un’ulteriore conferma la si ha scorrendo in ordine decrescente i tassi di espressione del voto sulle varie categorie professionali: al vertice troviamo imprenditori, liberi professionisti e dirigenti (66,9%), seguiti da commercianti, artigiani e autonomi (63,4%), impiegati e insegnanti (62,3%), operai (58,2%), studenti (52,7%), disoccupati e inoccupati (52,6%), pensionati (49,6%) e casalinghe (48,2%).
Osservando il consenso ai partiti in funzione della condizione economica degli elettori, notiamo alcune aggregazioni di partiti con una simile dinamica socio-elettorale.
1. Il centrosinistra illuminato.
Il partito principe di questo gruppo è senza dubbio il Partito Democratico: non solo in quanto partito dominante dei consensi dell’area (ne rappresenta da solo l’84%), ma anche perché è l’unico partito italiano con una tendenza di perfetta proporzionalità diretta fra condizione economica e consenso, crescendo dal 14,5% nella fascia di reddito minima fino al 30,2% di quella massima.
Simile a quella del PD è la struttura di consenso di altri due partiti: Italia Viva, che però presenta un picco intermedio o, meglio, un avvallamento presso i ceti medio-alti; Azione, che però rispetto a Italia Viva è più debole nelle due fasce estremi e più forte presso i ceti medio-bassi, medi e medio-alti.
2. Liberi e Uguali, che pure per alcuni aspetti potrebbe essere associato al gruppo precedente, si distingue rispetto ad esso perché non presenta una qualche proporzionalità in base alla condizione economica, qualificandosi invece come partito dei ceti medi, insediato con minime variazioni nelle tre fasce centrali e meno rappresentato ai due estremi della scala sociale.
3. Forza Italia, che è l’unico partito chiaramente interclassista, sia pure con una certa prevalenza nel gruppo di condizione economica bassa/medio-bassa/media (quello che abbiamo visto essere il più escluso dalla vita dei partiti).
4. La destra sovranista. I consensi di questa parte sono suddivisi quasi a metà fra Lega e Fratelli d’Italia, che presentano anche una simile struttura di consenso su base sociale.
Per quanto riguarda la Lega, nel gruppo basso/medio-basso/medio, quello degli “esclusi” (“i dimenticati”, li avrebbe definiti Trump) presenta una proporzionalità inversa rispetto al reddito, dopodiché torna ad accrescere i propri consensi nel gruppo medio-alto/elevato.
Del tutto analogo l’insediamento di Fratelli d’Italia, però con una significativa eccezione: fra gli “esclusi” il picco di consenso non è, come per la Lega, nella fascia inferiore, bensì tra gli elettori di ceto medio-basso. Si trova qui quel fenomeno, evidente anche dalle analisi del voto in alcune città italiane, per il quale le zone più periferiche e disagiate ancora non riconoscono nella destra di origine missina una forza politica che possa difenderle (o, almeno, non quanto la Lega).
5. Infine, il M5S che si presenta chiaramente come IL partito degli esclusi, con una cesura netta fra questo gruppo e quello medio-alto/elevato e con pochissime variazioni interne ai due macro-gruppi.
Quasi gli stessi gruppi si ritrovano se dalla condizione economica si passa ad analizzare un’altra variabile che nei Paesi occidentali ha acquisito sempre maggiore correlazione con l’orientamento di voto: il livello di scolarità. In questo caso il forte divisorio nell’affluenza si situa tra la licenza media e il diploma: per chi non ha conseguito il diploma (49% degli elettori) il tasso è del 51%, mentre sale al 60% nell’aggregato di diplomati e laureati.
Le dinamiche partitiche interne sono simili a quanto visto in precedenza:
1. Il centrosinistra illuminato (PD, Azione, IV e in questo caso anche LeU) presenta un consenso direttamente proporzionale al livello di scolarità (e nel caso di LeU particolarmente pronunciato fra i laureati).
2. Il M5S si caratterizza come il partito dei non laureati, con una punta di consenso fra i diplomati.
3. All’opposto, Forza Italia presenta un’eguale forza tanto fra i non diplomati quanto fra i laureati, accusando invece una debolezza nel gruppo intermedio.
4. La destra sovranista (Lega, FdI) ha un consenso inversamente proporzionale al livello di scolarità; Fratelli d’Italia, tuttavia, ha un risultato comparativamente migliore nella fascia dei diplomati.
Conclusioni
Non è difficile trarre le conclusioni di questa rassegna.
Per quanto riguarda i partiti di centrosinistra, essi sembrano essere a prima vista le forze dei garantiti, ma più propriamente rappresentano non tanto i garantiti quanto le persone che possiedono gli strumenti culturali per orientarsi nel mondo odierno e che riescono a trarne un vantaggio (anche solo in termini di non scivolamento all’indietro, o di minore scivolamento all’indietro rispetto al resto del corpo sociale). Questa valutazione, naturalmente, è indipendente dall’opinione che si può nutrire sul campo del centrosinistra e della sinistra: Marx era laureato e figlio di un avvocato, Engels un ufficiale prussiano in attesa di ereditare le fabbriche di famiglia, Lenin in «Che fare?» ammette senza problemi che «in Russia la dottrina teorica della socialdemocrazia sorse del tutto indipendentemente dallo sviluppo spontaneo del movimento operaio; sorse come risultato naturale e inevitabile dello sviluppo del pensiero fra gli intellettuali socialisti rivoluzionari».
La destra sovranista, all’opposto, riceve il consenso di una coalizione composita: da un lato ceti di elevata condizione economica (probabilmente più riguardo il patrimonio e il tenore di vita che riguardo il reddito), seppure non di elevata istruzione; dall’altro lato, le fasce inferiori della società, ovvero coloro che nel mondo odierno non hanno né gli strumenti culturali per orientarsi né quelli economici per affermarsi (ciò sembra essere soprattutto il caso della Lega).
Il Movimento 5 Stelle, che un tempo aveva espresso meglio degli altri partiti detta estraneità al mondo, ha percorso negli ultimi anni una torsione che sembra avergli alienato il consenso di una parte dei ceti inferiori: ad oggi sembra esprimere le esigenze soprattutto di coloro che hanno un’istruzione non così alta da poter restare a galla con le sole proprie forze, ma neppure così bassa da poter accettare condizioni lavorative a basso costo.
Forza Italia risulta l’opposto del M5S proprio perché ha perso per strada il gruppo al quale nel 1994 aveva promesso «un nuovo miracolo italiano» dopo la frana, nella tempesta finanziaria del ’92-’93, del peculiare welfare state di marca democristiana. Transitato al M5S questo gruppo circa dieci anni fa, oggi Forza Italia resta veramente quella «emulsione tra liberalismo e populismo» descritta dal prof. Giovanni Orsina nel suo lucido Il berlusconismo nella storia d’Italia.
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https://www.adnkronos.com/quirinale-tweet-fotocopia-per-letta-conte-e-speranza-mossa-social-dopo-vertice_2D5k8F3W8j50zAvXpEBLpe ↑
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https://www.corriere.it/politica/elezioni-presidente-repubblica-2022/notizie/quirinale-pd-idee-febbrili-in-ordine-sparso-futuro-draghi-5225075a-7898-11ec-a8ac-96a31330ed9e.shtml ↑
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https://www.repubblica.it/politica/2022/01/21/news/quirinale_conta_gruppi_un_terzo_m5s_no_draghi-334631449/ ↑
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K. Marx, Per la critica dell’economia politica, Prefazione. ↑
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https://www.corriere.it/politica/21_dicembre_30/sondaggio-centrodestra-senza-avversari-urne-b06e9cd8-69b4-11ec-996c-3905d962e8a9.shtml ↑
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https://www1.finanze.gov.it/finanze3/2xmille/index.php?tree=2021AADUEXM0101 ↑
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https://lab.repubblica.it/2022/irpef-calcolo-tassazione-nuove-aliquote-2022/ ↑
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https://www.ilsole24ore.com/art/la-classifica-2021-due-mille-pd-resta-primo-ma-perde-terreno-fdi-supera-lega-AEj2oC9 ↑
Nato a Firenze nel 1989. Laureato in Scienze storiche (una tesi sul thatcherismo, una sul Risorgimento a Palazzuolo di Romagna), lavoro nel settore dei servizi all’impresa. Europeista e di formazione marxista, ho aderito a Italia Viva dopo quattordici anni in DS e PD.