Lo scorso maggio a Minneapolis è scoppiato un nuovo caso razziale: il caso George Floyd. Questo cittadino afroamericano di 46 anni è stato immobilizzato violentemente dall’agente Derek Chauvin. Flyod non respirava più perché l’agente lo aveva soffocato con il ginocchio premendo per quasi 9 minuti sul collo del malcapitato. Durante la notte Floyd è morto in ospedale.
Questo episodio ha provocato una nuova spirale di sommosse e di violenza in tutti gli Stati Uniti (vedi qui). Questa è la parte più pericolosa perché è spinta dalla “pancia”, ma l’episodio ha portato anche molti artisti a prendere posizione. Nel cinema il solito Spike Lee ha detto che “l’America è stata costruita sul sangue dei neri” e ha pubblicato un interessante cortometraggio sull’argomento (qui).
Poi ci sono stati anche artisti, sportivi (come Michael Jordan) e cantanti (Bruce Springsteen ha fatto un interessante paragone tra la durata della sua canzone “American Skin” con la morte di Floyd) che hanno alzato la voce. E questo è sicuramente un bene.
Nella storia recente del Paese a stelle e strisce ci sono innumerovoli casi di questo tipo, ma uno dei film sicuramente più interessanti sull’argomento è “Mississippi Burning” di Alan Parker (autore anche di Fuga da mezzanotte e The life of David Gale). Questo regista britannico ha sempre indagato sui diritti civili.
Ancora oggi purtroppo l’odio, l’integralismo religioso, l’antisemitismo, le svastiche naziste sui portoni sono temi attuali anche in Italia (ci sono vari casi tra cui l’omicidio Idy Diene, avvenuto a Firenze nel 2018).
Torniamo indietro nel tempo, negli anni 60 in una piccola cittadina del Mississippi. Nei locali c’erano bagni divisi per “white” e per “colored men”. È una delle prime scene del film e la fotografia subito chiarisce quali sono le divisioni. “Noi abbiamo due culture quaggiù. La cultura bianca e la cultura di colore. E così, cari miei, è sempre stato e così sempre sarà” – dirà il sindaco nel corso del film. Una separazione che in realtà era di fatto una segregazione odiosa, dove per il minimo sospetto le persone di colore erano umiliate, picchiate, e talvolta uccise senza che gli assassini fossero minimamente in pericolo. Perché le autorità erano dalla parte degli assassini bianchi.
Siamo ai tempi di Martin Luther King. Nella notte tra il 21 e il 22 giugno 1964, tre attivisti del movimento per i diritti civili afroamericani, James Earl Chaney, Andrew Goodman e Michael Schwerner, vennero uccisi barbaramente dal Ku Klux Klan. Il caso fu insabbiato dallo sceriffo della contea e dall’omertà dei cittadini locali. Lo sceneggiatore Chris Gerolmo scrisse la storia partendo da qui.
L’evento suscitò enorme indignazione negli Stati Uniti. L’FBI prese il comando delle indagini: l’inchiesta venne definita “Mississippi Burning”.
Il film parte proprio dall’arrivo nel Mississippi dell’FBI, all’epoca diretta da J. Edgar Hoover (Clint Eastwood ha diretto il biopic “J.Edgar” con Leonardo Di Caprio). Il quale, come dice Hackman nel corso del film, “non era tenero con i comunisti e con i negri”. Hoover non scordiamoci che era massone e repubblicano. Vengono inviati due agenti diversissimi: Alan Ward (Willem Dafoe) e Rupert Anderson (Gene Hackman). Il primo è giovane, ben istruito, ma non ha esperienza e non conosce il posto. Il secondo invece è esperto, conosce il territorio del sud degli Stati Uniti (è nativo del posto), è stato sceriffo e ha metodi propri per trattare con le autorità e i cittadini locali (stupenda in tal senso la performance di Hackman nella scena al club sociale). Il suo personaggio è ispirato al funzionario John Proctor. Subito Anderson avverte il collega: «In quale stato devi tirare indietro l’orologio di un secolo? Il Mississippi».
I due, pur essendo spesso in disaccordo, riescono a capire presto che c’è un muro di omertà degli abitanti e delle autorità locali. In particolar modo il sindaco Tilman (R. Lee Ermey, il sergente Hartman di “Full Metal Jacket” di Kubrick), lo sceriffo Stuckey e il suo vice Pell (Brad Dourif). I bianchi non parlano perché hanno paura del Klan, i neri sono stanchi delle brutalità nei loro confronti.
È proprio il nativo Anderson a spiegare al collega Ward dove nasce l’odio (vedi qui).
Ci vollero ben 44 giorni per ritrovare i corpi dei tre ragazzi. La morte dei tre giovani attivisti contribuì nel 1964 all’approvazione del Civil Rights Act e del Voting Rights Act l’anno successivo. Il caso attirò i media e il Ku Klux Klan inizia ad agire per alzare il muro della paura nei confronti della popolazione locale. Uccisioni, minacce, cappucci bianchi, croci incendiate. No, non c’era un concerto di Marylin Manson. Una sera il Klan, capitanato da Clayton Townley (Stephen Tobolowsky di “Memento”), fa una parata arringando la folla contro l’integrazione razziale. Sul luogo, non tanto casualmente, partecipano tutti.
Tra gli assenti spicca però la moglie del vicesceriffo, la signora Pell (una giovane Frances McDormand).
Sarà proprio lei, in una lunga scena con Anderson/Hackman a dire delle cose piuttosto importanti. Non condivide affatto l’odio e la spirale di violenza. Tutto ciò è in ogni caso l’unica inesattezza storica del film. Nella biografia di John Proctor, l’informatore era un appartenente al Ku Klux Klan ed autore di uno degli omicidi, di nome James Jordan. Nel film è stato cambiato con il nome di Lester Cowens.
La frase più importante del film esce dalla sua bocca: “L’odio non è una cosa con cui nasci… ti viene insegnato. A scuola ti dicono che la segregazione è quello che dice la Bibbia. Genesi 9, versetto 27. Quando arrivi a sei anni, te l’hanno detto tante volte che arrivi a crederci. Credi nell’odio. Lo vivi. Lo respiri. Lo sposi, persino.”
“Mississippi Burning” è un grande film che ha il pregio di mostrare un ambiente inquinato da secoli: una “pacifica comunità dove non bisogna pestare i piedi” (lo dice lo sceriffo). Ma questa chiaramente non è libertà. La verità è che le due culture, quella bianca e quella nera, dovevano rimanere separate (notare la magistrale scena dal barbiere).
Ancora oggi c’è chi, come Donald Trump, che sostiene questo tipo di idea americana. Questo film è estremamente vero, realistico in tanti aspetti: la fotografia magistrale (da Oscar), la rappresentazione della comunità afroamericana, la musica di Trevor Jones (L’ultimo dei mohicani) e la presenza di straordinari attori.
Uno splendido Hackman prevale su tutti (vinse anche l’Orso d’Argento a Berlino nel 1989), ma Dafoe e la McDormand lo completano. Strepitosi anche gli interpreti secondari: dal vicesceriffo di Brad Dourif al sindaco R.Lee Ermey, senza dimenticare il secondo ruolo della carriera di Michael Rooker (noto per essere Yondu Udonta dei Guardiani della galassia) nei panni del fanatico razzista Frank. Menzione d’onore per Tobolowsky che incarna il Gran Maestro del KKK, Clayton Townley. In ogni caso il pregio più importante del film è stato riportare all’attenzione dei media il (clamoroso) vuoto giuridico in materia. L’insabbiamento non era solo locale, ma era comune a tutti gli Stati Uniti. “Mississippi Burning” contribuì a restituire la giustizia al popolo americano. Sembrano passati secoli, ma oggi è tutto come prima.
FONTI: Cinematographe, My movies
MISSISSIPPI BURNING – LE RADICI DELL’ODIO ****
(USA 1988)
Genere: Azione, Thriller, Drammatico
Regia: Alan Parker
Sceneggiatura: Chris Gerolmo
Fotografia: Peter Biziou
Musiche: Trevor Jones
Cast: Gene Hackman, Willem Dafoe, Frances McDormand, R.Lee Ermey Michael Rooker, Tobin Bell, Brad Dourif, Stephen Tobolowsky
Durata: 2h e 8 minuti
Trailer Originale qui
1 Premio Oscar 1989 per Miglior Fotografia a Peter Biziou
Budget: 15 milioni di dollari
La frase: L’odio non è una cosa con cui nasci… ti viene insegnato. A scuola ti dicono che la segregazione è quello che dice la Bibbia. Genesi 9, versetto 27. Quando arrivi a sei anni, te l’hanno detto tante volte che arrivi a crederci. Credi nell’odio. Lo vivi. Lo respiri. Lo sposi, persino.”
Focus sul film qui
Regia **** Interpretazioni ***** Musiche **** Fotografia * Sceneggiatura ****
Immagine da www.mymovies.it
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.