Le cellule neuronali nascondono il segreto di alcune delle malattie più difficili da curare; adesso una ricerca ha prodotto dei dispositivi che potrebbero andare a sostituirli.
La medicina ha compiuto enormi passi da gigante tra il XX e il XXI secolo, eppure ancora oggi restano moltissime malattie senza una cura o di cui non si conoscono cause e meccanismi.
Tra queste vanno sicuramente ricordate malattie neurodegenerative come l’Alzheimer, il Parkinson o la sclerosi laterale amiotrofica o patologie più ricorrenti come l’insufficienza cardiaca o respiratoria. Seppur siano disturbi molto diversi tra loro, la chiave dei meccanismi patologici risiede, direttamente o indirettamente, nel sistema nervoso centrale e periferico e, in special modo, nelle sue strutture fondamentali, cioè i neuroni.
Ogni struttura del nostro organismo è in fin dei conti controllata, in maniera volontaria o meno, dal sistema nervoso attraverso un complesso insieme di stimoli elettrici che corrono dalla periferia fino al cervello per poi tornare, con le istruzioni, verso gli organi periferici. L’esempio classico e più semplice è quello dell’arco riflesso[1]: quando il medico batte con il martelletto sul ginocchio del paziente, si attiva uno stimolo nervoso che, passando dalla colonna vertebrale, risale fino alle strutture basali del cervello per poi tornare indietro e dare istruzione alla muscolatura della gamba di muoversi in modo da ritrarsi dalla minaccia individuata.
Quando si parla di insufficienza cardiaca lo schema è lo stesso, ma gli stimoli che arrivano alla muscolatura del cuore non sono sufficienti per stimolare la corretta forza e il pompaggio di sangue necessario per le attività fisiologiche del corpo. In patologie come l’Alzheimer o il Parkinson si devono immaginare le strutture del sistema nervoso danneggiate e, di conseguenza, impossibilitate a compiere, totalmente o in parte, il loro normale lavoro.
Purtroppo i neuroni, al contrario di molte altre cellule, non possono essere sostituiti e quando vengono deteriorati, lasciano un danno che può essere solo parzialmente recuperato. Ad esempio dopo un ictus le funzioni legate alla parte di cervello colpita vengono perse, molto spesso definitivamente. Risulta quindi chiaro come un danno alle strutture neuronali, centrali o periferiche, sia praticamente impossibile da recuperare e porti a situazioni patologiche gravissime quanto irreversibili.
La ricerca però non si dà mai per vinta e, proprio negli ultimi giorni, dall’Università di Bath, in Inghilterra, potrebbe essere arrivata una vera e propria svolta: dispositivi elettronici in grado di sostituire i neuroni. Nello studio, pubblicato su Nature Communications[2] e condotto in collaborazione tra Bath, Bristol, Zurigo e Auckland, viene presentata la creazione di un chip al silicio in grado di replicare esattamente il comportamento delle cellule nervose.
Per capire meglio la fondamentale importanza di questo successo si deve prima comprendere il meccanismo fisiologico di un neurone e quali problemi abbiano superato i ricercatori per arrivare alla realizzazione di questi primi prototipi di neuroni artificiali.
Semplificando al massimo il concetto, un neurone è una cellula conduttrice di stimoli elettrici. Niente di più. (Qui una struttura tipica)
Nella parte dov’è presente il nucleo, chiamata corpo cellulare, arrivano stimoli provenienti da altri neuroni, vengono mediati per poi correre, sotto forma di impulsi elettrici, lungo l’assone fino alle terminazioni sinaptiche e da qui, attraverso mediatori chimici (neurotrasmettitori), passare in un altro neurone.
Due sono gli aspetti cruciali. Primo: l’alternanza tra impulso elettrico e trasmissione chimica. Secondo: l’enorme interconnessione tra i neuroni. Va considerato infatti che nel cervello umano, senza considerare quelli periferici, ne sono stimati 86 miliardi, ognuno collegato con circa altri 1000 in un grande sistema interconnesso di reti, linee e loop. Il segnale che corre lungo le vie dei sistemi nervosi, periferico e centrale, viene quindi profondamente mediato ed elaborato attraverso questi collegamenti. Un classico chip elettronico non avrebbe grandi problemi a ricalcare questa funzione, anche con un numero elevato di legami, se non fosse per la funzione svolta dalla trasmissione neurochimica a livello sinaptico.
In pratica in un microprocessore il segnale elettrico passa e si porta dietro l’informazione grazie alla sua intensità, mentre nei neuroni questo legame tra intensità dell’impulso tra due neuroni non è necessariamente proporzionale, ma viene appunto mediata dai neurotrasmettitori chimici. Questo fa si che un segnale amplificato di un fattore due prima della sinapsi possa arrivare nel corpo cellulare del neurone a valle con un’intensità maggiore o minore a seconda del tipo di neurone e del tipo di attività sinaptica.
Per riprodurre fedelmente la rete neuronale dell’ippocampo[3], parte di cervello con funzioni legate alla memoria, all’orientamento spaziale e all’inibizione scelta come modello, i ricercatori hanno utilizzato un mix di modelli matematici e informatici. Con grande sorpresa il loro lavoro ha portato a risultati tanto inaspettati quanto eccezionali, sia nei test di trasmissione che in quelli sui neuroni legati alla respirazione nei topi.
L’altro aspetto critico, dal punto di vista tecnologico, era la richiesta energetica di questi dispositivi. Una volta ottimizzato il sistema, il team di ricerca ha potuto festeggiare: questi neuroni artificiali utilizzano solo 140 nanoWatt, circa un miliardesimo rispetto ad un normale microprocessore, una quantità pienamente compatibile con future applicazioni mediche.
Il lavoro però non finisce qui. Il prossimo obiettivo sarà quello di migliorare le performances e di creare un primo prototipo di pacemaker intelligente per il controllo del battito cardiaco con feedback automatico in tempo reale.
Alain Nogaret, dell’Università di Bath, riassume così la loro scoperta: “Il nostro approccio combina diverse scoperte. Siamo stati in grado di stimare i parametri precisi che controllano il comportamento di qualsiasi neurone con elevata precisione e abbiamo creato un chip capace di imitare con successo il comportamento dei veri neuroni. […] La nostra terza svolta è la versatilità del nostro modello che consente l’applicazione dei neuroni artificiali per diversi tipi e funzioni dei neuroni reali”.[4]
Che altro aggiungere? Aspettiamo i prossimi sviluppi!
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https://www.britannica.com/science/reflex-arc ↑
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https://www.nature.com/articles/s41467-019-13177-3 ↑
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https://it.wikipedia.org/wiki/Ippocampo_%28anatomia%29 ↑
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https://www.wired.it/scienza/medicina/2019/12/04/neuroni-artificiali-alzheimer/ ↑
Immagine di Gerry Shaw (dettaglio) da Wikimedia Commons
Sono nato nel 1984 vicino Firenze e ci sono cresciuto fino alla laurea in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche nel 2009. Dopo il dottorato in Chimica, tra Ferrara e Montpellier, ho iniziato a lavorare al CNR di Firenze come assegnista di ricerca (logicamente precario). Oltre che di chimica e scienza, mi occupo di politica (sono consigliere comunale a Rignano sull’Arno), di musica e di sport. E si, amo Bertrand Russell!