Le elezioni tedesche si sono tenute in Sassonia e Brandeburgo sotto il campanello d’allarme lanciato dalla stampa internazionale per l’avanzare dell’estrema destra. Per chi guardava con timore a questo esito la brutta notizia è definita quasi ovunque parziale. AfD fa bene ma non benissimo, per usare un’espressione oggi molto diffusa. Tenuta parziale per i principali partiti del Paesi e brutto risultato della sinistra della Linke. Questo è il quadro con cui viene salutato il contesto europeo al riprendere delle attività del 2019 dopo la “pausa estiva”.
Dmitrij Palagi
La Sinistra Europea si conferma avere grossi problemi. Fallito l’esperimento greco, declinata l’ascesa francesca, incrinata la narrazione spagnola non c’è da guardare alla Germania per avere grandi speranze, ormai da tempo. Il sistema di lettura con cui la stampa internazionale analizza i flussi è ancora troppo ancorato al XX secolo. Quante persone si sentono vincolate dalla storia prima del Muro di Berlino nell’esprimere il loro voto? Leggere i processi come un ripetersi di vecchi movimenti (la destra reazionaria, la sinistra rivoluzionaria e il buon governo che media tra conservazione e progresso) non aiuterà a capire come stanno mutando il mondo e l’Europa.
Tutto è una scandalo o genera angoscia nel linguaggio analitico, mentre la quotidianità si avvicina alla barbarie lentamente, con il passo accettabile di una cristi costante, egemone, di natura economica, sociale e quindi politica. Davvero il livello europeo potrebbe aiutare a misurare la necessità di un cambiamento e dare qualche indicazione radicale su dove andare. Parlando a voce alta e urlando forse si può evitare si sentire il sinistro rumore di un sistema che scricchiola, ma difficilmente si risolverà la situazione…
Jacopo Vannucchi
Il consistente aumento di consensi all’estrema destra nelle elezioni in Brandeburgo e in Sassonia sembra collegato, a una breve ricognizione del voto circoscrizione per circoscrizione, al parallelo declino della Linke. Ad esempio a Dresda, dove il nuovo movimento di fatto neonazista (non prendiamoci in giro, sono a tutti gli effetti gli eredi di Hitler) è nato con la xenofobia di Pegida ad autunno 2015, la Linke da secondo partito diventa il quarto; a Chemnitz, dove un anno fa gli squadristi scatenarono una ripugnante caccia allo straniero che produsse decine di feriti, il partito di sinistra perde oltre la metà dei voti.
Nell’unica zona dove sembra permanere un orientamento a sinistra, ossia il centro urbano di Lipsia, sono i Verdi a uscirne vincitori, a quanto pare grazie a un travaso di voti a loro favore proveniente da elettori ex socialdemocratici: anche qui, molti voti della Linke vanno infatti all’estrema destra.
Come è possibile che il partito per molti aspetti erede della tradizione antifascista della Repubblica Democratica Tedesca subisca una concorrenza elettorale così marcata da parte delle nuove camicie brune?
Per fornire una risposta articolata si dovrebbe conoscere a fondo la situazione sociale e politica tedesca, nonché quella locale delle due regioni; tuttavia, anche senza questa approfondita conoscenza si possono evidenziare alcuni punti critici che a mio avviso hanno favorito questo esito sciagurato e a prima vista contro-intuitivo.
Anzitutto non bisogna dimenticare l’opera brutalmente vandalica che da trent’anni si accanisce, con una damnatio memoriae di stato, nei confronti del periodo della DDR, delle realizzazioni sociali della DDR, della cultura della DDR. E si deve inoltre tenere a mente che questa opera è stata condotta da istituzioni statali nei cui gangli sono sempre stati annidati elementi che, anche se non (più) in camicia bruna, sono stati più che sensibili ad alcune linee guida del regime nazista. Basti pensare alla scandalosa protezione che lo stato tedesco ha fornito, rifiutandone l’estradizione, ai nazisti condannati in Italia per crimini di guerra durante l’occupazione (tema tornato recentemente sulla cronaca in occasione del 75° anniversario degli eccidii del Padule di Fucecchio).
In secondo luogo, è probabile che a sfumare i contorni di una nitida coscienza di classe, che è sempre labile nelle masse popolari sottoposte alle tempeste del mutamento sociale, abbiano contribuito anche alcune posizioni assunte dalla Linke o quantomeno da suoi dirigenti di rilievo. Sono note le posizioni di chiusura di Sarah Wagenknecht nei confronti dei migranti. Il che è molto triste, visto l’alto numero di antifascisti tedeschi che trovarono rifugio in Unione Sovietica durante la persecuzione, così come di antifascisti cileni accolti dalla DDR dopo il golpe di Pinochet.
Infine, c’è un terzo punto. Tutti i partiti, a quanto pare, ribadiscono il cordone sanitario contro l’estrema destra e sono dunque disponibili a formare coalizioni più o meno spurie pur di evitare il coinvolgimento dei neonazisti nel governo regionale. Intenzione lodevole, ma alla lunga inutile, anzi desolatamente controproducente, se non verrà accompagnata da un salto di qualità: la fine delle ostilità reciproche (in primis quella tra Spd e Linke!) e il riconoscimento della necessità di un patto di ampio respiro per affrontare il grave problema del risorgere di un’estrema destra dichiaratamente tale in Germania. Il 1° settembre il Presidente Steinmeier parlando a Varsavia ha chiesto ufficialmente perdono per l’aggressione del 1939: ma quale senso possono avere queste parole se una fetta rilevante (minoritaria, sì, ma non trascurabile con un’alzata di spalle!) del popolo tedesco manifesta apertamente il desiderio di ripercorrere quel sentiero di sangue?
Aggiungo: il problema non è solo tedesco. Lo vediamo presente in tutti gli Stati europei: col Raggruppamento nazionale in Francia, con la Lega in Italia, con Vox in Spagna; in Polonia e in Ungheria forze consimili sono insediate al potere. È evidente che una strategia – una strategia! – di respingimento di questi banditi deve essere definita e adottata a livello europeo.
Alessandro Zabban
Pronostici rispettati nelle elezioni in Sassonia e Brandeburgo dove l’AfD fa molto bene ma non riesce a sfondare la soglia psicologica del 30%. Questa significa che almeno per il momento il movimento di estrema destra non avrà chance di governo in due delle regioni in cui è più radicato.
La forte affermazione dell’Afd però non può lasciare indifferenti ed è il segno che i partiti moderati tradizionali hanno sempre più difficoltà a contenere le spinte popolari che vengono efficacemente sedotte e orientate dai partiti e movimenti di estrema destra.
Sono molti i fattori che concorrono a produrre questa risorgenza, fra i quali non si possono non annoverare le problematiche economiche. Il modello tedesco basato sull’export e sull’austerity non sembra funzionare più. Investimenti a picco e mercato interno debole a causa dei salari bassi stanno facendo precipitare la Germania in una situazione di recessione economica. I questo contesto la Germania dell’est è rimasta economicamente subalterna al più ricco ovest e le promesse di convergenza non sono mia state rispettate. Il risentimento dei tedeschi, sopratutti degli ex abitanti della DDR, passa sopratutto da questi nodi cruciali.
Ci sono anche però fattori culturali che non vanno sottovalutati. Con la caduta del Muro di Berlino non è solo caduto un sistema politico ed economico, si sono prodotti anche dei cambiamenti nei rapporti di forza fra visioni del mondo. L’egemonia culturale che il mondo della sinistra si stava progressivamente conquistando nell’arte, nella letteratura, nel cinema, viene rapidamente perduta ai danni della visione del mondo e dei valori borghesi e consumistici. In una situazione in cui paradossalmente il socialismo è più popolare negli Stati Uniti che in Europa, il malcontento nei confronti di una economia neoliberista più efficace nel produrre stili di vita e forme di pensiero che non prosperità effettiva, finisce per incanalarsi su posizioni di estrema destra. Non è un caso che l’affermazione dell’AfD vada di pari passo con il declino della Linke. L’incapacità della sinistra di competere dal punto di vista della visione del mondo lascia in tutta Europa il campo politico esclusivamente ad appannaggio di una dialettica fatale fra liberisti e neofascisti.
Se non si riesce a far nulla per inceppare questo meccanismo, saremo condannati a commentare ancora molto a lungo questo triste bipolarismo.
Immagine da www.br.de
Ogni martedì, dieci mani, di cinque autori de Il Becco, che partono da punti di vista diversi, attorno al “tema della settimana”. Una sorta di editoriale collettivo, dove non si ricerca la sintesi o lo scontro, ma un confronto (possibilmente interessante e utile).
A volta sono otto, altre dodici (le mani dietro agli articoli): ci teniamo elastici.