Non potevo che omaggiare questo film che quest’anno festeggia 50 anni. Un mezzo secolo che però non dimostra. Fin da bambino, mi ha fatto provare tante emozioni: gioia, risate, condivisione. E ogni volta con amici, parenti, bambini, coetanei è sempre stata una festa. Senza dimenticare gli svariati passaggi televisivi necessari per rinfrescare la memoria. Ancora oggi non riesco a cedere a questa tentazione. Perfino i miei nipoti, appartenenti a una generazione profondamente diversa, già amano questi film. Le battute sono sempre fulminanti, fresche come se fosse stato girato ieri. Nonostante conosca buona parte del copione, questa pellicola si rivede sempre volentieri.
Terence Hill e Bud Spencer hanno accompagnato la mia crescita (anche di conoscenza cinematografica) aiutandomi ad assimilare anche film molto più complessi. Ma senza Trinità probabilmente non avrei visto i film di Sergio Leone o gli spaghetti western o i cult di Tarantino. Sono cose diverse, d’accordo, ma a studiare il cinema si fa così: mettendo insieme i collegamenti, gli omaggi, le situazioni, il passaparola. Quante volte nella vostra vita avete imitato Terence Hill che si tragugia una padella di fagioli all’uccelletto con tanto di scarpetta e rutto libero? Quante volte abbiamo rivisto le scazzottate? Quante volte da ragazzi abbiamo riso a crepapelle per la scena della banda di Mescal? Quante volte abbiamo ascoltato la colonna sonora di Franco Micalizzi? Io diverse, lo ammetto. Sono un peccatore, anche se genuino.
Quando sento la gente oggi che esalta Hill per l’interpretazione di Don Matteo, io rabbrividisco. La coppia Bud Spencer- Terence Hill nel 1970 non la conosceva nessuno. Divenne famosa proprio grazie a questo film.
L’ex campione di nuoto, Carlo Pedersoli, e Mario Girotti (figlio dell’attore Massimo) avevano girato tre western tra il 1967 e il 1969 con Giuseppe Colizzi: “Dio Perdona, io no!”, “I quattro dell’Ave Maria” e “La collina degli stivali”.
Nel 1970 arrivò la grande occasione: Peter Martell, l’attore che doveva interpretare Trinità, si infortunò a causa di un litigio con la fidanzata. Girotti prenderà il suo posto superando perfino Franco Nero. Mentre per il ruolo di Bambino doveva esserci George Eastman. Pedersoli, così come Girotti, si recò da Enzo Barboni (il regista e sceneggiatore E.B. Clucher) per chiedere di prender parte al film.
Dopo alcune resistenze, il regista capì che questa coppia era ben amalgamata e li ingaggiò entrambi. Pedersoli/Spencer era il grande gigante burbero, panciuto e poco intelligente dotato di grande forza, Girotti/Hill era il fratello astuto, agile e maldestro ficcanaso.
I due attori usarono due pseudonomi per tentare di affermare il film al di fuori dell’Italia: divennero Terence Hill (in onore al commediografo Terenzio) e Bud Spencer (che omaggiava la birra Bud e l’attore Spencer Tracy che Pedersoli amava particolarmente). Le voci che sentite nel film non sono quelle degli attori: Pino Locchi è la voce di Trinità, Glauco Onorato è quella di Bambino. Le pellicole venivano girate in inglese e poi doppiate per i vari mercati internazionali.
Il successo fu clamoroso raggiungendo oltre tre miliardi di lire di incasso (vicecampione di incassi della stagione ’70-’71 dietro a “Solo per grazie ricevuta” con Nino Manfredi). In Germania il film andò benissimo. Nel 1971 arrivò l’inevitabile sequel “Continuavano a chiamarlo Trinità” che addirittura fece oltre 6 miliardi di lire e risultò il campione di incassi della stagione ‘71-‘72. Trinità divenne un classico del cinema italiano, una parodia degli affermati spaghetti western all’italiana. Tutto ciò arrivò prima della commedia cult “Altrimenti ci arrabbiamo” (1973) che rese Spencer e Hill una delle coppie più famose del cinema italiano (anche all’estero). La differenza con western e spaghetti western era palese: le scazzottate erano in realtà dei balletti, delle coreografie comiche. Non c’era spargimento di sangue. Questa cosa fu importante perché rese questi film accessibili a tutti.
Il segreto del successo partì da una tagliente sceneggiatura, che riusciva a parodiare gli stereotipi del genere mescolando i film di Sergio Leone, gli spaghetti western e la commedia popolare. Le folgoranti battute rimangono impresse per anni (impossibile non citare “È il Signore che vi manda da noi! No, passavamo di qui per caso!”).
A livello tecnico sono da ricordare la fotografia di Aldo Giordani e le musiche di Franco Micalizzi. A quanto pare anche Quentin Tarantino si è commosso vedendo questo film. Guardatevi il finale di “Django Unchained” (2012). In un colpo solo il regista americano (di chiare origini italiche) omaggia “Il buono il brutto e il cattivo” e “Lo chiamavano Trinità” (https://www.youtube.com/watch?v=DWUyvGIL5BA). Quando lo vidi al cinema la prima volta, i miei occhi erano inumiditi.
“Lo chiamavano Trinità” è un film orgogliosamente tricolore: è stato girato interamente in Italia tra Camposecco e Campo della Pietra, vicino al confine tra Lazio e Abruzzo, gli esterni vennero girati a Campo Imperatore, in Abruzzo. La scena della cascata fu girata nel parco della valle del Treja (tra Roma e Viterbo). Mentre il villaggio western e il saloon vennero ricreati nei teatri di posa romani di De Laurentiis, in via Pontina (se osservate bene nelle scene nel saloon, durante la notte, si vedono delle tende rosse dietro le porte e le finestre che ci fanno capire che sono in un teatro di posa). Non bisogna dimenticare che tra gli anni 60 e gli 80 l’Italia vantava una grande scuola di caratteristi, stuntman, cascatori che con la coppia Bud & Terence ebbe un periodo professionale molto florido. Alcuni di loro iniziarono la carriera con Sergio Sollima (padre di Stefano, regista di “Soldado”), Sergio Leone, Sergio Corbucci, Enzo Castellari. Se guardate i vari film noterete, per esempio, che alcuni di loro (Luciano Rossi, Ezio Marano, Riccardo Pizzuti, Remo Capitani) hanno girato tantissime pellicole in quegli anni per poi scomparire dopo gli anni ’80.
Detto questo veniamo al film.
Siamo in un posto senza nome, al confine tra Stati Uniti e Messico.
Il pigro e indolente pistolero Trinità (Terence Hill) giunge in uno sperduto villaggio. L’entrata in scena di questo personaggio assomiglia vagamente a quella di Clint Eastwood della trilogia del dollaro di Sergio Leone. Ma questa è ancora più strana: Trinità dormicchia su una slitta trascinata dal cavallo con abiti sporchi e maleodoranti. “Era dallo straripamento del Pecos che non vedevo tanto sudiciume!” – dirà il domestico di Bambino quando Trinità arriva in paese. Una cosa rara per uno che si definisce la “mano destra del diavolo”. Dopo aver ingurgitato una padellata di fagioli (Terence Hill rimase a digiuno due giorni per girare la scena) e dopo aver fatto assaggiare la sua pistola, riparte per il viaggio (vedi qui).
Lungo il cammino, si accorge che lo sceriffo del posto è il fratello Bambino (Bud Spencer): la “mano sinistra del diavolo”.
Quest’ultimo è un impostore: è un ricercato ladro di cavalli, nonché pistolero, che attende l’arrivo dei suoi uomini, Faina (Ezio Marano) e Timido (Luciano Rossi), per poter razziare una notevole mandria non ancora marchiata ai danni di un facoltoso latifondista. Mentre vagava per il deserto con i ranger alle calcagna, aveva sparato e azzoppato, senza saperlo, il futuro sceriffo. Così gli aveva rubato la stella in attesa dell’arrivo di Faina e Timido.
Il latifondista è il Maggiore (Farley Granger di “Nodo alla gola” di Hitchcock), uomo senza scrupoli che tiene in ostaggio l’intero paese insieme ai suoi scagnozzi.
L’arrivo nella cittadina di Trinità creerà non pochi guai a Bambino. Il suo piano salta.
Il fratello costringe lo sceriffo a farlo diventare il suo vice per aiutarlo, ma combina una marea di guai.
I rapporti con il Maggiore sono pessimi e lo diventano ancor di più quando Trinità convince Bambino a schierarsi con una comunità di agricoltori mormoni.
Secondo la loro religione, non concepiscono la violenza. Il che complica ulteriormente la vicenda. L’incontro tra i due fratelli e la comunità dei mormoni fa subito scintille (vedi qui). Lo scambio di battute è formidabile. Tra Hill e Spencer c’è grande feeling che in questa scena è evidente.
Così come è epica in tal senso la battuta di Bambino che risponde all’agricoltore Tobia, il capo della comunità. “Fratello, visto che cosa può fare la fede?
Può fare miracoli specialmente se la metti nella canna di un fucile!”
Difficile non accennare almeno una risata.
Nel momento in cui lo sceriffo e il suo vice si schierano con questa comunità, il Maggiore allora si allea con il predone messicano Mescal (Remo Capitani) per allontanare gli agricoltori e poter far zona di pascolo per la sua numerosa mandria di cavalli. La scena dell’arrivo di Mescal è sicuramente la parte più divertente del film. Se vi manca il vino o se sulla tavola c’è solo acqua, state attenti (vedi qui).
Ciò che rende questo immortale questo film sono elementi banalissimi: bastano alcuni sguardi, alcune smorfie. Basta che Bud sbuffi, seccato da quel rompipalle del fratello. Basta che Terence sorrida facendo il guascone davanti a delle bionde.
Dopo 50 anni il film sembra ancora attuale. Le battute scorrono ancora potenti, le risate arrivano ogni volta come se fosse la prima visione.
Lo chiamavano Trinità è un film insuperabile: ogni volta lo rivedi come quando eri bambino. Ridi, sorridi, ti coinvolge a ogni scena.
Insuperabili i caratteristi: dal Mescal di Remo Capitani al duo Luciano Rossi-Ezio Marano che seguiranno Spencer e Hill in altri film, senza dimenticare Farley Granger che è stato diretto da Sir Alfred Hitchcock in “Nodo alla gola”.
Nonostante tutti questi ingredienti in Italia il film è stato “conservato” malissimo. Infatti l’edizione home video della Medusa del 2003 è una truffa: c’è il restauro della pellicola, ma sono stati tagliati 4 minuti di film (tutti i dettagli li trovate qui). Gli svariati passaggi televisivi attingevano da questa versione.
Solo grazie all’edizione Blu-ray tedesca del 2013, è stata ripristinata la versione integrale. Nel 2016 la CG Entertainment ha riproposto finalmente la pellicola originale.
Sicuramente un trattamento non tanto edificante per un film che, dopo 50 anni dalla sua uscita, continua ad alimentare il suo mito creando nuovi fan. Anche fuori dall’Italia.
In Germania, in Francia, in Spagna, in Portogallo e perfino negli Stati Uniti i film della coppia Spencer-Hill continuano ad essere amatissimi (leggi qui). Uno dei fan più assidui di queste pellicole è il ministro della giustizia tedesco, Heiko Maas.
Anche lui, come per molti di noi, i cazzotti di Bud & Terence hanno rappresentato tanto. E questo film dimostra che non li abbiamo ancora dimenticati.
Lo chiamavano Trinità ****
(Italia, 1970)
Genere: Western, Commedia, Avventura
Regia e Sceneggiatura: E.B. Clucher (Enzo Barboni)
Fotografia: Aldo Giordani
Musiche: Franco Micalizzi
Cast: Bud Spencer, Terence Hill, Farley Granger, Remo Capitani, Dan Sturkie, Luciano Rossi, Ezio Marano
Durata versione integrale:
1h e 51 minuti DVD; 1h e 55 minuti Blu-ray
Trailer Italiano qui
La frase:
“Anche il Signore vagò per il deserto.
Eh, ma non aveva i rangers alle calcagna!”
Regia ***1/2 Interpretazioni ***1/2 Comicità **** Musiche **** Fotografia ***1/2 Sceneggiatura ****
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.