Sul caso di Julian Assange si è scritto e discusso moltissimo, ma non è una casualità che la maggior parte del dibattito si sia svolto al di fuori dei canali mainstream. È infatti proprio su internet che troviamo maggior libertà anche nel dibattito sulla vicenda stessa, poiché i media mainstream non osano affrontare un caso così evidente di repressione della libertà di informazione all’interno del cosiddetto Occidente liberale. Già perché finché si parla di Venezuela o di Russia è scontato che la libertà di informazione venga sistematicamente violata e repressa in maniera dispotica, ma le democrazie liberali si fondano su pochi e sani principi di libertà che vengono idealizzati continuamente come insuperabili nel confronto con ogni altro regime politico. E invece proprio dallo scoppio del caso di WikiLeaks abbiamo scoperto che la repressione dell’informazione libera non è un tabù nemmeno per le democrazie liberali che fanno tranquillamente passare attraverso il reato di spionaggio chi rivela informazioni segrete, rispettando fino in fondo il principio liberale della massima trasparenza del potere politico.
Il triste epilogo a cui siamo giunti è l’arresto all’interno dell’ambasciata ecuadoriana dell’ideatore di WikiLeaks che aveva trovato asilo politico nel 2012 sotto la Presidenza di Correa. Con l’avvicendamento politico in Ecuador e con i nuovi venti reazionari che soffiano su tutta l’America Latina anche Assange non ha retto ed è stato venduto alle potenze occidentali con una mossa sciagurata di Moreno, ai limiti della violazione del diritto internazionale che giustamente Correa ha definito «il più grande traditore della storia ecuadoriana e dell’America Latina».
Nonostante Moreno abbia assicurato il raggiungimento di un accordo con il Regno Unito, al fine di evitare l’estradizione in paesi in cui è prevista la pena di morte, sembra evidente che la mossa sia in funzione dell’estradizione negli Stati Uniti, dal momento che l’avvocato di Assange ha comunque confermato la richiesta di estradizione negli USA. Inoltre con i venti di Brexit non è da escludere che il Regno Unito abbia un grande interesse ad utilizzare la testa di Assange per intessere nuovi accordi proficui con gli Stati Uniti nuovo partner strategico.
Quello che preme di più è chiarire come sia possibile revocare arbitrariamente un asilo politico con motivazioni pretestuose, per rinchiudere una voce scomoda ricercata per motivazioni altrettanto pretestuose (violenza sessuale e stupro in Svezia). E’ infatti chiaro a tutti che il motivo della caccia all’uomo e della stessa revoca dell’asilo politico sia dovuto all’attività informativa svolta da Assange, che nel 2016 dall’interno dell’Ambasciata dell’Ecuador fece uscire su WikiLeaks le e-mail riservate del candidato Democratico alla presidenza americana Hillary Clinton ad esempio. Ma anche alla diffusione delle risate dei militari americani che irridevano l’uccisione di 15 civili a Baghdad. Le stesse torture inflitte ai prigionieri di Guantanamo non sarebbero emerse così chiaramente e dettagliatamente senza la preziosa attività informativa di Assange. Questo personaggio ha quindi pienamente meritato l’inquisizione del potere che attraversa in maniera tragicamente simile e trasversale tutte le epoche storiche. Così l’11 aprile scorso il potere è finalmente riuscito ad acciuffarlo e a compiere la sua vendetta, chiamandola giustizia.
La Commissione Europea non ha mancato di far sentire la propria inutile voce sul caso ricordando al mondo come il caso Assange sia una “normale causa giudiziaria”. Dunque secondo l’Unione Europea che ci tutela e che il prossimo 26 maggio andremo a legittimare con le elezioni degli organi rappresentanti ci sta dicendo che nell’arresto del fondatore di WikiLeaks la libertà di stampa non c’entra che invece, come è noto, centra eccome ogni volta che si parla di giornalismo in Venezuela, Russia, Iran e negli altri Rogue States. Ma d’altra parte stiamo parlando della medesima istituzione, l’UE, che con la recente nuova direttiva sul Copyright minaccia di censurare quasi tutte le espressioni online gratuite. La repressione dell’informazione è portata avanti scientificamente con lo strumento del diritto e il grande dibattito sulle cosiddette Fake News fa da sfondo culturale a questa repressione bestiale: per non sentirti manipolato devi credere unicamente alla versione ufficiale dell’informazione, quella conforme alle autorità che la regolano. Ha dunque ragione S. Zizek che ci ha ricordato come WikiLeaks incorpori un messaggio di resistenza a questo sistema sempre più totalitario che assomiglia sempre più al 1984 di George Orwell.
Siamo alla resa dei conti dell’Occidente contro la sua voce critica che viene repressa con il solito pretesto dello spionaggio filorusso. Come se la Guerra Fredda non fosse mai finita, perché in fondo il regime sovietico era solo uno dei tanti nemici contro l’impero americano che continua ancora oggi a trovare nuovi capri espiatori per i suoi crimini.
Immagine di Xavier Granja Cedeño da www.commons.wikimedia.org
Nato a Torino il 2 maggio 1989. Laureato in Scienze Politiche con una tesi sulla storica rivista del Partito Comunista Italiano “Rinascita” e appassionato di storia del marxismo. Idealmente vicino al marxismo eterodosso e al gramscianesimo.