Le migliaia di persone scese in piazza a Firenze sabato scorso sono l’ennesima prova che le proteste e le manifestazioni organizzate dal Collettivo di fabbrica della GKN hanno la capacità di aggregare le forze della sinistra e forse anche di offrire una nuova opportunità per rilanciarne l’azione politica di alternativa. Sempre più infatti le manifestazioni indette dai lavoratori GKN riescono a uscire dal ristretto ambito della questione delle delocalizzazioni per saldarsi con altre battaglie che attengono ai diritti sociali ed economici ma anche alla promozione del pacifismo e alla tutela ambientale. In un contesto segnato da guerra, pandemia e crisi economica il tema di una sinistra che ha bisogno di ritrovare slancio e protagonismo è al centro di una riflessione a 10 mani.
Leonardo Croatto
La manifestazione di sabato 26 ha rappresentato un momento assolutamente eccezionale di congiunzione tra le soggettività della sinistra reale, eccezionale nei numeri e nell’assenza di distinguo tra sigle che usualmente si caratterizzano per la loro ortodossia esoterica: fatto salvo l’associazionismo “sociale”, i soggetti più marcatamente politici, ed in particolare le diverse bandiere comuniste, vivono chiuse su un progetto politico che non ammette sfumature e che non accetta contaminazioni, reagenti quindi a qualsiasi dialettica interna con la scissione e ostili a qualsiasi collaborazione con soggetti esterni.
Il successo politico dei lavoratori ex-GKN è stato quello di offrire una piattaforma sulla quale questo vasto mondo potesse non solo convergere temporaneamente, ma aderire pienamente e convintamente.
Volendo valutare il percorso di ricostituzione di un vasto movimento anticapitalista capace di sfidare l’egemonia culturale delle destre in questo paese, viene però da chiedersi come mai tutti i numerosi soggetti coinvolti, nonostante la lunghissima esperienza di militanza politica delle sigle e dei singoli individui, abbiano avuto bisogno di un intervento dall’esterno, di una causa non propria, di un papa straniero, per attivarsi su un percorso comune così partecipato e così politicamente valido nei contenuti.
Il limite politico dei partecipanti, ed in particolare delle sigle più riconoscibili, è apparso evidente dal linguaggio e dall’immaginario. Se è vero, come sostiene Furio Jesi, che l’uso indiscriminato di miti tecnicizzati è una pratica ontologicamente reazionaria, allora l’uso sfrenato di simboli, immagini, espressioni, parole, che richiamano ad un passato di lotte gloriose di epoche passate ha dato l’impressione che questa marea di individui fosse portatrice di un intenso desiderio di riportare nel presente un tempo oramai passato più che di costruire un futuro completamente innovativo e tutto da immaginare. Anche i più giovani partecipanti sembravano intrappolati nella rappresentazione del mito dei loro padri più che impegnati a costruirsi un futuro proprio ed autonomo.
A questo punto, resta da capire se questo grande movimento riuscirà a mettere in moto una dinamica generativa capace di agire nel presente per cambiare il futuro o se involverà in una continua rappresentazione di sé stesso, esaurendo le proprie energia senza produrre alcun cambiamento.
Dmitrij Palagi
In principio è stato “insorgiamo”, in risposta alla scelta di una multinazionale di chiudere uno stabilimento storico del territorio fiorentino con una mail, alla vigilia dello sblocco dei licenziamenti.
Una risposta di orgoglio e rabbia, portata avanti con lucidità e senza rassegnazione. Con diversi risultati ottenuti per la vicenda specifica da parte del Collettivo di Fabbrica e con un più generale protagonismo di alcune tematiche sparite con l’eclissarsi di una sinistra di alternativa dal panorama istituzionale nazionale (con la nascita del Partito Democratico e l’uscita dal Parlamento di tutto ciò che stava alla sua sinistra).Sabato la parola d’ordine si è declinata in “convergiamo”, registrando una positiva unità tra lo sciopero globale per il clima di venerdì e il riuscito corteo del giorno successivo.
Fridays For Future, movimenti studenteschi, sigle del sindacalismo di base, realtà di categoria della CGIL e RSU, i diversi partiti della galassia della sinistra: impossibile elencare tutte le sigle presenti, ma il successo è stato evidente, nonostante la nuova proprietà della ex GKN abbia provato a rassicurare sul futuro della fabbrica a 48 ore dall’appuntamento, quasi a smorzare le ragioni della manifestazione.
La cosa peggiore sarebbe pensare che il risultato è stato raggiunto e ora ci sia da “passare all’incasso”. Come detto dal Collettivo di Fabbrica dietro “insorgiamo” e “convergiamo” non ci sono spazi da contendere, ma nuove prospettive di lotta da aprire. Allargare, unire, soffiare sui conflitti, organizzarli dove ancora non ci sono state le forze per esplicitarli: questo deve diventare la prassi di una nuova pagina per tutto il Paese, guardando all’anniversario del social forum fiorentino di novembre (sarà il ventennale).Fare tesoro di ciò che è stato, soprattutto dei molti errori, per camminare in avanti, senza guardare indietro: se le diverse anime della sinistra di classe italiana ci riusciranno (sul piano politico, su quello sindacale, su quello associativo), la mobilitazione di questi giorni avrà saputo dare anche più forza a un’idea di pace fondata sulla solidarietà e la dignità delle persone. Dipenderà da tutte e tutti, secondo i diversi gradi di responsabilità, si intende, ma travolgendo con la partecipazione le logiche tattiche di posizionamento dell’esistente.
Jacopo Vannucchi
Alessandro Zabban
Quando si parla di sinistra divisa si pensa spesso alla galassia di forze politiche, partiti e movimenti che la popolano. Unire le forze per costituire una piattaforma comune sarebbe uno strumento utile, anche se non decisivo, nel ridare forza a una sinistra che ancora prima di apparire divisa, appare del tutto delegittimata nelle sue idee e nelle sue battaglie all’interno di rappresentazioni collettive prodotte dalle narrazioni politiche e mediatiche dominanti che associano il mondo della sinistra, quando va bene, a una nicchia di nostalgici o di ingenui sognatori incapaci di adattarsi a un mondo che cambia.
Ma una sinistra in grado di rompere con le narrazioni dominanti, prima ancora che di trovare una piattaforma comune, necessita di unità di intenti, ovvero di convergere sul piano delle idee e delle lotte. In Italia, come sappiamo, anche da questo punto di vista la situazione è grigia e non da pochi anni. La rete di solidarietà che si è creata attorno alle imprese chiuse dai grandi gruppi internazionali per esigenze puramente speculative, e in particolare attorno ai lavoratori GKN, in grado a loro volta di far sentire forte la loro voce, rappresenta un’opportunità di rilancio per la sinistra anche sul fronte delle mobilitazioni di piazza.
La retorica di guerra, che tende a leggere tutto secondo i più elementari schemi dicotomici (amico/nemico, bene/male), non aiuta la costruzione e l’elaborazione di idee e contenuti condivisi che per loro natura sono complessi e multidimensionali. La sfida alla visione del mondo dominante risulta in questo contesto più complessa perché il tentativo di sminuire e diffamare l’alternativa è sempre più feroce (impossibile ormai provare ad obiettare senza sentirsi affibbiare l’etichetta di complottista o più recentemente di “troll russo”).
Viviamo in un clima ostile, in cui oltretutto pesano i fallimenti del passato. Gli auspici all’unità sono da anni commentati con ironia e sarcasmo ma nel mondo poco idilliaco che si profila all’orizzonte è davvero impossibile pensare di uscirne bene senza una reale convergenza di idee e di lotte.
Immagine: fotografia dalla manifestazione di sabato 26 marzo
Ogni martedì, dieci mani, di cinque autori de Il Becco, che partono da punti di vista diversi, attorno al “tema della settimana”. Una sorta di editoriale collettivo, dove non si ricerca la sintesi o lo scontro, ma un confronto (possibilmente interessante e utile).
A volta sono otto, altre dodici (le mani dietro agli articoli): ci teniamo elastici.