Cosa hanno in comune il Cile del 1973 e l’Italia di oggi?
Tutti Voi lettori avrete sentito parlare dell’11 settembre 2001. Torri Gemelle, terrorismo, Bin Laden, Bush, Al Qaeda. Pochi però hanno sentito parlare di un 11 settembre precedente: quello del 1973.
Siamo in Cile. Scioperi continui, inflazione alle stelle, mancanza di materie prime. Risultato? Paese in ginocchio. Salvador Allende era stato capace di riunire socialisti, democristiani, radicali e comunisti sotto un’unica bandiera. Contemporaneamente in Italia i partiti principali (la Dc e il Pci) erano uniti, ben strutturati ed erano compatti. Un’appartenenza che oggi manca totalmente e tragicamente. Ricapitolando: la politica negli anni 70 tutto sommato univa, oggi divide. In maniera netta, con tifosi invece di elettori e tanti astenuti (tragicamente il primo partito nelle democrazie occidentali).
11 settembre 1973. Le forze avverse al presidente (democraticamente eletto) spazzarono via il Governo con un colpo di stato. Alla guida dei militari c’era un certo Pinochet, finanziato anche dalla Cia (con l’appoggio della Democrazia Cristiana) e quindi dagli Stati Uniti. Gli americani non volevano che il Partito Comunista si rafforzasse, avanzando nel Sud America, in Medio Oriente e quindi in Europa. Preoccupavano le tesi marxiste-leniniste del Governo Allende. Richard Nixon sborsò la bellezza di $10.000.000 per spodestarlo (ci sono documenti negli archivi americani a dirlo) e per avere il controllo politico-economico di una bella fetta del Sud America. Per farlo si fece aiutare da militari ed estremisti di destra. “Sotto cieli di piombo piovevano lacrime di rame, il Cile piangeva disperato la sua libertà perduta” – cantavano i Nomadi nella canzone “Salvador” dedicata a Allende. Mentre ” nelle caserme i generali, brindavano alla vittoria con bicchieri colmi di sangue, di un popolo in catene”.
Anche Moretti ha la stessa tesi di “Novecento” del compianto Bernardo Bertolucci: “I fascisti non sono mica come i funghi, che nascono così, in una notte. No. I fascisti sono stati i padroni a seminarli, li hanno voluti, li hanno pagati. E coi fascisti i padroni hanno guadagnato sempre di più, al punto che non sapevano più dove metterli i soldi. Così hanno inventato la guerra”. L’Operazione si chiamava inizialmente Progetto FUBELT, poi Condor (che rievoca il bellissimo film di Sidney Pollack con Robert Redford). In seguito al golpe, in Italia ci furono scioperi in solidarietà con il popolo cileno e a favore di Allende. Tanto che venne coniato il termine “Generazione Cile”. Il Governo Pinochet però manifestò subito il suo orientamento: violazione ripetuta dei diritti umani, rastrellamenti ripetuti, 3000 vittime, gli orrori di Villa Grimaldi (sede della polizia segreta cilena), 30000 persone torturate. Senza dimenticare la famosa strage all’ Estadio National di Santiago del Cile che fu una sorta di campo di concentramento a cielo aperto in cui vennero imprigionati e torturati oltre 40000 dissidenti (a tal proposito consiglio il bellissimo film “Missing” di Costa Gavras con protagonista Jack Lemmon).
Il regista Nanni Moretti ha deciso di parlare di questi fatti con un documentario che fa un interessante parallelo tra l’Italia di oggi e il Cile del 1973, arrivandoci per gradi (il documentario in diviso in vari capitoli). La domanda sorge spontanea: perché trattare il tema 45 anni dopo? La risposta che ha dato Moretti è stata semplice: “all’epoca delle riprese non sapevo cosa rispondere. Poi quando Matteo Salvini è diventato Ministro degli Interni ho capito perché ho girato quel film. Ci sono forze politiche che vengono votate non nonostante la loro violenza verbale ma proprio perché ne fanno uso. La solidarietà, l’umanità, la curiosità e la compassione verso gli altri sembrano essere bandite. C’ è uno slittamento progressivo ma inarrestabile verso la mancanza di umanità e di pietà”. La dittatura del qualunquismo sta regnando sovrana. Nel 2011 quando Antonio Albanese fece uscire “Qualunquemente” i più non capirono che quella non era solo satira, ma ciò a cui stavamo andando incontro… Le colpe però sono anche della sinistra e del PD che si perdono in “battibecchi interni che non interessano a nessuno, non capendo che ci sarebbe spazio per una forza razionale, seriamente riformista ed europeista”. Effettivamente la destra sta facendo il suo “mestiere”, ma la sinistra dov’è? Bella domanda a cui, francamente, non saprei come rispondere.
A rincarare la dose ci pensa un sopravvissuto al regime di Pinochet, Erik Merino (il cardinale cileno di “Habemus Papam”), che da oltre 40 anni vive nel nostro Paese. “L’Italia assomiglia sempre più al Cile, nelle cose peggiori. La persona che hai al tuo fianco, se puoi, la calpesti. L’Italia degli anni Settanta era il paese dei miei sogni, girando per il paese oggi ritrovo i peggiori difetti del Cile”. Nanni Moretti ancora una volta cerca di scuotere lo spettatore dall’apatia, non rinunciando a credere nel rispetto verso gli altri. Ci vuole un processo di collettivizzazione della società e non quello di individualismo sfrenato (che però è ormai imperante).Dando parola ai protagonisti dell’epoca (tra cui il regista Patricio Guzman) e mostrando filmati di repertorio, Moretti ci fa capire soprattutto il ruolo dell’ambasciata italiana a Santiago del Cile di quegli anni. “Santiago,Italia” mostra un parallelismo netto che indaga sulle luci e le ombre sia del Cile del 1973 sia dell’Italia contemporanea. Spesso il nostro Paese viene ritratto in maniera negativa, ma questo gesto testimonia che l’Italia qualcosa di buono lo sa fare. Nanni Moretti, in un’intervista esclusiva con Mario Calabresi per “Il venerdì” di Repubblica, ha sottolineato che “per gli italiani della mia generazione, il Cile è stato molto importante, soprattutto il processo di Unità Popolare, un governo di sinistra liberamente eletto. E, naturalmente, seguiamo da vicino quello che è successo in Cile durante la dittatura”.
In un’epoca buia i cileni saltavano i muri per rifugiarsi nelle ambasciate. In quella italiana c’erano uomini che rischiarono la vita offrendo riparo a tanti oppositori del regime di Pinochet, finendo poi per rimpatriarli verso l’Italia. Queste persone (circa 250) sono grate al nostro Paese per questo e ci dicono che la situazione italiana odierna sta degenerando. Stiamo correndo gli stessi pericoli. Oggi nel Belpaese bisogna ritrovare quest’orgoglio, questa passione. Mancano esempi positivi. Ma il chiaro obbiettivo di Moretti è soprattutto far vedere che questi rifugiati sono ormai italiani a tutti gli effetti a livello di integrazione. Perché dopo 45 anni non riusciamo ad accettare che la stessa cosa possa accadere oggi? Il regista in pratica smonta lo slogan “prima gli italiani”, mostrando l’assoluta contraddizione del dogma salviniano. Ma è piuttosto incazzato con il PD. Su RaiUno, ospite di “Che tempo che fa”, ha definito “un errore vergognoso non dare la cittadinanza ai bambini nati in Italia, il cosiddetto ius soli”.
Il regista è di nuovo profetico come ai tempi di “Habemus Papam”. All’epoca arrivò a ritrarre i dubbi di un uomo (Michel Piccoli) che stava diventando Papa. Nel 2013 Benedetto XVI si dimise per davvero. Tuttavia girare questo documentario non è stata un’esperienza piacevole. Perché il regista ha intervistato anche agenti e militari legati al regime. Moretti ha fatto capire che ci sono state grosse difficoltà a parlare con queste persone. D’altronde parlare con i fascisti non è molto semplice, se si ha un’opinione diversa dalla loro. Come dice nel trailer, però, questo non è un film imparziale. Il militante Moretti si espone in maniera diretta filmando un’opera atipica e necessaria per il cinema italiano contemporaneo. È un film rivoluzionario, quasi “copernicano”: al centro c’è solo l’uomo con i suoi dubbi, le sue domande, le sue emozioni, i suoi tormenti, la sua commozione. L’invito del regista è rivolto a tutti: prendere posizione, essere solidali con gli altri, farsi un’opinione sui fatti, schierarsi, non essere imparziali. Quindi non si può fare a meno di applaudire il ritorno di uno dei maestri del cinema italiano. Specie in una stagione poco eccelsa per il nostro movimento cinematografico.
Regia **** Montaggio **** Sceneggiatura **** Attualità *****
Fonti principali: Coming soon, Cinematografo, Venerdì di Repubblica, Best Movie
Santiago, Italia ****
(Italia 2018)
Genere: Documentario
Regia e Sceneggiatura: Nanni Moretti
Produzione: Rai Cinema, Sacher Film
Durata: 1h e 20 minuti
Distribuzione italiana: Academy Two
Uscita: 6 Dicembre 2018
Trailer qui
Film di chiusura del 36° Torino Film Festival
La frase cult: Io non sono imparziale
Immagine di copertina ripresa liberamente da www.rollingostone.it
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.