Lo scatenarsi della guerra in Ucraina accompagna scenari purtroppo prevedibili in Europa e in Italia. Oltre alla decisione UE di armare l’Ucraina, abbiamo l’inizio di una campagna russofoba piuttosto importante. In Italia lo scrittore Paolo Nori, alla fine di un tira e molla, ha rinunciato a tenere il corso su Dostoevskij presso la Bicocca, dopo che la stessa inizialmente lo aveva stoppato. Un nuovo maccartismo si aggira in Occidente? Si può davvero fare a meno di Dostoevskij e Tolstoj in Occidente? Di queste e di altre domande si occupa il Dieci mani di questa settimana.
Leonardo Croatto
La guerra si nutre di racconti più di qualsiasi altra attività umana. Convincere dei ragazzi a lasciare casa e imbarcarsi su carri bestiame per essere scaricati in terra straniera con il compito di ammazzare dei perfetti sconosciuti richiede ottime doti comunicazionali, che la storia umana – costituita prevalentemente di scontri tra sconosciuti per futili motivi – ha oramai perfezionato, tanto che esistono veri e propri manuali che raccolgono le tecniche utili a convincere persone usualmente sedentarie e disinteressate a sconvolgere il proprio stile di vita, lasciare la propria casa e partire entusiasti per andare a morire ammazzati in un paese straniero a centinaia di kilometri di distanza.
La disumanizzazione del nemico di turno è una delle tecniche di base, e la vediamo messa in pratica, in questo momento, da tutta l’informazione occidentale, con pochissime nobili eccezioni. In questo contesto, se gli tutti gli sforzi devono essere diretti a farci odiare il nemico, non si può consentire che qualche voce dissonante ci racconti dell’esistenza di Russi non incivili, non pericolosi, o addirittura contrari alla guerra. Qualsiasi atto volto a far apparire il nemico meno minaccioso, odioso e disumano incide direttamente sull’intensità dello sforzo bellico, ed è evidente che proprio gli uomini e le donne dell’arte e della cultura sono quelli che invece producono la maggior spinta opposta rispetto all’attività di disumanizzazione forzata sulla quale si impegna tutta la propaganda bellicista.
L’aggressione verso il mondo dell’arte e della cultura non è affatto incidentale o casuale; può non essere pianificata, ma chi la agisce ha – consciamente o inconsciamente – il preciso obiettivo di non offrire spazi per una rappresentazione positiva del nemico. Che si silenzino docenti universitari, scrittori (vivi o morti non rileva) e musicisti è, purtroppo, la norma, quando la macchina della propaganda è in piena corsa.
Piergiorgio Desantis
Non è solo la rinuncia indotta di Paolo Nori al corso su Dostoevskij presso la Bicocca di Milano ma anche il ritiro dalla Russia di tutte le più importante testate giornalistiche d’Occidente. Infatti Bbc e Bloomberg ritirano i giornalisti, Cnn smette di trasmettere ma è un clima generale pesante che favorisce sicuramente l’escalation militare e il muro contro muro. Ci sarebbe bisogno davvero di tutt’altro, del protagonismo UE non per mandare armi ma per costituire un tavolo multilaterale dove tentare di fermare questa orribile guerra. Non vi è traccia, tranne sporadici e poco convinti tentativi.
Francesca Giambi
E siamo in guerra, ogni stato dell’Unione Europea ha un proprio atteggiamento e una strategia a difesa dei propri interessi. La criminale strategia di Putin di attaccare su larga scala l’Ucraina sembra non essere ciò che l’occidente pensava: un intervento mirato di Mosca alle regioni autonome del Lugansk e Donetsk. Sembra quasi impossibile che siano stati tutti così impreparati, eppure la crisi dell’est dell’Ucraina non è certo nuova, dal drammatico 2013, con il precedente del 2004 e i continui stravolgimenti politici tra partiti filo-occidentali e filo-russi ai vertici del governo di Kiev. Ed ecco che una sporca e orribile guerra sta devastando la nostra anima, sta impaurendo tutti. L’impreparazione dell’Occidente è dovuta anche al fatto che negli ultimi anni si è pochissimo curato la politica estera, penso soprattutto alla vicenda pandemica che ha concentrato tutto sulla guerra al virus senza pensare ad evitare conflitti classici di identità etniche, culturali, linguistiche e storiche. Nell’estate del 2020 in Italia ci si litigava, si perdevano energie mentali in contrapposizioni verso il covid mentre Turchia e Russia entravano nel contesto libico… Si sentono frasi, per me patetiche, sul fatto che sia la prima volta che assistiamo ad una guerra dentro l’Europa. Mah… Non ci ricordiamo più la guerra jugoslava dopo una decina di anni dalla morte di Tito che si svolse tra il 1991 e il 2001?L’azione economica contro la Russia forse avrà degli effetti, ma nel frattempo infligge un grosso colpo per la nostra economia: siamo i sesti esportatori/importatori dalla Russia.
E allora, l’Italia diventa “bombarola”… Trovo altrettanto criminale continuare ad assecondare la guerra, mandando armi all’Ucraina ma non sporcandosi le mani direttamente. Siamo proprio ipocriti! Dobbiamo fare tutto ciò che possiamo per protestare contro la guerra, dato che i russi non lo possono fare… dobbiamo sostenere tutte le attività di relazioni, per impedire una guerra che ci distruggerà. E poi basta con le semplificazioni… Putin pazzo e male assoluto, Ucraina povero agnello sacrificale. Fosse così semplice… Non voglio entrare in tutto questo groviglio di psicologie, di fake news, voglio solo affermare che Putin non è la Russia e tutto ciò che sta accadendo in Italia contro la Russia è vergognoso e patologico. I nostri grandi imprenditori, che hanno fatto affari e hanno permesso grossi affari di Putin e dei ricchi russi nel nostro territorio, dove sono? Sono convinti anche loro che attraverso le armi si chiuda questa guerra? Perché non c’è un’azione precisa verso la diplomazia? Verso una neutralità? Sembra incredibile ma oggi sono tutti a favore di un intervento militare nostro, contro la Costituzione, a protezione degli ucraini. E si mobilitano anche migliaia di cittadini dell’UE per accogliere il milione e mezzo di ucraini che stanno arrivando
Forse può sembrare cinico, ma dove erano le stesse persone nell’infinita guerra in Yemen? Dove erano nel disastro dell’Afghanistan? Nel dramma delle donne? È solo una questione di distanza? O è solo ignoranza profonda di storia e geografia, che improvvisamente abbiamo realizzato che l’Ucraina è davvero vicina? Nemmeno il Papa è riuscito a smuovere le coscienze verso un pacifismo attivo. Le manifestazioni pacifiste che si sono avute in Europa sono state quasi censurate dalle televisioni. In Parlamento si è discusso addirittura di Marc Innaro, pericoloso inviato pro-Putin.
Siamo alla follia. Putin non è la Russia! Forse è solo paura che non ci fa ragionare ma l’unica cosa che dobbiamo portare avanti è la PACE! Non mi piace nemmeno la descrizione dei pacifisti come gente senza attributi… Ma di cosa parliamo? Basta guerra!!! Ma sapevamo chi era Putin, sapevamo come sono stati calpestati i diritti sotto il suo regime, sapevamo la fine di molti dissidenti, di inviati…Sapevamo tutto e continuavamo a fare business con lui ed ora improvvisamente ci accorgiamo che è un pazzo criminale? È così triste assistere ad una continua semplificazione dei problemi. E neanche i nostri intellettuali ci danno una mano… Il politicamente corretto, non la guerra, ha fermato il corso di Paolo Nori su Dostoevskij all’Università di Milano Bicocca… Ancora più squallido, cercare di censurare la grande cultura è qualcosa di incredibile, forse mail successo… sembra quasi che il politicamente corretto a volte nasconda proprio le posizioni nei dibattiti…Ebbene guardare alla grande cultura russa come genitrice di Putin è incredibile. Mettere in discussione grandi scrittori che tanto hanno dato ai nostri scrittori è pericoloso oltre che demenziale. Non riconoscere quanto i registri occidentali debbano al genio di Eisenstein, e non solo per la famosa Corazzata, ma per l’uso dei primi piani, dei particolari avvicinati per analogia (pensate a Blob…), della musica come parte integrante delle scene, del realismo…Abbiamo un debito verso la cultura russa sia dei grandi scrittori, sia dei musicisti, degli artisti, del balletto (il Teatro Bol’šoj è stato fondamentale per tutto il ‘900). Vedere che oggi questa lotta a Putin vuol dire anche escludere cantanti russi dall’Eurovision, cancellare la presenza degli atleti russi alle paraolimpiadi mi sconvolge… Cosa c’entrano i russi con Putin? La cultura, il conoscere ci dovrebbe proteggere, ma mi sembra che di stiamo solo abbassando e massificando…Una nota forse “divertente” quanto terribile è quella che persino ai gatti russi viene proibito l’accesso ai concorsi internazionali.
Jacopo Vannucchi
La mobilitazione ideologica che ha investito l’intero Occidente a seguito dell’intervento russo in Ucraina ha un parallelo con il martirologio anticomunista dell’Ungheria nel 1956 o della Polonia di Solidarność. Ma è anche la rescissione dei legami economici a delineare il conflitto in termini preoccupanti: se interi colossi multinazionali dismettono le proprie operazioni in Russia è evidente che il disegno è quello di una contrapposizione durissima, un gioco pericoloso ad alzare sempre di più la tensione lasciando all’altro campo l’onere di un incidente armato.La caccia alle streghe contro la cultura russa è parte di questa dinamica. Non si tratta soltanto degli accessi di imbecillità circa la proibizione di Dostoevskij – per chi paragona Putin agli zar, ad esempio, sanno che in gioventù Dostoevskij fu imprigionato per attività socialista e subì perfino una falsa fucilazione? Prendiamo un caso apparentemente più fondato, quello del direttore d’orchestra Valerij Gergiev. Il sindaco di Milano ha apertamente rivendicato, a giustificazione della sua epurazione dalla Scala, da un lato la quasi unanimità dell’ostracismo di Gergiev in Europa, dall’altro il fatto che a Gergiev era stato semplicemente chiesto di pronunciarsi contro la guerra.Partiamo dal numero: l’argomento richiama quello dei cento scienziati tedeschi che nel 1931 firmarono una lettera aperta contro la “fisica ebraica” di Albert Einstein. Termini echeggiati dalla critica attribuita a un altro direttore d’orchestra, il tedesco Christian Thielemann, contro il suo collega Barenboim: “confusione ebraica”. Vera o no questa frase, Thielemann però si è dichiarato vicino alla xenofobia tedesca di Pegida eppure continua senza problemi a dirigere la Staatskapelle di Dresda. E qui veniamo alla politica: è lecito subordinare la libertà artistica alle opinioni politiche dell’artista, o addirittura alle sue opinioni sull’attualità? Se la risposta fosse “sì”, essa sarebbe difficilmente conciliabile con l’autocelebrazione del liberalismo.La potenza della crociata culturale e ideologica contro la Russia, anche in Paesi non storicamente antirussi o non direttamente esposti alla minaccia russa, è solo una manifestazione della determinazione degli Stati Uniti a non rassegnarsi alla propria debolezza relativa. Paradossalmente questo obiettivo coincide con quello russo nel cercare per l’ennesima volta di soffocare un ruolo autonomo sulla scena mondiale dell’Europa come grande potenza.
Alessandro Zabban
La guerra in Ucraina ha reso ancora più evidenti le fratture geopolitiche fra Occidente o Oriente, o meglio, fra il blocco dei paesi occidentali e quello composto, in prima battuta, da Russia e Cina.
Il clima da nuova Guerra Fredda a cui si assiste sbigottiti, fra violenze russofobe e deprecabile cancel culture, in realtà non è affatto una novità, basta andare a rivedere quanto in Europa negli ultimi anni si sia parlato delle proteste “pro-democrazia” in Russia e di Navalny e di quanto poco si sia affrontata, ad esempio, la ben più grave situazione dei diritti umani in Arabia Saudita o in Qatar.
La pandemia ha segnato una nuova accelerazione del processo, che ha portato nel mirino delle classi dirigenti occidentali il sistema cinese. È stata mossa una feroce campagna denigratoria che ha diffuso le più assurde fake news su Pechino e che ha rilanciato senza vergogna le più fantasiose idee complottiste sull’origine del virus. La paura di una Cina forte economicamente, sempre più autorevole internazionalmente e in grado di rispondere meglio all’emergenza sanitaria, ha creato non pochi grattacapi qua da noi e la risposta prevedibile è stata quella di un’offensiva totale contro la Cina, cercando di far passare il suo modello come una follia orwelliana. Sappiamo che uno dei risultati più pragmatici di queste ricostruzioni mediatiche sono state le violenze contro le comunità asiatiche negli Stati Uniti.
Non può dunque stupire che di fronte all’aggressione russa all’Ucraina, la reazione del mondo occidentale non abbia intaccato solo i rapporti diplomatici ma abbia lanciato anche una nuova, pericolosa, fase di odio russofobo. E il nostro sistema mediatico sta facendo di tutto per veicolarlo e diffonderlo.
Uno delle conseguenze più gravi di questo meccanismo è l’impossibilità di parlare in maniera laica del conflitto in Ucraina. Pare assurdo che ogni volta che qualcuno provi ad argomentare, debba sempre precisare di non essere putiniano e di essere totalmente in disaccordo con l’aggressione russa, un modo sbagliato per cercare di risolvere problemi concreti e complessi. Bisogna però chiedersi se in questo modo sarà la Russia a essere isolata dal mondo oppure se non ci sia la possibilità che sia l’Occidente a rischiare piano piano di finire nella periferia geopolitica di una nuovo ordine mondiale che appare sorgere in lontananza.
Immagine da commons.wikimedia.org
Ogni martedì, dieci mani, di cinque autori de Il Becco, che partono da punti di vista diversi, attorno al “tema della settimana”. Una sorta di editoriale collettivo, dove non si ricerca la sintesi o lo scontro, ma un confronto (possibilmente interessante e utile).
A volta sono otto, altre dodici (le mani dietro agli articoli): ci teniamo elastici.