Il Tribunale del Riesame di Genova ha accolto la richiesta della procura di poter procedere al sequestro dei 49 milioni di euro di rimborsi elettorali che la Lega Nord ha incassato indebitamente fra il 2008 e il 2010. La sentenza di condanna definitiva (truffa ai danni dello Stato) mette la Lega in una situazione complicata, dato che il partito ha ora solo 5 milioni in cassa.
Salvini si difende affermando che quella sentenza riguarda errori e colpe commesse da un’altra classe dirigente (la Lega di Bossi) e non quella attuale (“le vicende giudiziarie di 10 anni fa non mi appassionano”), ma sono in molti – non ultima una inchiesta dell’Espresso – a sottolineare il fatto che anche i Segretari succeduti a Bossi (Maroni e lo stesso Salvini) hanno potuto beneficiare per le loro campagne elettorali proprio di una parte consistente di quella cifra ottenuta illegittimamente. Quale sarà il futuro della Lega a partire da questa sentenza? E quali saranno le ripercussioni sul governo? Ne parliamo questa settimana a più mani.
È il caso di scomodare la questione morale di Enrico Berlinguer quando, su La Repubblica del 28 luglio 1981, egli diceva che: “I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero”. Le parole di Berlinguer, purtroppo, sono state profetiche e foriere di nuovi e continui disastri e hanno confermato che, con la fine dei partiti della Prima Repubblica, le malversazioni, le frodi e la corruzione sono diventati ormai fenomeni endemici e dilaganti.
È avanzata una narrazione contro la casta e contro i soldi pubblici dati ai partiti, durata oltre venti anni e propinata con dosi massicce, partita dal Corriere della Sera di Rizzo e Stella e poi gestita dal Movimento 5stelle fino alla capitalizzazione in termini di voti da parte di quest’ultimo. Siamo arrivati, dunque, a eliminare il finanziamento pubblico ai partiti. Sarebbe il caso, a sinistra, di iniziare a ripensarci.
La questione dei 49 milioni di euro sottratti dalla Lega alle casse dello Stato è eminentemente politica più che finanziaria. Per la Lega il problema finanziario si porrà difficilmente, per due motivi: anzitutto, la sentenza potrà essere aggirata tramite un cambio di denominazione; in secondo luogo, i suoi influenti amici internazionali, a partire da Russia Unita, difficilmente si fermeranno di fronte a una cifra facilmente sormontabile. Sotto l’aspetto politico, la vicenda coinvolge invece il sistema partitico italiano, la linea politica di Salvini verso l’esterno e i suoi rapporti con la minoranza all’interno e infine i rapporti Lega-M5S.
Dal punto di vista sistemico il tanto agitato vulnus alla democrazia non pare sussistere: al contrario, il vero vulnus è che un partito abbia potuto compiere attività politica (per dichiarazione stessa di Salvini) con denaro rubato – dimostrando così, inoltre, di non saper agire nel rispetto del quadro democratico. Per quanto riguarda il partito, la sua strategia e la sua articolazione interna, Salvini potrebbe avere buon giuoco a dipingersi come vittima di una persecuzione giudiziaria, sebbene l’inchiesta sia partita all’inizio del 2012 (il mutamento della dirigenza nel frattempo intervenuto non può, chiaramente, annullare le colpe dei soggetti giuridici).
Viene però anche posto davanti a un bivio: fare blocco con l’ala nordista di Bossi e Maroni, e quindi moderare il proprio nazionalismo economico (con tutte le ricadute del caso sul governo), oppure additarla come responsabile ed epurarla? Sinora tutti gli esponenti di destra e di centrodestra, anche i più lontani come Maurizio Lupi, hanno manifestato solidarietà alla Lega per la possibile interruzione dell’attività politica derivante da questa inchiesta; una solidarietà che nasconde la brama di recuperare i voti leghisti. Nel caso di Maroni la solidarietà si è estesa anche alla gestione del Ministero dell’Interno: un possibile segno del non voler fornire pretesti al segretario per avviare una pulizia politica interna, in vista, evidentemente di una sua futura caduta.
Infine il M5S, che aveva sinora manifestato piena adesione alla linea difensiva di Salvini, ha opportunamente sguinzagliato Di Battista, uno dei capi movimentisti già epurati dai centri decisionali per disfarsi dei toni antiborghesi e vagamente anticapitalisti e consentire la compiuta conversione reazionaria. Per ora, però, il segretario leghista non si è fatto molto impensierire qualificando l’attacco di Di Battista come una questione interna al M5S.
Un’inchiesta dell’Espresso chiarisce molto bene come anche Salvini abbia beneficiato, almeno indirettamente, dei fondi illeciti frutto della truffa di Bossi e Belsito. Mentre si indaga su che fine abbiano fatto quei soldi (spesi per compagne elettorali, portati all’estero, o chissà?), è evidente che con questa sentenza la Lega Nord è, di fatto, morta. Muore la retorica di “Roma ladrona”, muore politicamente il bossismo. Ma quello che non muore è la nuova Lega che Salvini ha coltivato per lungo tempo e sdoganato con una certa – occorre ammetterlo – intelligenza politica. Quella attuale è una Lega nazionalista che si inserisce all’interno di un più ampio movimento che vede partiti di destra xenofoba ed euroscettica in forte ascesa.
Se la sentenza sulla restituzione dei 49 milioni è un problema economico notevole che Salvini e i suoi si trovano ad affrontare, da un punto di vista politico, per loro potrebbe addirittura rappresentare un vantaggio. Dato che la sentenza non sembra poter avere un contraccolpo troppo negativo per la Lega in termini di fiducia e popolarità, Salvini può usare la sentenza come pretesto per togliersi di mezzo la vecchia politica “padana” ed autonomista che rappresenta ad oggi una spina nel fianco nella linea nazionalista della nuova Lega. Vedremo se il Segretario del Carroccio saprà giocarsi ancora una volta bene le sue carte.
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