Nessuna strategia del doppio forno garantisce Salvini.
Gli accordi per le prossimi elezioni amministrative ricompongono però l’asse Lega – Forza Italia – Fratelli d’Italia, mentre l’ex partito del nord pare proseguire il rafforzamento del proprio consenso nel Paese, a danno dell’alleato di governo a 5 Stelle.
Anche in Europa gli equilibri sembrano cambiare, con i popolari tentati dalle altre destre (date le precarie condizioni di salute dei socialisti europei?).
Dopo l’incontro Berlusconi Salvini ad Arcore, da più parti si è parlato di rilancio del centrodestra.
Sarebbe, forse, più appropriato dire che si tratta di una conferma dell’area politica che nasce nel ’94 dallo sfaldamento della Democrazia Cristiana e del Partito Socialista italiano con la celeberrima “discesa in campo” di Silvio Berlusconi in Italia.
Quella del centrodestra italiano (pur con alterne vicende e varie denominazioni) è storia contemporanea italiana che narra di un gruppo politico, piuttosto omogeneo aldilà di una serie di divergenze solo tattiche, che ha bloccato e continua a bloccare lo sviluppo italiano in senso progressista e di ridistribuzione delle risorse economiche. Privatizzazioni, tutela degli interessi proprietari del maggiore imprenditore italiano, riduzione dei diritti sociali e civili e ampliamento delle disuguaglianze, tolleranza zero nei confronti di tutti i tipi di migranti e libertà e detassazione per i grandi patrimoni e rendite, il loro programma.
Dobbiamo ricordarci che i partiti che hanno fatto parte di questa coalizione sono stati sempre maggioranza reale in termini di voti e, solo per divisioni tutte interne alla loro classe dirigente, sono stati per periodi piuttosto brevi all’opposizione.
È evidente che la storia del centrodestra è la storia del liberismo in Italia e noi ci siamo ancora dentro.
Il centrodestra italiano riesce a vivere di rendita dal crollo della Prima Repubblica e dalla “discesa in campo” di Berlusconi, pur vivendo la sua mutazione populista. La svolta neoliberista ha infatti travolto unicamente la sinistra, lasciando alla destra l’egemonia politica.
Lo sviluppo di un finto bipolarismo con il centrosinistra ha infatti mascherato l’unipolarismo liberista che ci ha accompagnato per tutti gli anni Novanta e durante il primo decennio del nuovo millennio.
Oggi, con un Governo composto da una forza di centrodestra e una esterna al polo politico conservatore, ci si chiede quanto sia replicabile l’esperienza del centrodestra. Ebbene, nonostante i ripetuti incontri con il leader storico del centrodestra italiano con il quale la Lega non intende rompere sembra che ormai questa forza politica abbia la forza di navigare da sola, senza più la necessità di un alleato vecchio e scomodo che non rinuncerebbe alla figura di padre nobile. La vera domanda da porsi semmai pare essere quanto la Lega continuerà a trarre ispirazione dall’impianto valoriale della destra liberista che ispirò il centrodestra politico.
L’attesa delle elezioni europee dove l’asse del bipolarismo potrebbe definitivamente cedere e il materializzarsi dell’alleanza con un popolare europeo eterodosso come Orban, che ha ormai virato su posizioni nazionaliste, lasciano intendere che il liberismo sarebbe piuttosto malconcio, ma ancora vivo. Insomma, viviamo in una sorta di limbo in cui le forze politiche italiane attendono il risultato delle europee. La doppiezza della Lega, euroscettica ma alleata con esponenti eretici del PPE, evidenzia come l’impianto valoriale della destra non sia mai definitivamente venuto meno mentre quello liberista probabilmente sì, abbandonato per un ritorno al nazionalismo come rimedio ai disastri della globalizzazione che non dispiace nemmeno alla destra moderata che va dall’Ungheria all’Inghilterra.
Cos’è la destra e cos’è la sinistra?
Una domanda stanca, a cui quelli di sinistra dovrebbero capire come rispondere, perché gli altri si sentono a loro agio a non rinchiudersi in un recinto connotato abitualmente in modo negativo (meglio dirsi liberali, liberisti, riformisti, moderati, …).
Il problema poi è anche di chi si richiama al comunismo, talvolta contrapponendosi alla sinistra.
Fa tutto parte di come si costruisce o gestisce un’identità, soprattutto in politica.
Il centrodestra a trazione Lega, con dentro i neofascisti della Meloni ha ben poco di moderato e riformista. Così come non poco è rimasto tra le macerie che ricercano il Partito Democratico come interlocutori (associazioni, tessuto sociale, et cetera). Molta conflittualità di classe priva di coscienza si rivolge (magari a vuoto) al Movimento 5 Stelle.
Non stupisce che negli enti locali si ricompatti l’arco “Fiuggi- Milano 2 – Pontida”. Preoccupa l’incapacità di quelli che aspiravano a governare per non regalare il paese all’estrema destra, salvo poi lasciarle il Ministero dell’Interno.
Il problema è pensare di poter rimettere insieme le macerie del centrosinistra con la galassia della sinistra radicale, solo per la paura delle destre.
Non ha funzionato, non funzionerà.
A prima vista la ricomposizione della coalizione di destra (il centro di Noi con l’Italia è sistematicamente assente dal 5 marzo) per le elezioni locali, in un’articolazione diversa da quella del Parlamento nazionale, può semplicemente ricordare esperienze già viste in passato, come ad esempio il Psi alleato con la Dc a Roma e con il Pci nei territori.
Ma a ben vedere la rimpatriata riflette le debolezze e le insicurezze dei tre partiti.
Forza Italia non può permettersi una corsa solitaria, che probabilmente si tradurrebbe in una ulteriore perdita di consensi innescando un “voto utile” di destra verso la Lega, relegando così il partito di Berlusconi all’irrilevanza politica.
Fratelli d’Italia, dopo aver coltivato l’idea di un’opposizione al Governo Conte basata sulla denuncia del “tradimento” di Salvini alleato con un M5s identificato come ala della sinistra, ha scelto un’equivoca astensione adoperandosi però attivamente per il sostegno fanatico alla Lega. La strategia non ha portato bene: ad oggi i consensi sono stimati inferiori di un punto al 4,3% del 4 marzo.
Ma anche la Lega ha molte titubanze a mollare gli ormeggi di coalizione per tentare la navigazione solitaria: pur nel momentaneo aumento di consensi che tale mossa provocherebbe, il rischio di essere chiusi in una manovra a tenaglia tra gli ex alleati e il M5s è troppo forte.
Fin dalla coabitazione tra Msi e Lega nel 1994 la coalizione di (centro)destra è stata prevalentemente un accordo di mero interesse razionale tra i diversi ceti conservatori delle varie zone geografiche del Paese. Per questa ragione non può essere motivo di eccessivo stupore che, nonostante i reciproci anatemi, l’accordo di fondo tra Forza Italia e Movimento 5 Stelle regga, come regge dall’elezione dei Presidenti delle Camere il 24 marzo.
Immagine di copertina di Franklin Heijnen liberamente ripresa da www.italiachiamaitalia.it
Ogni martedì, dieci mani, di cinque autori de Il Becco, che partono da punti di vista diversi, attorno al “tema della settimana”. Una sorta di editoriale collettivo, dove non si ricerca la sintesi o lo scontro, ma un confronto (possibilmente interessante e utile).
A volta sono otto, altre dodici (le mani dietro agli articoli): ci teniamo elastici.