Sicurezza e decoro, idee senza parole, protagoniste di questa fase storica, in cui le categorie di destra sono diventate prevalenti, fatte proprie anche dalla sinistra istituzionale. Bologna e Firenze sono tra le città più importanti in cui la classe politica e amministratrice agisce attraverso un impianto repressivo, capace di accettare solo ciò che impone il “libero” mercato, sacrificando partecipazione e cittadinanza. Lo denuncia Wolf Bukowski nel suo libro La buona educazione degli oppressi (Alegre, 2019). Un libro doloroso per chi abita in quei tessuti urbani di cui l’autore ricostruisce la progressiva ascesa nell’ovattato paradiso del capitalismo del XXI secolo.
I diritti, quelli per cui si sono portate avanti lotte e rivoluzioni, riconosciuti come irrinunciabili nel corso dei decenni passati, grazie a faticose conquiste, oggi sono ricondotti a calcoli di sostenibilità economica. I soldi non ci sono, lo dice la mano invisibile della nostra società. Perché dobbiamo tutte e tutti concorrere a comuni obiettivi, collaborando tra sfruttatori e sfruttati, identificando gli estranei come nemici. Il conflitto alto-basso si trasforma facilmente in dentro-fuori, permettendo quella sovrapposizione tra immigrazione e senso di insicurezza, cavalcato in Italia dalla Lega e accettato in gradi diversi dal centrosinistra. Le cause delle ingiustizie in cui siamo immersi vengono rimosse, opinione pubblica e senso comune reindirizzati sul contingente, su quello che in una situazione di precarietà crescente dà fastidio più in prossimità. Vendendo l’illusione di poter risolvere i problemi si è arrivati all’elezione diretta dei sindaci, chiamati a rassicurare l’elettorato in un presunto rapporto non filtrato dagli orpelli della politica democratica e partecipativa. Così si è favorito un processo di «progressiva fascistizzazione delle vita urbana». «Non potendo infatti attuare politiche sociali incisive perché gli enti locali, proprio mentre sono gonfiati politicamente, vengono svuotati economicamente, il sindaco si orienterà in modo quasi ineluttabile alla più facile alternativa, ovvero la persecuzione dei poveri, dei migranti e degli antagonisti, sia a scopo di consenso elettorale (facendo pulizia con la polizia) che ai fini di messa a reddito integrale della città (gentrificazione, turistificazione, …)» [pp. 66-67].
Le città vengono messe in allarme, si deve controllare cosa fa il vicino o la vicina, coccolati dal moltiplicarsi di telecamere (Firenze si vanta di essere una capitale della videosorveglianza e sta per inaugurare una Smart City Controll Room, aggravando la situazione fotografata da Bukowski). Che idea di essere umano c’è dietro a questa costruzione di società cittadine? Le merci sono sacre, la vita umana deve rispettarle. Ciò che è fuori dal mercato è pericoloso, bisogna avere paura. Così, in giorni di Lucca Comics sia concessa una battuta, la paura facilmente finisce per alimentare l’odio e portare al “lato oscuro”. Con conseguente ben più pesanti di un film proiettato al cinema, visti i risultati della Lega di Salvini e l’imbarazzante deriva della sinistra istituzionale.
Si produce così un effetto paradossale per cui «via via che lo spazio pubblico viene ripulito dai marginali e dalle loro tracce, ogni presenza anche solo leggermente diversa risulterà inquietante, perché il concetto di disordine e di inciviltà si sarà esteso al punto di generare sospetto verso chiunque non sia platealmente un benestante impegnato nei riti di consumo» (p. 93). In nome di una nostalgia astratta di inesistenti bei tempi andati, la vita diventa una difesa dei privilegi, accerchiata da povertà e degrado. Fino a eleggere la buona educazione come legge, applicata secondo la discrezionalità delle amministrazioni locali, grazie ai decreti Maroni e Minniti.
Frugare tra i cassonetti è reato. Sdraiarsi su una panchina anche. In fondo essere poveri e non nascondersi è un affronto al nostro quieto sopravvivere. Persino le scritte sui muri possono essere accettate se inquadrate nelle regole, restringendo sempre di più i limiti della libertà, ovviamente sempre in nome della libertà… I diritti civili nel frattempo si indeboliscono e nella repressione puntualmente finisce anche la lotta sociale di chi si difende dal devastante modello economico che si è rafforzato con la crisi, momento in cui «si manifesta al massimo grado l’essenza di rapina del capitalismo, il suo già efficace strumento di redistribuzione verso l’alto della ricchezza» (p. 51).
Liberalizzato il commercio, può iniziare la guerra alla socialità spontanea. Ciò che non può avvenire all’interno di locali privati deve essere additato come degrado, ignorando ogni esigenza di relazione e partecipazione. Così si conduce una battaglia ormai vinta su più fronti, che estetizza la vita politica e non mette in discussione i rapporti di forza nella società, convincendoci di essere tutti angeli che operano a difesa della bellezza, per difenderla dai demoni della vita, ben più complessa e articolata di un filtro Instagram….
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Classe 1988, una laurea in filosofia, un dottorato in corso in storia medievale, con diversi anni di lavoro alle spalle tra assistenza fiscale e impaginazione riviste. Iscritto a Rifondazione dal 2006, consigliere comunale a Firenze dal 2019.