Nel dibattito politico italiano il tema che più di tutti capitalizza lo scontro tra governo e opposizione, nonché coinvolto l’opinione pubblica – soprattutto sui social – è il fenomeno delle migrazioni. Il recente caso della Sea Watch 3 è stato poi la punta dell’iceberg di un terreno di dibattito che dura da anni, se non un decennio, ma che negli ultimi tempi si è talmente radicato e radicalizzato da avere tutti i riflettori puntati su di sé . Non entro nei particolari della vicenda perché c’è chi lo ha fatto prima di me e in maniera più esaustiva. Tuttavia, come mi sembra evidente, se il gioco è quello di far schierare tra “pro” e “contro” la Capitana Carola, io sono tra coloro che senza ombra di dubbio scelgono di essere solidali, scelgono il soccorso anziché l’indifferenza, l’apertura delle frontiere anziché la chiusura. Ma al di là della presa di posizione sulla vicenda, se vogliamo vedere la situazione un po’ più dall’alto, guardando non solo questo o quel caso di cronaca, il vero problema è che in Italia non c’è nessuna questione sulla migrazione. Stiamo ragionando di un fenomeno che non solo non è affatto emergenziale ma il cui impatto sociale potrebbe essere – se non ci fosse la lente di ingrandimento di media e politica – addirittura trascurabile di fronte alle tante reali questioni che la politica dovrebbe affrontare.
La migrazione, in generale, è un fenomeno che storicamente e antropologicamente coinvolge o ha coinvolto la stragrande maggioranza dei popoli del mondo: questo argomento di riflessione dovrebbe aver la forza di uscire dall’ambito accademico ed entrare un po’ di più nella politica, con meno retorica e più rigore teorico. Il fatto poi che ci siano degli sbarchi in Italia è il risultato di un movimento migratorio che dall’Africa si sta spostando verso l’Europa per via di una situazione di costante depauperamento e instabilità politica che molti paesi africani stanno attraversando, anche per colpa, prima, del colonialismo e poi del neocolonialismo europeo. Insomma, che ci sia un movimento migratorio è un dato di fatto ma da qui a dire che gli sbarchi in Italia siano un problema, un’emergenza da affrontare con la chiusura dei porti c’è una bella differenza.
In Italia, i profughi, cioè i migranti che sono entrati in Italia per vie “illegali” sono meno di 3 ogni 1000 abitanti (2,8 per la precisione), cioè lo 0,28%[1]. Da notare che questo dato comprende non solo i beneficiari di protezione internazionale, ma anche coloro che hanno ottenuto gli altri tipi di protezione e ce l’hanno tuttora. Se poi vogliamo avere un conteggio effettivo sul numero degli accolti senza stare a guardare statistiche legate all’ottenimento dell’asilo, possiamo consultare un dato aggiornato al gennaio 2019 che ci dice che il numero dei migranti attualmente presenti nel sistema di accoglienza italiano è di appena 131.067 persone[2]. Questo numero al momento è in forte calo per via dei tagli al sistema di accoglienza fatti dal governo gialloverde e per via del forte calo degli sbarchi – anche dovuto agli accordi che due anni fa il ministro Minniti prese col governo di Tripoli.
Ma tutto questo accanimento contro l’accoglienza e gli sbarchi quanto è fondato “economicamente”? In italia, il sistema di accoglienza è finanziato in parte dal Viminale attingendo al Fondo Nazionale per le Politiche e i Servizi dell’asilo, in parte dall’Unione Europea. Secondo dati del 2016 l’Italia ha stanziato 3,3 miliardi di euro per l’accoglienza ai migranti a fronte di una spesa complessiva annua di 830 miliardi (di cui più di 23 miliardi nel settore militare), cioè meno del 0,14 % della spesa pubblica italiana[3]. Nel corso degli anni questa spesa è sensibilmente diminuita da arrivare ai 2,5 miliardi del 2018, quindi quasi un miliardo in meno rispetto a due anni fa con un incidenza sulla spesa pubblica ancora minore[4]. Già da qui possiamo riflettere su quanto siano inutili le polemiche mosse dalle destre rispetto ai costi spropositati che avrebbe il sistema di accoglienza. Costi che, a conti fatti, non sono solo irrisori ma sono un’immissione virtuosa nell’economia reale del Paese in termini di creazione di nuovi posti di lavoro (dei tanti che operano negli SPRAR, nei CAS, nonché tutti i lavoratori della prima accoglienza) e compensazione della domanda interna. Dei famosi 35 euro giornalieri che lo Stato e l’Unione Europea spendono per ogni migrante, come risaputo, non sono soldi che vanno direttamente nelle tasche dell’accolto: il pocket money è di 2,5 euro, per un massimo di 7,5 euro per famiglia. I restanti vanno per le spese di alloggio, servizi igienici, alimenti, servizi sanitari, legali, di orientamento, oltre ai corsi per l’apprendimento dell’italiano. Difficilmente provando a cercare sul web riusciamo a individuare quanti sono gli operatori che lavorano nel sistema di accoglienza per la difficoltà di mettere insieme i dati degli SPRAR con quelli dei CAS, essendo questi ultimi molto meno controllati dalle istituzioni. Per farci un’idea possiamo andare a consultare il rapporto annuale SPRAR [5] (capitolo 2): “[…] nel 2017 le figure professionali impiegate nei progetti per adulti a tempo pieno sono 1.428. A questi si aggiungono 7.050 operatori/operatrici impiegati a tempo parziale e 2.940 collaboratori coinvolti, a chiamata, per consulenze specifiche. Pertanto sono complessivamente 11.734 le figure professionali impiegate a vario titolo nei progetti e di questi il 12,2% risulta lavorare a tempo pieno, il 60,1% in part-time e il 25,1% come collaboratore esterno”. Da notare che questi numeri sono da accostare al solo servizio di accoglienza SPRAR che conta circa 36.995 accolti nel 2017, verosimilmente i lavoratori operanti nei CAS, in cui vi sono più del doppio dei migranti accolti rispetto al servizio SPRAR , sono molti di più. Sul fronte dell’economia reale, il sostegno economico al sistema dell’accoglienza ha creato direttamente o indirettamente decine di migliaia di posti di lavoro che devono essere difesi e tutelati.
E per quanto riguarda i migranti accolti, non si pensa mai che questi possono diventare futuri lavoratori che verseranno contributi nelle casse dello Stato? Un articolo del Sole24ore risalente all’anno scorso mette i puntini sulle i rispetto al bilancio costi/benefici dell’impatto dei lavoratori stranieri sullo stato Italiano [6]. Secondo l’articolo che prende in esame la relazione annuale dell’ex Presidente Inps Tito Boeri, il flusso migratorio apporterebbe due importanti benefici di cui l’Italia ha fortemente bisogno: da una parte controbilancia l’accentuato calo demografico, dall’altra consente la tenuta del sistema pensionistico del Paese grazie ai contributi versati dai giovani lavoratori stranieri. Secondo lo studio della Fondazione Leone Moressa, il sostegno dei lavoratori migranti (circa 2,3 milioni nel 2018) nelle casse dello stato – in termini di contributi Inps, sostegno previdenziale, costi di rinnovo dei permessi di soggiorno e cittadinanza- ammonterebbe a 18,7 miliardi di euro di entrate, a fronte di un costo in istruzione, sanità e politiche sociali e per la casa e altri servizi di 16,6 miliardi di euro. Il saldo tra entrate e uscite sarebbe quindi in positivo di oltre 2 miliardi di euro. C’è da considerare che in questo studio non rientrano le spese legate all’accoglienza, che al momento sono solo un costo per lo Stato, ma possiamo avere una panoramica del processo virtuoso a cui molti lavoratori migranti potrebbero contribuire una volta usciti dal sistema di accoglienza, per così dire. Inoltre sembra chiaro, che anche le spese legate all’accoglienza – che ricordiamo sono solo lo 0,14% della spesa pubblica italiana- possono portare esiti positivi nel breve periodo, se accompagnate a politiche di integrazione sociale e lavorativa. Considerato anche il calo demografico inserito nel conseguente calo in entrata di giovani nel mondo del lavoro solo l’apporto di nuova manodopera giovanile proveniente dal flusso migratorio può, nel lungo periodo, sostenere il sistema pensionistico e previdenziale italiano. In prospettiva, se le spese legate al sistema di accoglienza venissero lette anche in questo senso, i costi rispetto ai benefici futuri sarebbero irrisori, dato che si tratta di controbilanciare una tendenza – quella del calo demografico – che potrebbe ragionevolmente al collasso del sistema-stato nel lungo periodo.
Crediamo che dopo queste considerazioni diventi difficilmente sostenibile la visione del migrante come fardello economico che grava sulle casse dello Stato. Una retorica su cui le destre hanno marciato sopra da molti anni e che insieme allo slogan del “ci rubano il lavoro” hanno intessuto le trame di un discorso politico capace di convincere la maggior parte di italiani. Il problema anche nell’ambito del mondo lavorativo è più complesso di quello che loro ci vogliono far credere e pensiamo approfondirlo richiederebbe un articolo ad hoc. Intanto ci premeva affrontare un ragionamento legato all’accoglienza che parlava di numeri, di analisi dei costi e anche di benefici, per provare a metter su un ragionamento sulla migrazione diverso da chi vuole dividere l’opinione pubblica solo sull’“accogliamoli tutti” e il “chiudiamo i porti”. Con questo non vogliamo imprigionare il migrante nelle categorie del “lavoratore” o del “contribuente” in fredde statistiche dove si annullano le persone, le storie personali e la propria cultura; crediamo tuttavia che un approccio di questo tipo serva anche a ribaltare un ragionamento che mette la lente di ingrandimento solo sul momento in cui il migrante è nella fase della richiesta di aiuto e soccorso, nella fruizione di servizi da parte dello stato, senza mai concentrarsi sul “prima” e sul “dopo”, cioè sul perché questa persona è arrivata in Italia e su cosa farà una volta uscita dal sistema di accoglienza.
[1] https://www.lenius.it/quanti-sono-i-rifugiati-in-italia-e-in-europa/
[2] https://www.lenius.it/sistema-di-accoglienza-dei-migranti-in-italia/
[3] https://thebottomup.it/2017/08/08/35-euro-migranti-costo-accoglienza-italia/
[4] https://www.lenius.it/sistema-di-accoglienza-dei-migranti-in-italia/
[5] https://www.sprar.it/wp-content/uploads/2018/11/Atlante-Sprar-2017_Light.pdf
[6] https://www.ilsole24ore.com/art/immigrati-rapporto-costi-benefici-e-positivo-l-italia-ecco-perche-AEltRrGF
Immagine di Ruben Neugebauer da www.wikipedia.org
Nata a Firenze nel 1988, sono una studentessa iscritta alla magistrale del corso di studi in scienze filosofiche. Mi sono sempre interessata ai temi della politica, ma inizialmente da semplice “spettatrice” (se escludiamo manifestazioni o partecipazioni a social forum), ma da quest’anno ho deciso, entrando a far parte dei GC, di dare un apporto più concreto a idee e battaglie che ritengo urgenti e importanti.