Non siamo a “caro amico” ma quasi. E non è una buona notizia, per i circa 56mila operai metalmeccanici a rischio di licenziamento da luglio per decisione del governo Draghi, venire a sapere che i tavoli di crisi ripartiranno “a breve”, ma senza un calendario preciso.
“Una risposta con delle date – tira le somme Francesca Re David che guida la FIOM CGIL – non l’abbiamo avuta. E quando abbiamo detto al ministro Giorgetti che il governo è da troppo tempo silenzioso, lui ci ha risposto che non intende convocare tanto per convocare, ma convocare quando ha delle soluzioni e delle cose da dire”.
L’unica assicurazione data dal nuovo titolare del MiSE è relativa alla costituzione di una task force, insieme al ministero del Lavoro, che dovrebbe occuparsi delle vertenze più delicate. Ma quali, visto che i sindacati hanno registrato almeno 99 casi di fabbriche in difficoltà?
Eppure il ministro leghista allo Sviluppo Economico non può non aver notato, accanto agli striscioni delle RSU esposti in via Molise sotto le finestre del dicastero, i tantissimi “manifesti”, ognuno con il nome di un’azienda in crisi. Dalla Whirlpool di Napoli alla JSW Steel di Piombino, dalla ex Merloni alla Orefice General, dall’AST Terni alla Ferrosud, dalla Honeywell alla Sirti, fino alla ex Embraco. E ancora Tfa ex Firema, Faia, Fip Industriale, Cnhi, Bombardier, Bosch, Alcar Industriel, Jabil e Piaggio Aero Industries. Accanto una rappresentanza dei delegati di fabbrica, un centinaio e passa di operai correttamente distanziati. E di pessimo umore di fronte alle notizie che filtrano, dall’incontro ufficiale sull’ex ILVA di Taranto, fra Giorgetti, il collega “laburista” Andrea Orlando e i segretari confederali e di base dei metalmeccanici.
Quelli della Whirlpool, 420 posti a rischio, mostrano i loro striscioni e ritmano lo slogan “La gente come noi non molla mai, Napoli non molla”. Mentre quelli di Jabil avvertono: “Non possiamo vivere di decreti. Basta con l’ansia di non sapere cosa accadrà domani”.
“Dopo tante promesse attendiamo fatti concreti – aggiunge un delegato ex Embraco – da domani saranno ridotti gli stipendi, e tra breve si annunceranno i licenziamenti. Non bastano le promesse dei ddl, servono impegni concreti per fa ripartire occupazione e produzione”.
Per i siderurgici delle Acciaierie di Piombino è di magra consolazione sapere che il governo è d’accordo con loro sul fatto che il piano industriale di Jindal & Carrai è da buttare: “Il ministero ha confermato la sua insoddisfazione sul piano della multinazionale indiana – spiega il segretario generale della FIM CISL, Roberto Benaglia – ma c’è bisogno di una convocazione per vedere come risolvere, anche con altri interlocutori, il problema. Più in generale sull’acciaio il ministero sembra aver capito che è un settore in difficoltà, e che c’è bisogno di un tavolo strategico”.
Ai lavoratori e ai loro rappresentanti sindacali non è piaciuta affatto la decisione del governo di riaprire solo per l’industria i licenziamenti dal prossimo luglio. Non ne fanno mistero, di fronte allo stallo generalizzato sulle vertenze: “Non è che da luglio si decide che si può licenziare, e che invece per affrontare le crisi si deve aspettare che ci sia una riorganizzazione totale – insiste Re David – noi da lunedì riprenderemo la mobilitazione. Abbiamo bisogno subito di risposte, perché molte di queste aziende sono aperte soltanto grazie alla tenacia dei loro dipendenti. Non è pensabile che le cose rimangano ferme in questo modo”.
Così la FIOM chiede urgentemente la convocazione dei tavoli di settore anche su automotive, aerospazio ed elettrodomestici: “Le politiche industriali e le politiche per il lavoro vanno discusse insieme – chiude Re David – le risorse del Recovey Fund devono essere utilizzate per consolidare l’industria e garantire l’occupazione. E i piani devono essere condivisi con il sindacato”.
L’ultimo avvertimento al governo arriva dai segretari confederali Miceli, Graziani e Bocchi: “L’impegno assunto dal ministro sui tavoli di crisi potrà essere giudicato positivamente solo in rapporto alla rapidità dei tempi con i quali si tradurrà in un preciso calendario di convocazioni e confronti utili a risolvere le crisi in atto”.
Apparso su Il Manifesto in data 27.03.2021
Immagine di S. Ramella (dettaglio) da Wikimedia Commons
Giornalista de il manifesto, responsabile della pagina regionale toscana del quotidiano comunista, purtroppo oggi chiusa. Direttore di numerosi progetti editoriali locali, fra cui Il Becco.