Premessa
Spesso sui canali Rai (perfino su RaiUno!) danno “Il segreto dei suoi occhi”. Purtroppo è la versione sbagliata. Non dicono mai se è la versione del 2015 o del 2009, pensando che il pubblico lo vedrà a prescindere. Invece c’è una differenza enorme. Il remake aggiustato da Hollywood (recensione qui), non lega nemmeno le scarpe all’originale. Funziona sempre così: quando fanno un film di classe fuori dagli Usa, Hollywood fa il remake per dimostrare che nessuno può batterli. E spesso gli americani difettano nella sceneggiatura. Un classico esempio fu il film francese “Quasi Amici”. Il remake non è passato nemmeno nelle sale ed era pessimo. La stessa cosa vale per questo film. Non fatevi abbagliare dalla presenza di Julia Roberts, Nicole Kidman. Cambia completamente il contesto storico (che è fondamentale) e l’ambientazione: dalla dittatura argentina post Peron si passa alla lotta al terrorismo di matrice islamica post 11 settembre 2001. Viene inoltre ridotto il salto temporale da 25 a 13 anni. Altro errore tragico. Esigete sempre la versione originale, argentina, del 2009 di Campanella. Un autentico capolavoro. Adesso vi spiegherò perché.
Il film
Quando vidi “Il segreto dei suoi occhi” per la prima volta rimasi quasi turbato. Fu un vortice di emozioni di ogni tipo: sensazioni che avevo provato (mi sono immedesimato in Benjamin Esposito, lo confesso), le battute di Sandoval, la stupidità del raccomandato Romano riscontrabile nella vita quotidiana, gli sguardi degli amanti oltre le scartoffie burocratiche, il non detto, la voglia di giustizia di Morales quando gli portano via una donna unica, splendida. E poi quel bellissimo finale, unico nel suo genere. Un vero pugno nello stomaco che mi è rimasto scolpito nella mente. È difficile trovare nel cinema contemporaneo una lezione del genere con una tale efficacia. Non a caso gli americani furono costretti a conferire a questo film l’Oscar come miglior film straniero nel 2010. L’invidia di Hollywood era latente, tant’è che hanno rimosso la triste pagina di storia argentina con il post 11 settembre. Una scelta vergognosa visto che il caos degli anni Settanta in Sud America è stato finanziato proprio dalla Cia. Tant’è che quando nel 2015 uscì il remake, mi venne il disgusto. Ovvero come demolire la grandezza della pellicola originale dell’argentino Juan Josè Campanella. L’autore della serie “Law & Order”.
Un film meraviglioso, da vedere e rivedere con una perfezione registica e di scrittura (Campanella lo ha scritto insieme a Sacheri, autore del libro) che oggi è un sogno per molte pellicole particolarmente più costose. Pellicola fatta di sensazioni, particolari che a fine corsa torneranno utili per ricostruire il puzzle.
Il film inizia dall’Argentina degli anni 2000. Il funzionario del Pubblico Ministero, Benjamin Esposito (Ricardo Darin), è ormai in pensione. Non sa cosa fare nella sua vita. Decide così di darsi alla scrittura per colmare il vuoto. Lo capiamo subito dal prologo in cui si vede una donna che corre ad una stazione mentre sta partendo un treno. A bordo del mezzo c’è Benjamin. I due mettono la mano sul finestrino: è come se si toccassero, ma c’è il vetro che li separa. Particolare molto importante: capisci che è una cosa della sua mente. Il fatto è avvenuto ma non così come è descritto.
L’esempio più calzante è quel particolare, apparentemente insignificante, del tasto della lettera “A” che non funziona su una vecchia macchina da scrivere della Olivetti. Dopo 25 anni la macchina è stata definitivamente accantonata su un polveroso scaffale nell’ufficio di Irene. E non è un caso. La metamorfosi della parola “temo” in “te amo” si ottiene infatti aggiungendo quella lettera. In quel particolare è condensato tutto il film, lo stato mentale di Benjamin Esposito, ma anche di Morales dopo lo stupro della moglie.
Ma torniamo al film e al mondo reale. C’è un caso irrisolto della sua carriera che tormenta Esposito. Non tanto perché è rimasto insoluto, ma in questa storia il povero Benjamin è rimasto incastrato.
Torniamo indietro nel 1974 nella polverosa periferia di Buenos Aires. Per l’Argentina è un periodo storico difficile. Peron muore dopo un anno di mandato, la moglie Isabella prese il posto vacante. Segue un lungo periodo di incertezza, dominato da un quadro sociale che andava verso una guerra civile. Questa instabilità favorì l’ingresso al potere dei militari che nel 1976 presero il potere con un golpe: iniziò la dittatura di Videla, favorito dall’intervento della Cia. Il pensiero dell’uomo è rimasto fermo a quel caso di omicidio di una giovane maestra: Liliana Colotto Morales. Un omicidio/stupro efferato e brutale di una donna bellissima, giovane, piena di sogni e speranze. Il marito della vittima è Ricardo Morales (Pablo Rago), un giovane bancario, che aveva lottato a lungo per corteggiare una donna come Liliana. Quel tipo di amore che ogni uomo sogna.
Ma il problema di Esposito è che in Morales lui rivede se stesso. Perché ha represso per oltre 25 anni il suo amore per la giovane cancelliera del tribunale, Irene Menendez Hastings (Soledad Villamil, intensa ed espressiva). Che è anche la sua superiore. Ecco chi è quella donna che vediamo all’inizio. Il film scava su un duplice binario: da una parte il caso Morales, dall’altro l’amore mai nato tra Irene e Benjamin. Ma 25 anni prima Irene era una donna rigida, fredda, appena uscita da Harvard. Aveva trovato lavoro grazie a un matrimonio di interessi. Per Esposito l’amore per Irene, come d’altro canto lo è per Riccardo Morales (marito della vittima), era tutto. Ma tra i due c’è una netta differenza: il primo lo sogna, il secondo lo ha vissuto davvero. Per Benjamin la vita oramai è soltanto un lungo tormento fatto di piccoli ricordi del passato.
E sono proprio gli sguardi, gli occhi a suggerirci dei particolari. Quelli di Irene, quelli di Morales, quelli di Benjamin, ma soprattutto quelli di Isidoro Gomez (Javier Godino). Solo un viso, degli occhi che trasudano sensazioni. Quest’ultimo è un giovane uomo, scomparso dalla circolazione, che Esposito riesce a scovare dalle fotografie scattate da Liliana. Uno sguardo ricorrente che osserva la giovane donna. Benjamin intuisce in quegli occhi che c’è qualcosa, ma non sa cosa. E il segreto celato è potentissimo, sconvolgente.
Al centro c’è infatti un sistema egoista, malato, ingiusto, corrotto che non conosce verità, incarnato dal personaggio del viscido Romano. “La nuova Argentina non si fa a Harvard” – ammonisce la giovane Irene. Fino a che entra in scena il prode Sandoval (Guillermo Francella), una sorta di scudiero del Don Chisciotte/Esposito. Un uomo che dice battute di continuo, ma che sotto questa facciata nasconde il suo nervosismo e la sua impotenza ubriacandosi nelle peggiori bettole della periferia di Buenos Aires. Finendo qualche volta per finire in delle risse. A lui è affidata la parte comica della vicenda. D’altronde in Argentina Francella è un comico molto noto. Prendete quando risponde al telefono con “pronto, banca del seme” o “comando tattico rivoluzionario, parla compagno”. Sono momenti di pura comicità in un contesto che tanto simpatico non è. Questi momenti servono per rompere la tensione che si crea, per far sì che lo spettatore non se ne vada.
La durata temporale della narrazione, che dura oltre 25 anni, non è casuale. “Il segreto dei suoi occhi”, tra le tante cose, parla anche delle difficoltà del cinema argentino che è costretto a sopravvivere con i finanziamenti dello Stato. Con annesse le limitazioni artistiche imposte da una classe dirigente progressista e bisognosa di rassicurare con un cinema omologato (come per il cinema italiano del duopolio Rai/Mediaset).
Campanella è magistrale anche nei virtuosismi (complice la fotografia del brasiliano Felix Monti), per la sicurezza con cui gira: basta vedere la scena dell’inseguimento nello stadio del Racing Avellaneda. Cinema purissimo. Un lungo pianosequenza di oltre 5 minuti in stile Birdman, dettagliatissimo, ben coreografato che lascia lo spettatore impietrito. Non ha da invidiare niente a Hollywood.
Oltre al regista, va sottolineata la prova maiuscola dell’intero cast. Ricardo Darin è un fuoriclasse e riesce solo con lo sguardo a farci capire i suoi stati d’animo, la sua repressione. Accanto a lui fanno da contraltare il comico Francella (prova maiuscola la sua) e l’attrice teatrale Soledad Villamil. Straordinarie le prove di Pablo Rago e Javier Godino che, in base alla storia narrata, rappresentano in realtà le due facce della giustizia.
Il valore aggiunto della storia è il montaggio che permette allo spettatore di arrivare al finale senza problemi. Ma è costruito in modo che non te lo aspetti. Uno dei migliori epiloghi della storia del cinema recente.
In quel casolare sperduto i destini di Morales, Esposito e Isidoro si ricongiungono. Cosa assai diversa dal finale del libro di Sacheri (che vi consiglio di leggere). Campanella chiude il cerchio della narrazione. Il finale del film è sicuramente perfetto in base alle premesse fatte. Ed è quel dolore che inevitabilmente colma il vuoto e va a riempire la memoria. Oscar sacrosanto per il miglior film straniero. Una delle più belle ed imperdibili lezioni di cinema degli anni 2000.
Fonti: Mymovies, cinematografo, movieplayer, onda cinema, gli spietati
IL SEGRETO DEI SUOI OCCHI *****
(Argentina, Spagna 2009)
Genere: Thriller, Sentimentale, Noir
Regia: Juan Josè Campanella
Sceneggiatura: Juan Josè Campanella e Eduardo Sacheri
Fotografia: Felix Monti
Cast: Ricardo Darin, Soledad Villamil, Pablo Rago, Javier Godino, Guillermo Francella
Durata: 2h e 9 minuti
Distribuzione: Lucky Red
Trailer Italiano qui
Oscar come Miglior Film Straniero 2010
La frase: Comando tattico rivoluzionario, parla compagno
Regia ***** Interpretazioni ***** Fotografia ***** Sceneggiatura *****
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.