Marzo è stato il mese della rivincita giudiziaria di Lula. Implicato nel caso di corruzione Lava Jato, che gli ha impedito di partecipare alle elezioni presidenziali del 2018, quelle poi vinte da Bolsonaro, l’ex- Presidente ha dovuto combattere una dura battaglia legale per provare la sua innocenza e per dimostrare di essere vittima di una macchinazione giudiziaria volta a eliminarlo politicamente. Luiz Inacio “Lula” da Silva resta infatti ancora oggi il leader più popolare del Sud America, presenza sempre scomodissima per i piani di egemonia di Washington e delle destre nell’America Latina.
Lo scorso otto marzo La Corte Suprema Federale del Brasile ha annullato tutte le condanne contro Lula nell’affare Lava Jato sostenendo che il tribunale che le ha pronunciate non era competente. La stessa Corte ha poi dichiarato, il 23 marzo, che il giudice che ha perseguito Lula, Sergio Moro, non è stato imparziale. Lula si vede così annullare anche tutte le condanne che riguardano l’appartamento del triplex di Guarujá[1], caso centrale di tutta la vicenda Lava Jato.
Sebbene restino ancora in essere diversi procedimenti giudiziari nei confronti di Lula, si sta assistendo ad una chiara svolta nell’andamento di un’offensiva giudiziaria che sembra indebolirsi sempre di più. Se il primo risultato di queste sentenze è che Lula riacquisisce tutti i suoi diritti politici ed è quindi candidabile per le prossime elezioni presidenziali, la principale vittoria è simbolica e sta proprio nell’essere riusciti a portare al riconoscimento ufficiale di quello che i movimenti in solidarietà all’ex Presidente denunciano da anni: la totale parzialità dell’impianto accusatorio. A rafforzare questa tesi ci aveva già pensato, il 9 giugno 2019, il giornale The Intercept che aveva pubblicato un messaggio privato di Telegram in cui il giudice Sergio Moro, diventato simbolo dell’antilulismo, suggeriva a Deltan Dallagnol, il procuratore a capo delle indagini su Lava Jato, che i testimoni si pronunciassero contro Lula da Silva per ottenere la sua condanna[2]. Oggi però non solo i media indipendenti, ma anche la giustizia brasiliana di fatto ammette che contro Lula c’è stato un vero e proprio tentativo di farlo fuori politicamente, che rientra in quello che alcuni studiosi di America Latina definiscono “Lawfare”, come contrapposto a Warfare: una fase dell’imperialismo più caratterizzata da colpi di stato giudiziari che militari.
Mentre si susseguono i messaggi di felicitazioni da parte dei principali leader e movimenti della sinistra continentale, in una nota, gli avvocati di Lula esprimono sinteticamente la portata di questa vittoria: “La decisione emessa oggi dal Collegio della Corte Suprema Federale è storica e rinvigorente per lo Stato di diritto e per un giusto processo legale. Lo avevamo sempre segnalato che Moro non ha mai agito da giudice, ma piuttosto da avversario personale e politico dell’ex presidente Lula, come hanno finalmente riconosciuto gli eminenti Ministri del Collegio del Tribunale Federale. La decisione emessa oggi rafforza il sistema giudiziario e l’importanza del giusto processo. Ci auguriamo che la sentenza emessa dalla Corte Suprema serva da guida affinché ogni cittadino abbia diritto a un processo equo, imparziale e indipendente”[3].
Con queste sentenze lo scenario politico brasiliano può cambiare. Lula non smentisce le voci che lo vedrebbero candidarsi alle presidenziali del prossimo anno e i sondaggi, nella sfida con Bolsonaro, sono tutti dalla parte del leader socialista che negli ultimi giorni si sta peraltro facendo sentire pubblicamente criticando apertamente il Presidente e la sua catastrofica gestione del Covid- 19. Un’eventuale vittoria di Lula andrebbe anche a smuovere gli equilibri politici sudamericani. Dopo una fase di egemonia delle destre, culminata con il colpo di stato in Bolivia, ora il futuro appare meno pessimistico per le forze progressiste. Il ritorno di governi di sinistra in Argentina e Bolivia, la grande lotta di piazza in Cile, le elezioni in Ecuador di aprile che vedono favorito il candidato di sinistra, emanazione del correismo, mettono in evidenza come la cultura socialista sudamericana sia tutt’altro che svanita. Per dimensioni e influenza politica, un Brasile guidato da Lula, in un contesto di crisi del paradigma neoliberista, potrebbe incidere notevolmente in questi equilibri e aprire una nuova fase egemonica dei movimenti di sinistra del continente.
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[1] Secondo l’accusa il colosso dell’edilizia OAS avrebbe regalato a Lula un attico conosciuto come il “triplex” di 216 mq a Guarujá, celebre località del litorale di San Paolo in cambio di favori e vantaggi politici. Lula è stata condannato per corruzione poiché secondo Moro era nella condizione di poter concedere dei vantaggi, sebbene non ci sia nessuna prova che li abbia effettivamente concessi. Inoltre, non c’è nessuna prova che Lula abbia mai posseduto quell’appartamento. Per maggiori informazioni: http://www.latinoamerica-online.it/contributi/brasile/lula.html
[2] https://theintercept.com/2019/06/09/brazil-car-wash-prosecutors-workers-party-lula/
[3] https://institutolula.org/nota-da-defesa-de-lula-sobre-decisao-do-stf
Nato nel 1988 a Firenze, laureato in sociologia. Interessi legati in particolare alla filosofia sociale, alla politica e all’arte in tutte le sue forme.