La storia della fondazione di Roma in un film italiano coraggioso e inedito per il nostro cinema attuale.
«Vi siete mai chiesti perché l’Italia non ha avuto, in tutta la sua storia – da Roma ad oggi – una sola vera rivoluzione? La risposta – chiave che apre molte porte – è forse la storia d’Italia in poche righe. Gli italiani non sono parricidi; sono fratricidi. Romolo e Remo, Ferruccio e Maramaldo, Mussolini e i socialisti, Badoglio e Graziani. “Combatteremo – fece stampare quest’ultimo in un suo manifesto – fratelli contro fratelli”. Favorito, non determinato, dalle circostanze, fu un grido del cuore, il grido di uno che – diventato chiaro a se stesso – finalmente si sfoghi. Gli italiani sono l’unico popolo, credo, che abbiano, alla base della loro storia, o della loro leggenda, un fratricidio. Ed è solo col parricidio, con l’uccisione del vecchio, che si inizia una rivoluzione. Gli italiani vogliono darsi al padre, ed avere da lui, in cambio, il permesso di uccidere gli altri fratelli» .
Umberto Saba nel 1946, in Scorciatoie e raccontini, scriveva questo
Partendo da questo testo, Matteo Rovere e il suo team hanno fatto un film importante e necessario per il cinema italiano, spiegando le radici della nostra civiltà.
Prendiamo la macchina del tempo e torniamo al 21 aprile 753 a.C.
Secondo la mitologia, dopo una lunga serie di peripezie, venne fondata Roma. Secondo la leggenda Romolo e il suo gemello Remo erano figli della vestale Rea Silvia e del Dio della guerra, Marte. Uno di loro fonderà la città (e quindi la nostra civiltà) e ne diverrà il primo re.
Attenzione però il titolo, non si riferisce a colui che poi fondò Roma, bensì all’altro. È questo l’elemento innovativo dell’opera di Matteo Rovere.
Il film parte da un’esondazione del Tevere (la scena è stata girata in una piscina lunga 45 metri). I due fratelli Romolo (Alessio Lapice della serie Gomorra) e Remo (Alessandro Borghi, lo Stefano Cucchi visto in Sulla mia pelle) si salvano, ma diventano prigionieri ad Alba Longa. Insieme ad altri prigionieri si salvano sfidandosi a duelli nel fango. Gli sconfitti vengono arsi vivi. Riescono a sfuggire miracolosamente, scatenando un’astuta rivolta.
Romolo è ferito, quasi moribondo. Remo lo protegge da buon fratello e diventa il leader, sottomettendo tutti (inculcando che è per volere degli Dei). Seguendo due noti film, quest’ultimo fisicamente sembra l’Aragorn di Viggo Mortensen nel Signore degli Anelli con sprazzi del carattere di Tom Hardy del Redivivo.
Eppure il loro rapporto presto sarà messo in discussione dall’intervento degli dei. Il conflitto si anima sulla sfida tra libero arbitrio e sottomissione al destino. Remo rappresenta il potere, l’uomo animale, l’imposizione delle proprie idee a scapito della collettività (questo conflitto è la sfida vera del nostro giornale: La comune utilità piuttosto che la privata amicizia). Questa storia è diventata un mito che ancora oggi ha una lezione attuale: la costruzione di un ordine basato sull’imperialismo, in cui l’altro è un avversario da combattere e il divino un possibile alleato da invocare nel momento del bisogno. Ricordate cosa disse George W. Bush quando gli Usa invasero l’Iraq? Ve lo ricordo io: Dio è con noi.
Matteo Rovere (già autore di Veloce come il vento) ha avuto un gran fegato. Francamente il suo coraggio si può solo ammirare. La sua ambizione è veramente grande per il nostro cinema: soltanto la post produzione è durata 14 mesi! Questo film è stato girato con un budget complessivo da 9 milioni di euro (sui livelli di Educazione Siberiana di Salvatores), andando a cercare volutamente terreni e generi nuovi. Attori, sceneggiatori, regista, produttori e tutto il cast artistico non avevano mai sfidato così apertamente il sistema. Così si sono sporcati andando in una direzione inedita, a partire dalla lingua. Il film infatti è girato in latino antico (con i sottotitoli in italiano). Una roba che nel cinema italiano nessuno si è mai sognato.
Rovere dà la sensazione di voler togliere la terra sotto dai piedi a tutti, in modo che si ricerchi una sfida che riporti il grande pubblico nelle sale. La cosa bella è sicuramente il realismo, la mancanza di zucchero e di morale che tende a elevare l’effetto di sporcizia dei personaggi. Gli uomini sono bestie nude, grondanti di sangue sempre pronti al combattimento.
La prova dei due attori è magistrale: Alessandro Borghi si ripete dopo la splendida prova fisica di Sulla mia pelle tentando un’impresa simile a quella di DiCaprio per Redivivo (con le dovute proporzioni per il cinema italiano), Alessio Lapice è una rivelazione perchè non cerca di emulare il più quotato collega/rivale, ma anzi diventa presto la sua antitesi. I due hanno sfidato vento, acqua, freddo, hanno mangiato il fegato ricoperto di fango e non si sono lavati per qualche mese per entrare meglio nella parte. Mi raccomando non emulateli.
Lo sforzo non si può che apprezzare considerando che il conflitto familiare tra i due gemelli è da sempre insito nell’essere umano.
Purtroppo però l’opera non è esente da difetti. In primis c’è la sceneggiatura, ormai consolidata emergenza principale del cinema italiano. Nonostante la consulenza di archeologi, antropologi e latinisti che hanno aiutato moltissimo per ricostruire il contesto storico, dopo una prima parte ottima, a metà pellicola si sente un po’ di fiacca. Tra i difetti ci sono le musiche un po’ ripetitive (sulla scia dei tamburi di Mad Max Fury Road) e l’uso massiccio di qualche drone di troppo nelle riprese aeree. Il risultato nell’insieme non è male, ma non è sempre omogeneo. Manca quasi totalmente l’epica che, in storie come questa, dovrebbe esserci.
L’operazione, pubblicizzata come un qualcosa di nuovo e inedito, per i cinefili non è sicuramente tale: Rovere attinge a piene mani da numerosi stili cinematografici del cinema americano ed europeo. C’è sicuramente una splendida fotografia (firmata da uno strepitoso Daniele Ciprì) che strizza l’occhio all’estetica di Lubezki (in particolar modo a The new world di Terrence Malick e a Redivivo di Iñárritu), fatta prevalentemente di luci naturali. I raggi di sole filtrano nella foresta, il fuoco squarcia il buio della notte.
Il film è stato girato interamente in Italia, tra la Toscana (provincia di Grosseto) e il Lazio, negli splendidi boschi dei Monti Simbruini, dei Monti Lucretili, il Monte Cavo con la sua via sacra, il Monte Ceraso nel parco di Veio. La regia ricostruisce un’atmosfera magica e divina, grazie anche a splendidi costumi e a scene di combattimento ben coreografate. Gli effetti speciali non sono industriali, ma artigianali e riportano il cinema italiano ai suoi antichi fasti (come d’altronde ha fatto recentemente Garrone nel fantasy Il racconto dei racconti). A questa si aggiunge l’estetica “sanguinolenta” alla Mel Gibson (La passione di Cristo e soprattutto Apocalypto) con spruzzate di film come Il gladiatore di Ridley Scott, 300 di Zack Snyder e Valhalla Rising del danese Nicolas Winding Refn.
In ogni caso non si può che applaudire la voglia e il coraggio di Matteo Rovere di (provare a) far uscire il cinema italiano dalle sabbie mobili della retorica e delle solite commedie che ormai non ci fanno più nemmeno ridere.
Il primo re
Paese: Italia, Belgio, 2018
Genere: Drammatico / Storico / Avventura
Regia: Matteo ROVERE
Sceneggiatura: Matteo ROVERE, Francesca MANIERI, Filippo GRAVINO
Cast: Alessio LAPICE, Alessandro BORGHI, Fabrizio RONGIONE
Fotografia: Daniele CIPRÌ e Giuseppe MAIO
Durata: 2 ore e 7 minuti
Produzione e distribuzione: Rai Cinema e 01 Distribution
Uscita italiana: 31 Gennaio 2019
Interviste, clip e speciali sulla lavorazione del film: www.comingsoon.it/film/il-primo-re/54365/video/
La frase cult: Due uomini uniti come uno solo. Tra voi due esiste un solo re.
Trailer: https://youtu.be/boaHGOqWjTA
Regia ***1/2
Intepretazioni ****
Fotografia ****
Sceneggiatura ***
Montaggio ***1/2
Film ***1/2
Fonti: Repubblica, Cinematografo, Comingsoon, Cinematographe, Mymovies, Il Post
Immagine di copertina liberamente ripresa da www.esquire.com , immagine nel corpo del testo liberamente riprese da it.wikipedia.org.
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.