Intervistato la mattina del 13 agosto per il Tg2, a una domanda su Giuseppe Conte quale possibile capo del nuovo governo Pd-M5s Matteo Renzi rispose, oltre che con una eloquente espressione facciale, dicendo che Conte «non è che abbia brillato tantissimo, è stato un premier sostanzialmente inesistente».[1] Il pomeriggio dello stesso giorno, durante la conferenza stampa da lui convocata al Senato per illustrare la propria posizione, rincarò dicendo che quella di Conte era stata «una delle Presidenze più insignificanti della storia repubblicana. Credo che sia un dato di fatto abbastanza condiviso, io l’ho chiamato “vice dei suoi vice”».[2]
Tuttavia, quando fu chiaro che il M5s non avrebbe accettato altri nomi per la guida dell’esecutivo (neppure quello di Enrico Giovannini[3], già Ministro del Lavoro nel Governo Letta, che era stato ventilato anche a maggio 2018 per il governo “giallo-verde”[4]), proprio Renzi e i suoi sostenitori effettuarono un pressing su Zingaretti perché accettasse la continuità dell’inquilino di Palazzo Chigi[5] (di cui invece opposte voci nel Pd – ad esempio, Enrico Rossi[6] – chiedevano la rimozione).
Conte è giunto infine a essere accettato da tutti, tanto che di fronte all’inaffidabilità di Di Maio lo stesso Zingaretti ha scelto di trattare direttamente con lui la formazione del nuovo governo.[7]
Quale sia il vero ruolo di Giuseppe Conte è ancora un enigma, sia per la rilevata tendenza a un eloquio sfuggente sia per il totale anonimato in cui ha vissuto fino a poco tempo fa. Di certo, però, le strade che oggi si aprono davanti a lui sono almeno due. La prima è quella di costituire il nuovo volto del Movimento 5 Stelle: un volto centrista, moderato, profondamente radicato nella storia e negli umori (e nelle debolezze) del Paese, vagamente tecnocratico. La seconda è quella, identificata da diversi commentatori, di essere il “nuovo Prodi”[8] contro Salvini: l’uomo non di partito e non di sinistra, ma con una vasta esperienza di governance, che sfida e sconfigge un avversario di destra ritenuto un invincibile Golia.
Le due strade, è chiaro, non sono in contraddizione, ma proprio nel Movimento 5 Stelle si annida una ambiguità verso Conte che è rivelatrice della confusione e dell’incertezza in cui il partito si contorce – contorsione solo un po’ mascherata dall’essere rimasto al governo senza grossi danni, anzi recuperando qualche punto di consenso dalla Lega.
Anzitutto, Di Maio ha affermato che il sostegno pregiudiziale a Conte era l’unico modo per far approvare alla base del partito un accordo di governo con il Pd.[9] In questo può esserci un elemento di verità, a seconda di cosa si intenda per “base” del M5s (i militanti o gli elettori?). E, durante l’intero corso delle consultazioni al Quirinale, il capo politico dei Cinque stelle ha sempre ribadito di aver sostenuto Conte con convinzione[10] e di non essersi affatto pentito di aver rifiutato la Presidenza del Consiglio.[11] Queste ultime notazioni, in realtà, avevano l’obiettivo di chiedere una esplicita ricompensa per tanto sacrificio (è arrivata poi la Farnesina) mascherando nel contempo il fatto che Di Maio a Palazzo Chigi non avrebbe mai potuto andarci perché gli sarebbe mancato il necessario consenso nei suoi stessi gruppi parlamentari, che lo stimano talmente poco da averlo commissariato, durante la crisi, affiancandogli tutti i capigruppo delle Commissioni di Camera e Senato.[12]
Ma, se da un lato il M5s rivendica la paternità di Giuseppe Conte politico, dall’altro lato sia l’uno[13] sia l’altro[14] manifestano una reciproca terzietà, evidenziando entrambi, ad esempio, che Conte non è iscritto al M5s. Queste affermazioni possono essere certamente un gioco delle parti per promuovere l’immagine di un Conte “tecnico”, “indipendente”, così da poterlo candidare autorevolmente al Quirinale a gennaio 2022[15] (partita che è sempre stata la più alta posta negli opposti tentativi di sciogliere o proseguire questa XVIII Legislatura repubblicana). Tuttavia, le accresciute tensioni fra Conte e Di Maio nell’ultima fase della formazione dell’esecutivo evidenziano un rapporto quantomeno non lineare tra il partito e il suo esponente “di area” – che, peraltro, ricalcherebbero le conflittualità di una generazione fa tra Prodi e il Partito Popolare Italiano.
Questo rapporto ambivalente tra Conte e il M5s – tra l’altro, è tramontata l’ipotesi di un partito “montiano” di Conte[16] alleato del M5s? – è indicativa della trasformazione politica che il Movimento ha intrapreso e che sembra lungi dall’essere compiuta.
Giova ripercorrere brevemente le origini del M5s: esso è nato inizialmente secondo lo schema seguito novant’anni addietro dal movimento fascista di Mussolini, ossia un partito di sinistra radicale ma rigorosamente non classista e, anzi, costitutivamente intriso di temi di destra estremista (lo sciovinismo nel caso di Mussolini, il qualunquismo nel caso di Grillo).[17] Dopodiché si è presentato con un volto rispettabile, nel tentativo di acquisire non solo la benevolenza occulta ma anche il sostegno aperto dei ceti dominanti. Questo “volto rispettabile”, che per Mussolini fu esemplificato dalla marsina, dal farsesco “patto di pacificazione” con il Psi, dal ripudio del radicalismo sansepolcrista, ecc.; per il M5s, invece, dall’emarginazione di Grillo per fare spazio alla guida moderata di Di Maio.
E il volto rispettabile per il M5s ha pagato, alle elezioni 2018; ha pagato nonostante io avessi previsto il contrario.[18]
Perché ha pagato? Perché il M5s non ha soltanto mutato volto, ma anche insediamento. Il M5s, nel frattempo, stava infatti perdendo per strada il voto di destra e di destra estrema, che ha iniziato a riversarsi sulla Lega e su altri partiti, e si stava invece sostituendo a Forza Italia quale partito dominante nell’Italia meridionale. Forza Italia che, a propria volta, aveva nel 1994 sostituito la Democrazia Cristiana.
Su cosa si fonda e si è fondato il consenso Dc/Fi/M5s nel Sud?
Anche a voler lasciare da parte gli opachi meccanismi di rapporto con la criminalità organizzata, quel tipo di consenso è sempre stato fondato sul trasferimento di denaro.
Ricordiamo che il Sud non è nato democristiano: il 2 giugno 1946 non votò Dc, ma più a destra: liberali, monarchici, qualunquisti (il Msi non era ancora stato fondato). Il 18 aprile 1948 il voto di destra del Meridione si riversò tatticamente sulla Dc, con l’obiettivo di impedire un successo elettorale social-comunista, ma già due anni dopo la situazione era rifluita verso posizioni decisamente più “nere”. Tanto che nel maggio 1950 il governo De Gasperi decise per legge il rinvio (sine die!) delle elezioni amministrative, per avere il tempo di elaborare una legge elettorale locale di impronta maggioritaria che bloccasse l’arrembaggio della destra estrema nel Sud. Si ricordi che erano i mesi in cui era in discussione la riforma agraria, poi varata dal Parlamento nell’ottobre 1950, che aveva attirato sulla Dc le ire dei latifondisti che si sentivano traditi.
Per evitare il ritorno dell’eversione di destra la Dc scelse la via più facile e più immediata: comprare il consenso. Per dirla nei termini di Clemente Mastella, «la raccomandazione al Sud è servita a salvare la democrazia».[19] Con due terribili rovesci della medaglia: anzitutto il clientelismo condusse inevitabilmente al disperdersi in mille rivoli dei fiumi di danaro investiti nello sviluppo del Mezzogiorno, sviluppo che dunque non poté essere affatto prodotto. In secondo luogo i “cittadini” restarono in uno stato di sudditanza magistralmente descritto da Saviano come un meccanismo per cui «si votava sempre il politico peggiore perché sapevi che, mentre dal politico che faceva una campagna elettorale promettendo maggiore giustizia sociale ottenevi un percorso lungo di lavoro o magari non ottenevi nulla, dal politico compromesso ottenevi la possibilità, in cambio di un voto di un favore, di avere una concessione, fosse pure solo un pacco di pasta»[20], perpetuando l’orrenda commistione fra Stato, partito e interesse privato che era già stata propria del regime fascista e ancor prima di quello monarchico-liberale.
Ora, è evidente che questo consenso, essendo comprato, si interrompe quando si interrompono i trasferimenti di denaro. Così è stato per i partiti dominanti nel Sud, la Dc e Forza Italia, soppressi con più o meno lunga agonia dalle cure dimagranti imposte alla spesa pubblica dalle crisi rispettivamente del 1992 e del 2011. Non si dimentichi il primo potentissimo campanello d’allarme di questo fenomeno, le elezioni regionali siciliane del 2012, nelle quali l’affluenza crollò dal 67% al 47% mentre i voti alla lista grillina passavano da 46.000 a 285.000.
Fin quando un’altra crisi non verrà a spazzare via il M5s e sostituirlo con qualcosa di peggiore, esso sembra ormai un forte pretendente all’eredità dei “moderati” italiani. Le virgolette sono d’obbligo, poiché questi moderati in Italia hanno davvero poco di moderato: come rilevai qualche anno fa, nello Stivale il termine è «un modo politically correct e meno colorito per riferirsi a quella che Giovanni Orsina ha definito “l’Italia anti-antifascista”», e non c’è contraddizione fra l’essere populista e l’essere “moderato” […] in Italia l’elettorato “moderato” ha marcata connotazione populista».[21]
È per questo, e non soltanto per la sua rivendicata connotazione “post-ideologica”, terza fra destra e sinistra, che oggi il M5s ricopre un ruolo letteralmente centrale nella politica italiana. Il ruolo di Conte, del resto, può persino richiamare affinità con Giulio Andreotti, che nel giro di pochi anni guidò sia il tentativo di riproposizione del centrismo con il ritorno del Pli nel governo (giugno 1972) sia il primo governo di non-sfiducia da parte del Pci (luglio 1976). I buoni rapporti del Presidente del Consiglio con gli Stati Uniti, con il Vaticano e con la Germania non sono certo sfuggiti[22] (ricordiamo che Trump, e a quanto sembra anche la Merkel[23], si è speso personalmente per ottenerne la riconferma).
Questo nuovo posizionamento del M5s al centro pone non pochi problemi: non soltanto ai suoi nuovi alleati del Pd, ma anche ad altre correnti interne.
Anzitutto, se i Cinque stelle occupano il centro e da lì scelgono di allearsi ora a destra, ora a sinistra, è evidente che il Partito Democratico rischia di essere schiacciato sulla sinistra e isolato – a maggior ragione considerando che il M5s ha già attratto il voto di elettori provenienti dal centrosinistra[24]: ex elettori di questo polo oppure, tra i più giovani, elettori “nuovi” ma afferenti agli strati sociali di riferimento della sinistra. Se si andasse davvero verso una legge elettorale proporzionale il problema per il Pd potrebbe essere forse arginato da una sorta di separazione consensuale tra Renzi e Zingaretti: il rignanese costituirebbe una forza di centro con l’obiettivo di attrarre elementi di Forza Italia che non vogliono subordinarsi all’asse Salvini-Meloni, mentre il segretario del Pd avrebbe campo libero per riaggregare a sinistra. Questa ipotesi è già stata ventilata[25], ma, al di là delle smentite di Zingaretti[26] (che evidentemente ne teme i contraccolpi sulla stabilità del neonato governo), uno dei problemi sta proprio nel fatto che l’opera riequilibratrice di Conte sta già occupando il terreno “macroniano” a cui mirerebbe Renzi.
Ma un problema si pone anche per i cosiddetti “ortodossi”, la sensibilità del M5s più prossima a una sinistra parlamentare. Nel tentativo di accerchiare Di Maio il Pd aveva già avanzato il nome di Fico come un grillino accettabile per la Presidenza del Consiglio, ma il Presidente della Camera pare aver nuovamente trovato un patto con il capo politico del Movimento. Patto che però presenta il difetto di relegare in un angolo proprio l’ala sinistra del M5s, conseguenza che del resto è stata fin dall’inizio la ratio con cui i Cinque stelle e la destra hanno “confinato” Fico alla Presidenza di Montecitorio.[27]
Per la cronaca, proprio il pendant Fico-Alberti Casellati del marzo 2018 contribuisce a smentire quanti oggi dicono che l’alleanza M5s-Pd fosse quella più naturale fin dall’inizio e che il patto “giallo-verde” sia stato un ripiego.[28] Al contrario, la politica dei due forni esplicitata da Di Maio lo scorso anno serviva appunto, assieme alla pregiudiziale antiberlusconiana, per aiutare Salvini ad acquisire più libertà di manovra (si ricordi che il leader leghista, rifiutando di votare Paolo Romani alla Presidenza del Senato, costrinse Forza Italia a ritirarne la candidatura e si affermò quale capo della destra). L’orientamento decisamente filo-leghista di Di Maio e Casaleggio è più che noto.[29]
[1] https://www.facebook.com/watch/?v=2482403712027904
[2] https://www.youtube.com/watch?v=xgQIXP_LLY (da 26:59).
[3]https://www.repubblica.it/politica/2019/08/23/news/crisi_di_governo_totopremier_totonomi_premier_ministri_giovannini-234170622/
[4] https://www.corriere.it/politica/cards/caccia-premier-veti-curriculum/enrico-giovannini.shtml
[5] https://www.avvenire.it/attualita/pagine/conte-chiama-il-pd
[6] https://twitter.com/rossipresidente/status/1166201381377781760
[7] https://www.huffingtonpost.it/entry/impantanati-su-di-maio_it_5d659f3be4b01fcc690b59f7
[8] https://www.corriere.it/cronache/19_agosto_28/governo-mani-conte-non-somma-ma-vera-coalizione-4348b216-c9d8-11e9-89f2-27d7028d49f0.shtml
[9] https://www.open.online/2019/08/25/come-potreste-dire-no-a-conte-e-voi-come-potreste-dire-no-a-fico-m5s-e-pd-giocano-col-fuoco/
[10] https://www.open.online/2019/08/20/di-maio-suona-la-carica-per-conte-saremo-accanto-a-te-litalia-non-puo-perderti/
[11] https://www.youtube.com/watch?v=EcBFREcJBzc
[12] https://www.agi.it/politica/m5s_crisi_governo_di_maio_incontra_parlamentari-6048903/news/2019-08-19/
[13] https://www.ilmessaggero.it/politica/governo_conte_di_maio_m5s_pd-4704625.html
[14] https://roma.corriere.it/notizie/politica/19_settembre_01/conte-attende-si-maio-io-al-m5s-non-iscritto-0a96a56c-ccf4-11e9-9244-6e75990727b6.shtml
[15] https://www.huffingtonpost.it/entry/male-la-prima-conte-lelevato-che-sogna-il-colle-non-convince-il-pd_it_5d67fcd8e4b06beb649ae358
[16] https://www.open.online/2019/06/06/il-partito-di-giuseppe-conte-vale-il-12-e-ruberebbe-voti-a-m5s-e-pdRimando al mio [17] https://archivio.ilbecco.it/politica/item/4453-radici-del-movimento-5-stelle.html
[18] https://archivio.ilbecco.it/politica/item/4245-l-inedito-moderatismo-del-m5s.html
[19] https://www.panorama.it/news/politica/le-mille-vite-di-mastella-sono-lalberto-sordi-della-politica-italiana/
[20] https://www.repubblica.it/politica/2019/01/21/news/baciamano_salvini_afragola_saviano_il_volto_della_lega_a_sud-217062459/
[21] https://archivio.ilbecco.it/politica/societ%C3%A0/item/1009-renzi-e-il-populismo-dei-moderati-italiani.html
[22] https://www.ilsole24ore.com/art/conte-spariglia-centro-cosi-partito-pil-perde-fascino-mosse-renzi-e-calenda-ACUHffg
[23] https://www.nextquotidiano.it/la-telefonata-di-angela-merkel-per-il-governo-conte-bis/
[24] Si considerino ad esempio i flussi 2013-2018 ricostruiti da Ipsos: https://www.ipsos.com/sites/default/files/ct/news/documents/2018-03/elezioni_politiche_2018_-_analisi_post-voto_ipsos-twig_0.pdf
[25] https://notizie.virgilio.it/renzi-pd-divisione-nuovo-partito-piano-789281
[26] http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2019/09/11/pd-zingaretti_7a1aa818-1430-4c44-a93c-42d9198e639c.html
[27] Avevo già espresso questa lettura nel “Dieci mani” che all’epoca dedicammo alla vicenda: https://archivio.ilbecco.it/diecimani/item/4304-sull-elezione-delle-presidenze-di-camera-e-senato.html
[28] Ad esempio, D’Alema: https://www.corriere.it/economia/aziende/19_settembre_03/02-economia-arecorriere-web-sezioni-28b907d8-ce89-11e9-95aa-93e3e08ee08a.shtml
[29] https://www.corriere.it/politica/19_settembre_01/beppe-grillo-torna-origini-riguardando-giovani-dem-74fe9860-ccfe-11e9-9244-6e75990727b6.shtml
Immagine da www.wikipedia.org
Nato a Firenze nel 1989. Laureato in Scienze storiche (una tesi sul thatcherismo, una sul Risorgimento a Palazzuolo di Romagna), lavoro nel settore dei servizi all’impresa. Europeista e di formazione marxista, ho aderito a Italia Viva dopo quattordici anni in DS e PD.