La situazione boliviana vista dal punto di vista del più semplice dei metalli: il Litio.
Stoccolma, 9 ottobre. Akira Yoshino, Michael Stanley Whittingham e John B. Goodenough ricevono la telefonata dell’Accademia Svedese di Scienze: sono loro ad aver vinto il Premio Nobel per la Chimica 2019 grazie allo studio e allo sviluppo delle batterie al litio.
La Paz, 25 ottobre. Evo Morales vince per un soffio le elezioni al primo turno ottenendo, tra mille polemiche, il suo quarto mandato presidenziale. Come spiega nel dettaglio Alessandro Zabban[1], le opposizioni chiedono ugualmente il ballottaggio, parlano di brogli e provocano un’ondata di violenze in tutto il paese che porta, il 10 novembre, alle dimissioni dello stesso Morales. Un passo indietro compiuto nel tentativo di evitare un’escalation e una probabile guerra civile dato che, polizia prima ed esercito poi, erano ormai schierati apertamente con le opposizioni.
La cacciata di Morales non può e non deve esser ritenuta il risultato di un singolo fattore, ma piuttosto come il prodotto di una serie di eventi che hanno portato vari attori, storicamente molto attivi in Sud America, a muoversi per togliere di mezzo il “Presidente Indio”. Da chimico e da lettore di scienza però vorrei soffermarmi solo su un aspetto della questione, cioè sull’abbondanza di litio in terra boliviana e sull’impatto di questo piccolo metallo nella geopolitica latino-americana.
Torno quindi al Premio Nobel per la Chimica. I tre premiati di quest’anno sono coloro che hanno studiato e sviluppato le batterie a litio, le piccole infernali stecchette che permettono ad ogni smartphone, tablet e laptop di restare operativi per ore e ore senza essere collegati alle prese di corrente. Il meccanismo di funzionamento di una batteria è abbastanza semplice (lo potete trovare spiegato bene qui): si basa sul litio perché esso è l’elemento che meglio si presta a cedere un elettrone e, di conseguenza, a generare un potenziale ed una corrente elettrica. Da questo principio base, messo a punto negli anni ’70 durante la crisi petrolifera, si è dovuto compiere uno sforzo enorme per arrivare nei primi anni ’90 alla prima versione commerciale, completamente sicura ed efficiente, delle batterie a litio.
Questa la storia, il passato. Di fronte a noi invece ci sono gli sviluppi futuri di questa tecnologia che potrebbero riguardare batterie per le auto elettriche e il trasporto pubblico, senza dimenticare il continuo evolversi dei dispositivi portatili o, banalmente, la loro continua crescita in termini di richiesta energetica.
Considerato che le batterie a litio potrebbero rappresentare una fetta importante della rete di stoccaggio e distribuzione energetica non proveniente da combustibili fossili, non sembra così assurdo pensare che la materia prima, cioè il litio, possa ritrovarsi al centro di molte attenzioni economiche e geopolitiche. Penso solamente al discorso legato alle batterie per automobili: al momento le macchine elettriche hanno un enorme limite legato allo stoccaggio di energia, che verrebbe risolto se una produzione di energia green, ad esempio tramite la produzione di idrogeno da etanolo, potesse essere conservata in un dispositivo come, appunto, una batteria. Gli interessi in gioco sono così evidentemente molto grandi, sia per il presente che, soprattutto, per il futuro.
Per il resto il collegamento tra il terzo elemento della tavola periodica ed il continente sudamericano è cosa di numeri: l’80% delle riserve non sfruttate di litio mondiali si trova tra Argentina, Cile, Brasile e Bolivia. Questo non vuol dire che questi paesi siano i maggiori produttori minerari, né che siano i principali utilizzatori, ma indica solo dove guardare per individuare giacimenti da iniziare a sfruttare nel futuro. I punti cominciano ad essere collegati e il disegno si inizia a distinguere vero?
Nonostante ciò va ripetuto che non ci sono, al momento, prove che indichino l’affaire litio come la scintilla che ha rovesciato Morales. Però, come si dice in questi casi: “A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca!”.
Oltre alla storia del litio, delle batterie e della dislocazione geografica delle riserve ci sono altri eventi che, messi l’uno accanto all’altro, ci mostrano un quadro complessivo decisamente “sospetto”. Li elenco in maniera il più oggettiva possibile:
1. Il litio ha attirato le attenzioni di molti investitori privati, tanto che il suo prezzo è quasi triplicato negli ultimi 5 anni (+140%). Molti di essi hanno provato ad entrare nei giacimenti e nelle miniere, in special modo dove governi compiacenti hanno chiuso gli occhi di fronte allo sfruttamento dell’ambiente e dei lavoratori. Tra questi, per restare in Sud America, si sono distinti l’Argentina di Macrì, il Cile di Pinera e il Brasile di Bolsonaro.
2. Il governo Boliviano, al contrario, ha resistito ad ogni sirena privata ed estera, estraendo il litio esclusivamente tramite la sua compagnia statale, stabilendo un tetto allo sfruttamento del principale giacimento, nonché Patrimonio dell’Umanità, il Salar de Uyuni[2] e imponendo la lavorazione di una quota maggioritaria dei prodotti finiti in Bolivia. Le uniche partecipazioni estere che sono riuscite ad entrare in questa operazione sono quelle di un’azienda tedesca, che fornisce training e personale specializzato, e di una compagnia cinese.
3. La Cina, in maniera sistematica, logica e spietata, sta espandendo la sua influenza globale tramite accordi, investimenti e patti di amicizia. Inoltre si sta imponendo sempre più come produttore leader di tecnologia e di accessori come, appunto, le batterie. Questo la sta ponendo ancora di più in competizione con gli USA, primo produttore hi-tech mondiale, ma essenzialmente privo di giacimenti di litio.
4. Nell’ultimo anno la situazione politica sudamericana sta subendo molti scossoni: in un’Argentina devastata dall’ennesima crisi economica, vince lo schieramento peronista, mentre nel Cile guidato dall’ultraliberista Pinera, violentissime proteste di piazza fanno tornare alla mente gli anni di Pinochet. Alla Casa Bianca vedono due paesi alleati, ricchissimi di litio e con una linea politica molto accondiscendente, scivolare verso il caos o, peggio ancora, verso posizioni protezionistiche e stataliste. Si rischia quindi di restare senza riserve di litio in quello che il presidente Monroe chiamava “Il nostro giardino sul retro”.
5. Resta sempre la Bolivia. Un paese piccolo, un presidente indigeno, una piccola favola socialista. Morales che, in qualche modo, forza la mano per la sua quarta candidatura, potrebbe perdere nelle urne. Le opposizioni potrebbero vincere, ma se da fuori arrivasse un aiuto magari sarebbe più facile.
Non voglio addentrarmi in politica. Vorrei solo portare la riflessione su come la scienza, la ricerca sia pura che applicata, possa avere delle ricadute sociali, economiche e politiche che distano anni luce dai suoi obiettivi primari. Einstein e i fisici di inizio secolo posero le basi per la costruzione della bomba atomica, ma nessuno, anche chi lavorò al progetto Manhattan, pensava di portare a quel risultato. La scienza è uno strumento neutro, sono gli uomini che decidono come utilizzarne i risultati. La questione del litio, come tutte le altre, va messa su una bilancia e soppesata: su un piatto troviamo i vantaggi di un mondo a trazione elettrica, dall’altro gli svantaggi dovuti alla probabile devastazione ambientale legata all’estrazione del minerale.
Stoccolma premia la scienza e, in generale, non indirizza certamente la geopolitica mondiale. Eppure in certi casi può capitare che spinga a riflessioni interessanti e per niente banali: dove si trova il confine tra la purezza della scienza e l’opportunismo della geopolitica economica?
Una domanda che, sinceramente, non credo possa avere risposte univoche.
Immagine NASA/METI/AIST/Japan Space Systems, and U.S./Japan ASTER Science Team (dettaglio) da jpl.nasa.gov
Sono nato nel 1984 vicino Firenze e ci sono cresciuto fino alla laurea in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche nel 2009. Dopo il dottorato in Chimica, tra Ferrara e Montpellier, ho iniziato a lavorare al CNR di Firenze come assegnista di ricerca (logicamente precario). Oltre che di chimica e scienza, mi occupo di politica (sono consigliere comunale a Rignano sull’Arno), di musica e di sport. E si, amo Bertrand Russell!