Nella vita bisogna sempre stare in guardia. Specialmente in politica. Il cambiamento del mondo negli ultimi anni è stato brusco e rapido e ha prodotto mutamenti enormi. La regressione è fin troppo palese. Ma come è stato possibile?
Mettetevi comodi. In Europa è poco nota, ma negli Stati Uniti la conoscono bene.
C’era una volta il 1988. La Guerra Fredda stava per terminare, il Muro di Berlino stava per venire giù, ma non solo. I media stavano prendendo campo. Lo scandalo Watergate (che portò alle dimissioni di Nixon nel 1974) aveva dimostrato che l’opinione pubblica era facilmente manipolabile e di conseguenza controllabile.
Ricordate quel gioiello chiamato Sesso e potere (trovate un estratto qui)? Nel 1997 Barry Levinson accettò di dirigere Robert De Niro e Dustin Hoffman in una satira tagliente e spassosa sull’uso dei media nella politica. Titolo originale: Wag the dog (una sorta di cane che si morde la coda nel senso di “cortocircuito”). Il presidente americano è accusato di molestie sessuali (citofonare a Bill Clinton). Il partito ingaggia un consulente (De Niro) per mettere a tacere queste voci in vista delle elezioni. Insieme a un noto produttore di Hollywood (Hoffman), inscena una finta guerra contro l’Albania per tenere buona l’opinione pubblica. La pellicola era scritta alla perfezione dal geniale David Mamet e vantava anche le musiche di Mark Knopfler, oltre a grandi performance di De Niro, Hoffman e Harrelson. Se volete vedervelo, sappiate che il film è fuori dal catalogo home video (puro caso?).
È risaputo che the show must go on, la gente non deve sapere la verità. Il fumo era diventato meglio dell’arrosto. Sicuramente meno costoso e più redditizio.
Ma come siamo arrivati a tal punto?
The Front Runner parla di uno spaccato della società statunitensa che poi porterà ai fatti analizzati nel recente Vice di Adam McKay.
Dopo il governo Reagan, il Partito Democratico americano aveva un vantaggio enorme. Secondo i sondaggi, ben 12 punti.
Gary Hart (Hugh Jackman) era il “front runner” perfetto perchè aveva intuito che “le cose cambiano davvero quando i giovani si muovono”. La sinistra americana riuscì a perdere quelle elezioni dilapidando un vantaggio incredibile (ricorda il centro sinistra nostrano). Per la cronaca, vinse il repubblicano George H. Bush. Il candidato democratico che lo sfidò era Michael Dukakis.
Hart avrebbe vinto le primarie e sarebbe stato sicuramente una spina nel fianco per i repubblicani. Gary era sposato con Lee (Vera Farmiga, la psichiatra di The Departed di Scorsese) e aveva due figli. La sua famiglia e il suo lavoro erano due punti fermi. Hart era pericoloso e doveva essere fermato: voleva puntare sulla cultura, aprire un tavolo con i sovietici (era amico di Gorbachev) ribaltando di fatto la condotta di Reagan. Fu però beccato con le mani nella marmellata (o meglio tra le pieghe di una gonna). In poche parole divenne il più grande presidente americano mai eletto della storia.
Il “golpe” fu reso possibile dalla macchina del fango. Non quello fisico, sporco, ma quello astratto che però ti distrugge e ti annienta psicologicamente. In politica, come nella vita sociale, si sa che il pettegolezzo corre veloce. Hart era diventato (inconsapevolmente) la leva adatta per barattare la vita privata con la visibilità. Edward Norton in Birdman, chiamava la popolarità “la cuginetta zoccola del prestigio”.
L’Apocalisse durò circa 43 giorni e fu letale per la carriera del non furbissimo Hart: quel ciclone aveva le fattezze della modella Donna Rice (Sara Paxton). Non era minorenne, altrimenti finiva dalle parti di Arcore. Silvio Berlusconi l’avrebbe sicuramente “provinata”. Il punto è che le “scappatelle” sotto le lenzuola le faceva anche Kennedy, ma negli anni ’60 il peso dei media era diverso. La caccia all’esclusiva era diventata una merce privilegiata che i quotidiani inseguivano per aumentare le vendite. Anche a costo di scavare nei pettegolezzi e nell’immondizia. Così fece il Miami Herald che pubblicò un pettegolezzo (in seguito a una telefonata anonima) che accusava pubblicamente il politico democratico di avere una relazione extra coniugale. Ovviamente con tanto di foto che suggellavano l’accaduto. Ricordatevi che l’anno scorso sono scoppiati il caso Weinstein (che ha provocato cambiamenti non indifferenti anche nel cinema) e lo scandalo Facebook. Ciò dimostra che la privacy è una favola, in realtà non esiste più. Il politico era diventato una star hollywoodiana (si veniva dall’amministrazione Reagan), pronto da esser mandato nel tritacarne mediatico. Non importa che ci sia la notizia, basta che se ne parli. Non interessavano più i partiti e i programmi, interessavano le abitudini dei politici, i pettegolezzi. Questo è il cambiamento che alla fine degli anni ’80 iniziò a manifestarsi con forza e veemenza.
Oggi la politica si fa a colpi di post e tweet. L’approfondimento è un optional, i discorsi devono essere vaghi e “bassi” altrimenti la gente non li capisce. Lo dimostrano Salvini e Trump. Ma c’è una differenza veramente forte tra un elettore di sinistra e quello di destra (chiaramente a parità di intelligenza). A vedere questo film emerge in tutta la sua forza che il primo vede l’integrità del leader politico nel suo insieme, giudicando di conseguenza anche la vita privata. La cosiddetta questione morale. Il secondo invece (spesso) se ne frega. È una differenza molto importante. Come ha spiegato benissimo Michael Moore in Fahrenheit 11/9, Trump è misogino, razzista, paga le persone per non farsi ricattare, ma si vanta dei suoi peccati come se fossero dei trofei di caccia. Ciò alimenta la sua forza aumentando il suo controllo sulla massa. La società non è femminista, ma è sempre più maschilista e patriarcale.
Jason Reitman (prossimo regista di Ghostbusters 3, saga partita dal padre Ivan) ha ripreso antiche lezioni del cinema americano liberal di Spielberg, Coppola, Altman, Pakula, Lumet, Pollack, Clooney con dialoghi lunghi e verbosi alla Aaron Sorkin. A differenza di loro, però, fa finta di non schierarsi cercando di far vedere i fatti, coadiuvato dal libro di Matt Bai, All the truth is out. Lo fa con una fotografia di sapor antico, filmati di repertorio e una buona dose di realismo (notare il riuscito pianosequenza altmaniano di inizio film sul “circo mediatico” e sul rumore della folla). Qui critica aspramente la “folla mediatica”. A differenza di The post di Spielberg dove i giornali rappresentavano il credibile tramite tra cittadino e classe politica, qui invece la stampa diventa una belva feroce a caccia di scoop e pettegolezzi. Reitman racconta il “backstage” dell’America, le sue facce nascoste e i problemi della società occidentale. Lo aveva già fatto bene con Tra le nuvole (i cacciatori di teste) e con lo splendido Thank you for smoking (le lobby). Ma soprattutto analizza l’uomo, le sue debolezze, i suoi peccati, la follia della massa. Hugh Jackman è ottimo nel mostrare le varie facce di Gary Hart: il politico, ma anche l’uomo comune incapace di mettersi in discussione e di sopperire alla pressione mediatica. Al resto ci pensano i personaggi di contorno: il rumore della folla, il “polverone” mediatico e spalle autorevoli come Vera Farmiga (la moglie tradita e messa alla gogna mediatica), Sara Paxton (l’amante di Hurt) e J.K. Simmons (il capo della campagna elettorale di Hart).
The front runner non è un film perfetto: gli manca un po’ di ritmo, la sceneggiatura non ha guizzi, limitando ad esporre i fatti. Inoltre non sono d’accordo sul discorso finale perchè rappresenta il perfetto manuale per la sconfitta sicura. Specie se sei di sinistra. Reitman sceglie di non approfondire, di non andare oltre. Riesce però a farci capire che questa “rivoluzione” non è stata un bene. Opera interessante che lascia molte riflessioni. Non a caso sarà (vergognosamente) distribuito in appena 56 sale in tutta l’Italia.
The front runner – Il vizio del potere
Paese: USA, 2018
Genere: Thriller, Drammatico
Regia: Jason REITMAN
Sceneggiatura: Matt BAI, Jay CARSON e Jason REITMAN
Cast: Hugh JACKMAN, Vera FARMIGA, J.K. SIMMONS, Alfred MOLINA, Sara PAXTON
Fotografia: Eric STEELBERG
Durata: 1h e 53 minuti
Distribuzione: Sony Pictures / Warner Bros
Uscita italiana: 21 Febbraio 2019
Interviste: www.comingsoon.it/film/the-front-runner-il-vizio-del-potere/55310/video
Presentato al 36° Torino Film Festival
Tratto dal libro di Matt Bai, All the Thruth Is Out
La frase cult: Sono le idee che contano in queste elezioni.
Regia ***1/2
Sceneggiatura ***
Recitazione ***1/2
Fotografia ***1/2
Film ***1/2
Immagine di copertina liberamente ripresa da www.ciakmagazine.it, immagine nel corpo ripresa liberamente da arapahoenews.com
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.