Tra il 2008 e il 2009 al cinema uscirono due pellicole meravigliose firmate Clint Eastwood: prima Changeling e subito dopo il cult Gran Torino. Fu un “uno-due” pazzesco, cinematograficamente parlando.
Quest’ultimo fu annunciato come l’ultimo film da interprete del grande Clint.
Scherzavamo amici.
Nel 2012 il fido aiuto regista Robert Lorenz lo volle nella sua opera prima, come attore in Di nuovo in gioco (film non memorabile).
Alla fine del 2018 colpo di scena: Eastwood, classe 1930, annuncia il suo ritorno sia come attore protagonista sia come regista. Effettivamente il flop di Ore 15:17 assalto al treno è stato duro da digerire, vista la quantità di propaganda e lo scarso equilibrio che impregnavano quel film.
Capita anche a lui di sbagliare.
Si vedeva che mancava il tocco di Clint. La cosa deve averlo scosso. Infatti Eastwood è tornato su terreni e temi già affrontati nella sua carriera: quella del doppio binario narrativo (poliziotto e criminale) come in Un mondo perfetto .
Naturalmente è grande cinema. Solo lui poteva raccontare una storia (vera) come questa.
Questo film si unisce alla galleria di opere che hanno reso migliore la vita delle persone. Clint Eastwood è un’icona, un maestro del cinema, perché ha saputo fare questo.
Cosa sarebbe Gran Torino senza Clint che fa la pistola con le dita?
Probabilmente avrebbe avuto meno effetto.
Politicamente pochi lo hanno capito. A sinistra lo considerano reazionario e conservatore, a destra dicono che fa cinema troppo umano. La verità è che è sempre stato un pensatore libero ed è lucidissimo (anche nei suoi film meno riusciti piazza sempre la “zampata”).
Incredibilmente Il corriere non ha avuto nessuna nomination ai prossimi Oscar (scelta che non condivido affatto). Sicuramente la regia, il montaggio e l’interpretazione di Eastwood sono meritevoli di considerazione.
Naturalmente, come spesso accade, la vicenda è ispirata ad una storia realmente accaduta. Lo sceneggiatore Schenk ha trovato sul New York Times l’incredibile storia di Leo Sharp.
Solo Clint Eastwood poteva interpretare e dirigere un film cucito su misura sulle sue caratteristiche attoriali e registiche. Dentro ci sono tutte le tematiche a lui più care.
L’ennesimo grande film di un mito che si aggiunge a una filmografia corposa fatta di opere indimenticabili: Mystic River, Million Dollar Baby, Changeling, Gran Torino, Potere assoluto, Gli spietati, Nel centro del mirino, Bird, Sully, Invictus, Lettere da Iwo Jima, Flags of our fathers, Un mondo perfetto. Senza dimenticare ciò che aveva fatto da attore (mi limito solo a citare i western di Sergio Leone).
La prima novità che salta all’occhio è che il direttore della fotografia di questo film non è Tom Stern, abituale collaboratore di Eastwood da Debito di sangue (2002) fino a Ore 15:17 – Assalto al treno (2018). Al suo posto c’è Yves Belanger, collaboratore di Jean Marc Vallee (Dallas Buyers Club, Wild, Demolition).
Il corriere è una sorta di sequel ideale di Gran Torino (solo con tono più leggero): anche qui il protagonista è un reduce della Seconda Guerra Mondiale, un po’ politicamente scorretto più che razzista (d’altronde lo sceneggiatore è sempre Nick Schenk).
Osservate la prima immagine del film: i fiori, la casa e il bandierone a stelle e strisce in bella vista (lo sapete Clint ha votato Trump, ma in questa storia sembra un anarchico).
Il protagonista non è Walt Kowalski, ma Earl Stone (un nome da duro che sembra uscito da un vecchio western). Eastwood interpreta un uomo di oltre 80 anni, godereccio (la scena del ballo), burbero, ma socievole, quasi al verde, che è costretto a chiudere la sua attività imprenditoriale. Earl è un floricoltore che ha dedicato tutta la sua vita al suo lavoro, fregandosene della famiglia (Iris è interpretata da Alison Eastwood, figlia 46enne di Clint anche nella vita reale).
Piegato dalla deindustrializzazione, dalla supremazia tecnologica (non sa neppure mandare un sms) e dalle vendite online, è costretto a trovarsi un altro impiego (qui mostra la sua avversione a Obama e la sua vicinanza a Trump). Il suo unico bene rimasto è un pick-up (marchiato Ford, naturalmente come la Gran Torino).
Fino a che un giorno gli propongono un lavoro redditizio. Senza tentennamenti Earl diventa inconsapevolmente “un mulo” (corriere) per contrabbandare oltre 100 kg di droga al mese negli Stati Uniti. Il suo datore di lavoro è un boss del cartello messicano della famiglia Sinaloa (interpretato da Andy Garcia).
L’età di Earl lo rende insospettabile per la polizia. I messicani lo chiamano El Tata (il nonno).
Macina tanti chilometri lungo un’America rurale, mette via diversi soldi, recupera le cose che ha perso (non solo la casa, ma anche parte degli affetti), ma durante uno dei tanti tragitti la curiosità esce allo scoperto. Rischiando tantissimo, scopre il contenuto dei bagagli (notare la splendida inquadratura da dentro il bagagliaio dell’auto).
Earl Stone però non conosce soste, così come Clint Eastwood. Come un buon vino, più passa il tempo e più migliora.
Ma il capo della polizia Laurence Fishburne (Matrix, Mystic River) chiede degli arresti agli agenti dell’antidroga Bradley Cooper (già attore per Eastwood in American Sniper) e Michael Peña. I due poliziotti braccano Stone.
Ed ecco che si ritorna anche sugli schemi de Un mondo perfetto: due uomini diversi, preda e cacciatore (Eastwood e Cooper), che non si conoscono, ma che hanno qualcosa in comune.
Stone comincerà allora a pensare agli errori fatti nella sua vita, cercando di porvi rimedio. Perché questo vecchio eroe segnato dalle rughe e dal tempo non vuole fermarsi, ma è consapevole che è a fine corsa. “Potevo comprare tutto, tranne il tempo.”
È inutile negarlo: Clint è invecchiato, sembra leggermente rallentato nei movimenti, ma ha sempre il solito sguardo rabbioso e grintoso. Come ai vecchi tempi. Come diceva Sergio Leone, Clint “ha due espressioni: una con il cappello e una senza”.
La vecchiaia di un duro del cinema come Eastwood diventa fragilità e vulnerabilità, facendo acquistare appeal al “mito cinematografico”. Un’operazione del tutto simile a quella recente di Robert Redford di The old man & the gun. Ma c’è tanta ironia e Clint sa essere perfino autoironico. Una cosa non comune a tanti registi.
Il vero segreto di Eastwood regista è uno solo: l’umanità dei suoi personaggi e delle loro scelte. Anche Earl Stone fa parte di questa galleria di uomini con la solita grinta, forza. A suon di ideali e di etica. Ma sono sempre i rapporti umani a fare la differenza, nel bene e nel male.
Il cinema diventa un piccolo manuale di educazione civica. Al netto della sua “fede” repubblicana, Eastwood è sempre stato lucido e rigoroso non risparmiando frecciate sia alla sua parte, sia alla parte opposta.
Lo spettatore si sentirà, a sua volta, un mulo che corre dietro a quel terribile vecchietto, quasi novantenne.
Questa volta sono d’accordo con Andrea Scanzi. Il 4 febbraio sulla sua pagina Facebook ha detto che “uno dei compiti dell’artista è far sentire meno soli coloro che ad esso si aggrappano. Viviamo una contemporaneità mediamente di merda, ma essere contemporanei di Springsteen, i Pink Floyd e il vecchio Clint è proprio una gran botta di culo”.
Il corriere
Titolo Originale: The Mule
Paese: USA, 2018
Genere: Drammatico
Regia: Clint EASTWOOD
Sceneggiatura: Nick SCHENK
Cast: Clint Eastwood, Bradley COOPER, Laurence FISHBURNE, Michael PENA, Andy GARCIA
Fotografia: Yves BELANGER
Durata: 1h e 56 minuti
Produzione e distribuzione: Warner Bros
Uscita: 7 Febbraio 2019
La frase cult: l’unica persona che vuole vivere sino a 100 anni è quella che ne ha 99.
Trailer: youtu.be/4W9rnhhZjs4
Regia ****
Sceneggiatura ****
Recitazione ****
Fotografia ****
Montaggio ****
Film ****
Immagine di copertina liberamente ripresa da YouTube.com, immagini nel testo liberamente riprese da screenrant.com e allthatsinteresting.com
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.