Anche se non si tratta di una catastrofe nucleare, per certi versi quello che sta accadendo in Cina ricorda da vicino il disastro di Chernobyl. Al momento ci sono poche certezze, come il fatto di trovarsi di fronte ad un virus finora sconosciuto, di conseguenza ogni informazione va trattata con molta elasticità e sempre con il beneficio del dubbio.
Partiamo dai fatti. Intorno alla metà di novembre nella città di Wuhan si iniziano a registrare casi di forti disturbi respiratori, casi che crescono fino a gennaio quando finalmente si capisce che sta scoppiando un’epidemia di stampo virale.
Dai primi casi accertati a quando il caso è saltato alle cronache mondiali sono passati due mesi, un tempo enorme in cui sarebbe stato possibile attuare misure di igiene pubblica e, forse, limitare il contagio. Purtroppo però le autorità cinesi hanno considerato la cosa come un affare di stato, tenendo sotto silenzio il tutto. Almeno fino a quando è stato possibile.
Il sindaco di Wuhan, da molti indicato come il responsabile numero uno del disastro, ha infatti recentemente ammesso, in un’intervista televisiva[1] di esser stato fermato dai vertici statali nel tentativo di trasmettere informazioni a suo dire utili per fermare il virus in tempo. Non è facile stabilire quanta verità ci sia in queste parole, ma resta il fatto che a dicembre alcune persone siano state arrestate con l’accusa di “diffondere voci non confermate”. Solo di fronte al propagarsi incontrollato del virus, quando i casi erano già centinaia, le autorità cinesi hanno divulgato la notizia e preso contatto con le autorità internazionali. A questo punto, però, già 5 milioni di cittadini di Wuhan erano in viaggio verso altre città in vista del capodanno cinese: una modalità perfetta per diffondere l’epidemia.
Con i buoi già ampiamente scappati dal recinto, i cinesi hanno comunque provato a correre ai ripari mettendo in quarantena Wuhan e altre città limitrofe: 35 milioni di persone isolate con contestuale costruzione a tempo di record di un ospedale dedicato ai colpiti dall’epidemia[2].
Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS o WHO) in un primo momento non aveva dichiarato emergenza globale, ritenendo che mancassero evidenze di una diffusione massiva fuori dalla Cina e di una sistematica e rapida trasmissione del virus tra esseri umani[3]. In questi ultimi giorni, di fronte ad all’impennata dei contagi, ha dovuto giocoforza cambiare linea, attestando l’emergenza a livello mondiale.
Le stime odierne, aggiornabili di ora in ora, parlano di un numero di contagi in Cina passato in pochi giorni da 2700 a 4500 (+60%) e di un centinaio di vittime accertate. Fuori dai confini cinesi invece sarebbero stati identificati circa 40 casi, senza vittime, ma con un primo episodio di contagio completo avvenuto tra persone non provenienti dalla Cina.
Chiaramente fin dai primi casi accertati, vari centri di ricerca in tutto il mondo stanno lavorando sui fronti più caldi di questa emergenza: contenere l’epidemia, capire i sintomi, curare la malattia, trovare una cura farmacologica contro il virus.
Per quantificare la pericolosità del virus dal punto di vista epidemiologico, uno dei parametri è il numero di persone che possono essere contagiate da una persona infettata (R0). R0=1 vuol dire che una persona portatrice del virus infetterà probabilmente un solo altro individuo, mentre più sale questo valore più il rischio epidemico diventa elevato. Dai primi report dell’OMS[4], a cura dell’Imperial College di Londra, si sono ottenuti valori compresi tra 1,4 e 2,5. Valori che richiederebbero massicci interventi di salute pubblica, come, appunto, le quarantene.
Questi studi restano molto preliminari e devono quindi essere considerati solo indicativi, in quanto estrapolati da un campione statisticamente poco significativo e molto variabile dal punto di vista dei sintomi. Sono stati accertati, ad esempio, casi asintomatici; una possibilità che allarga molto il bacino dei possibili contagiati e lascia un grande alone di incertezza sulla reale capacità infettiva del virus.
In questo perfetto mix di segreti di stato e scarsa informazione si rischia di scordare il vero protagonista dell’intera vicenda: il 2019 Novel Coronavirus.
Questo patogeno, anche chiamato 2019-nCoV o Wuhan Coronavirus, appartiene alla famiglia Coronaviridae, un gruppo virale che utilizza filamenti di acido ribonucleico (RNA) come materiale genetico al posto del più complesso DNA (acido desossiribonucleico)[5].
I virus, di gran lunga più numerosi di tutte le altre forme viventi messe insieme, vengono definiti come entità biologiche con proprietà di parassiti obbligati, cioè con la necessità di replicarsi all’interno di cellule di altri organismi. Infettare ogni altra forma di vita, dagli animali alle piante, dai batteri fino ad altri virus è una loro necessità evolutiva, senza la quale non sopravviverebbero.
Dal punto di vista strutturale i virus si presentano come piccole scatole proteiche al cui interno è custodito il materiale genetico a base di DNA o RNA. Inoltre sulla superficie possiedono strutture per il riconoscimento e la penetrazione nella cellula ospite. Dopo essere entrati all’interno della cellula infettata perdono la loro integrità strutturale, rilasciano il materiale genetico e sfruttano le strutture ospiti per produrre nuovi virioni. Quando sono state prodotte varie copie e la cellula ospite non è più in grado di contenerle, queste vengono rilasciate.[6] Ogni virus provoca effetti diversi sulle cellule che infetta: alcuni non causano danni e restano in sospeso per mesi o anni come l’Herpes Simplex, mentre altri possono portare alla rottura cellulare dell’ospite o alla sua mutazione in cellule tumorali (Papilloma Virus, HPV).
I virus hanno anche una discreta selettività verso cellule di diverso tipo: ad esempio il virus HIV infetta le cellule immunitarie, l’HCV, responsabile dell’epatite C, quelle del fegato, mentre i coronavirus quelle respiratorie. Esistono anche patologie virali più generalizzate, come l’Ebola o l’AIDS, in cui vengono infettate cellule di tessuti diversi.
Come detto esistono virus per ogni essere vivente, dall’uomo ai cani, dai gatti ai batteri, e ogni forma presenta differenze che non permettono, in condizioni standard, di infettare un’altra specie. È l’evoluzione però a modificare i meccanismi di infezione. Mutazioni, anche piccole, e collage di pezzi di materiale genetico permettono l’acquisizione della capacità di riconoscere e penetrare anche in cellule di un altro organismo e di un’altra specie.
Il Wuhan sarebbe quindi un coronavirus, capace quindi di attaccare i tessuti dell’apparato respiratorio provocando febbre, tosse secca, affaticamento e disturbi renali, mutato per infettare anche gli esseri umani.
La SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome, 2002) e la MERS (Middle East Respiratory Syndrome, 2013) furono causate a loro volta da coronavirus mutati e per questo vengono spesso associate all’emergenza attuale.
In ognuna di queste tre epidemie l’origine primaria sembrerebbe essere una specie virale presente nei pipistrelli, mutata per passare in una specie intermedia e successivamente nell’uomo. Se per la SARS l’intermedio fu lo zibetto e per la MERS il dromedario, in questo caso ancora non si è riusciti a identificare l’anello mancante.
Restano i dati, sempre più preoccupanti, sull’incremento del contagio in Cina e nel mondo, sulla possibilità che il ceppo stia ancora mutando per acquisire una maggiore capacità di passare tra esseri umani e sulla ricerca, ancora molto acerba, di una cura o di una profilassi. Resta anche il fatto che, per il momento, questa epidemia ha un tasso di mortalità molto inferiore a quello della SARS (11%) e della MERS (circa 30%).
Resta il fatto che ci troviamo di fronte a un’emergenza sanitaria dalle potenzialità ancora ignote, che il governo cinese ha prima deliberatamente taciuto informazioni fondamentali per prevenire lo scoppio dell’epidemia, per poi trasformare un’area urbana di quasi 35 milioni di persone in un enorme lazzaretto. Resta anche il fatto che l’OMS abbia preso inizialmente alla leggera il rischio legato alla trasmissione uomo-uomo e che i controlli aeroportuali disposti restino più “di figura” che di sostanza.
Resta anche un’ultima considerazione legata alle condizioni di sovrappopolazione mondiale e di igiene pubblica. Al fatto che in questo mondo non siamo soli e che, oltre animali, piante, batteri, funghi e alghe esistano anche i virus. Virus che potrebbero tornare alla luce anche a causa del riscaldamento globale e dello scioglimento dei ghiacci[7].
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https://www.reuters.com/article/us-china-health-wuhan-mayor-idUSKBN1ZQ0LJ ↑
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https://twitter.com/XHNews/status/1220674510627713025 ↑
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https://www.who.int/news-room/detail/23-01-2020-statement-on-the-meeting-of-the-international-health-regulations-(2005)-emergency-committee-regarding-the-outbreak-of-novel-coronavirus-(2019-ncov) ↑
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https://www.imperial.ac.uk/mrc-global-infectious-disease-analysis/news–wuhan-coronavirus/ ↑
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https://www.nature.com/articles/d41586-020-00209-y ↑
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https://en.wikipedia.org/wiki/Viral_replication ↑
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https://www.sciencedaily.com/releases/2019/11/191107112926.htm ↑
Immagine da Wikimedia Commons
Sono nato nel 1984 vicino Firenze e ci sono cresciuto fino alla laurea in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche nel 2009. Dopo il dottorato in Chimica, tra Ferrara e Montpellier, ho iniziato a lavorare al CNR di Firenze come assegnista di ricerca (logicamente precario). Oltre che di chimica e scienza, mi occupo di politica (sono consigliere comunale a Rignano sull’Arno), di musica e di sport. E si, amo Bertrand Russell!