Il 15 e il 16 maggio si è votato in Cile per la composizione dell’assemblea costituente, incaricata di scrivere la nuova costituzione del paese e consegnare alla storia la costituzione di Pinochet. Sia la destra attualmente al governo sia la coalizione di centrosinistra hanno visto pesantemente ridimensionare il proprio consenso a favore di un candidati indipendenti, forze di sinistra e movimenti antisistema. Uno scenario interessante, visto che tra pochi mesi si andrà ad elezioni per il presidente e parlamento.
Leonardo Croatto
Gli scontri dell’ottobre del ’19 hanno prodotto il risultato sperato. L’avvio del percorso costituzionale, offerto dalla maggioranza come strumento per dare uno sfogo al malcontento dei cittadini, ha portato ad un risultato elettorale che ha certificato il crollo dei consensi per la destra “storica”.
Sperabilmente, questo crollo avrà ulteriori conseguenze.
Tanto per cominciare, la scarsa rappresentatività nell’organo costituzionale, a maggioranza di sinistra, li priva del diritto di veto alle norme che verranno elaborate. Saranno regolati aspetti fondamentali della vita dello stato: sistema di governo, regionalizzazione, architettura istituzionale, multietnicità, diritti della persona, e la destra si troverà senza capacità negoziale.
L’elemento di curiosità “tecnica” di queste elezioni è stata la possibilità di presentare liste senza bisogno di strutturarsi in partito, condizione che ha consentito una rappresentazione larghissima di soggetti definiti “indipendenti”. La somma dei voti agli indipendenti e dell’astensionismo danno la misura della sfiducia dei cileni verso l’attuale sistema partitico. L’imposizione forzata della parità di genere ha portato ad un’assemblea costituente composta dal 45% di donne, anche questa una novità assoluta (probabilmente di dimensione mondiale).
La destra è stata inoltre sconfitta nelle elezioni amministrative tenutesi in concomitanza con l’elezione dell’assemblea costituzionale, perdendo quasi 350 sindaci e la regione metropolitana di Santiago e non eleggendo al primo turno nessun governatore di regione. Nella capitale è stata eletta sindaca Irací Hassler, economista trentenne, già consigliera comunale d’opposizione, candidata della lista Chile Digno, Verde y Soberano, in quota Partito Comunista Cileno.
Allo stato attuale delle cose, difficile immaginare un rimbalzo alle prossime elezioni politiche, che, fatto salvo un intervento USA per ristabilire l’ordine imposto, potrebbero portare ad una vittoria storica di un fronte di sinistra.
Piergiorgio Desantis
Sorprende ciò che è accaduto in Cile, perché spesso si ha una visuale molto eurocentrica. Una vera e propria svolta, praticamente ignorata da quasi tutti i media occidentali. Il paese di Allende e le sue vicende come se fossero qualcosa di assai distinto, oltreché distante. È invece assai interessante osservare le dinamiche di un paese che ha vissuto una delle più tremende dittature latinoamericane e, allo stesso tempo, la nascita e la sperimentazione del neoliberismo ad opera della Scuola di Chicago. Ebbene, dal risultato delle ultime elezioni pare emergere una chiusura di quel nero passato e la presenza una massa critica considerevole che erompe vittoriosa nelle piazze e nelle urne. Vi sono conquiste evocative come la città di Santiago da parte di Irací Hassler, esponente del Partito comunista cileno. La prova sarà data dalla capacità e dalla forza dell’Assemblea Costituente, appena eletta, a maggioranza di sinistra che dovrà riscrivere daccapo la costituzione pinochettista. Mentre c’è solo da augurarsi che questo processo costituente vada a buon fine, c’è anche ammirazione e simpatia per l’atmosfera, il clima e le persone in carne e ossa che stanno già determinando un cambiamento così radicale.
Francesca Giambi
La richiesta di una nuova Costituzione, che spazzasse via l’orribile periodo di Pinochet, riparte nel 2019 con settimane di protesta e con la discesa fino all’8% dei consensi del governo di Piñera.I risultati straordinari del referendum dell’ottobre 2020, che porta la voto più di 13 milioni di cileni, ottengono che a scrivere la nuova carta costituzionale siano 155 membri eletti che si basi su tre pilastri: sia completamente nuova rispetto a quella precedente di Pinochet, recuperi la legittimità politica della società cilena, ridristribuisca poteri e beni pubblici.
L’elezioni in Cile di questo maggio 2021 vedono dunque la vittoria delle sinistre, delle forze indipendenti e delle femministe. Questa vittoria porterà ad una definitiva spallata alle istanze neoliberiste del governo attuale: alle elezioni, infatti, abbiamo assistito alla disfatta del governo e delle forze politiche tradizionali, in particolare quelle neoliberiste. I cittadini hanno dunque eletto i 155 membri dell’assemblea; particolarmente importante è il successo Iracì Hassler, economista femminista anti liberista, eletta sindaco di Santiago. Ne esce male anche la Concertación, la coalizione di partiti di centro sinistra che ha governato il Cile dal 1990, deposizione di Pinochet, al 2010.Ora il paese sudamericano avrà davanti il grosso problema di riequilibrare il rapporto tra stato e mercato, finora del tutto sbilanciato a favore del secondo, dovrà occuparsi dei popoli indigeni che chiedevano la plurinazionalità del Cile, ma soprattutto sarà la prima costituzione al mondo a contemplare la parità di genere.In molti territori si tornerà al ballottaggio il 13 giugno ma i dati sembrano confermare la sconfitta delle destre e l’avanzamento del Frente Amplio nei comuni.
L’interrogativo ora è: riusciranno i 155 a scrivere una Carta Costituzionale così alta e che riesca a seguire tutte le indicazioni proposte, oppure ci sarà un colpo di coda dei 37 seggi dei partiti destra?
Jacopo Vannucchi
Da un primo sguardo alle elezioni cilene emerge un generale isolamento della destra, che con 37 costituenti eletti su 155 non disporrà della soglia minima (1/3 più 1) per bloccare, da sola, gli articoli della nuova Costituzione.La bocciatura elettorale riguarda però non solo la coalizione di governo, ma anche il tradizionale gruppo di centrosinistra, che, riunito attorno a socialisti e democristiani, si posiziona come quarta forza.L’elezione della Costituente è il terzo atto, dopo le proteste di massa del 2019 e il plebiscito del 2020, di un movimento che si pone l’obiettivo di cambiare profondamente il sistema nazionale, ancora modellato attorno alla Costituzione pinochetiana del 1980 e all’esperimento sociale e politico ad essa sotteso. Questa Costituzione ha potuto sopravvivere trent’anni al regime militare a causa della netta spaccatura dell’opinione pubblica, e del chiaro schieramento delle Forze Armate (guidate da Pinochet nel Cile democratico fino al 1998), riguardo gli eventi degli anni Settanta e Ottanta: il governo di Unità Popolare, il colpo di Stato, la dittatura della giunta.
Per queste stesse ragioni il futuro del Cile resta ancora denso di incognite.Primo: la destra è unita, mentre il campo democratico risulta diviso in almeno quattro tronconi: Apruebo Dignidad (sinistra radicale), La Lista del Pueblo (indipendenti di sinistra), Lista del Apruebo (centrosinistra), Independientes No Neutrales (indipendenti di centro).
Secondo: quali saranno le alleanze che si comporranno alla Costituente per ottenere la maggioranza dei due terzi? La destra riuscirà a trovare appoggi in altre liste (o tra i tanti eletti indipendenti) per impedire una maggioranza che la escluda dalle decisioni?
Terzo: se il dato delle coalizioni viene disaggregato in liste, la prima per distacco è La Lista del Pueblo (15,1%), seguita dagli indipendenti di centro (8%), dai due principali partiti di destra (la cattolica UDI con il 7,8% e il liberista RN con il 7,2%) e dal sostanzialmente podemista Revolución Democrática (6%), primo fra i partiti di Apruebo Dignidad. Solo al sesto posto si incontra, sotto il 5% per una manciata di voti, un partito democratico “tradizionale”, ossia il Partito Comunista. Il rifiuto del sistema politico, quindi, riguarda non solo il governo e non solo l’opposizione di centrosinistra, ma tutto l’arco dei partiti del Novecento. E va altresì notato che in questo sconvolgimento la destra riesce a mantenere il controllo del proprio campo, la sinistra no.
Quarto: a novembre il popolo cileno dovrà eleggere un nuovo Presidente e rinnovare le Camere. Potrebbe concretizzarsi lo scenario peruviano di aprile, con alta frammentazione e ballottaggio fra il candidato comunista e la destra. L’esito del secondo turno in Perù (6 giugno) potrebbe influenzare anche le elezioni in Cile, ma la domanda fondamentale è: come reagirebbero i gruppi della società cilena a una nuova polarizzazione e alla possibilità di una Costituzione progressista con un Presidente comunista? E quali sarebbero le conseguenze di un dualismo di potere, con la Costituente a sinistra e il Presidente a destra?
Alessandro Zabban
La straordinaria mobilitazione popolare cilena iniziata nell’ottobre del 2019 ha stravolto il quadro politico del paese andino. Nonostante la feroce repressione da parte del governo di destra di Piñera, l’ondata delle rivendicazioni sociali e civili invece di sgonfiarsi si è espansa fino a travolgere completamente la stanca e marcia oligarchia politica “moderata” che ha retto il paese nell’ultimo decennio e che non ha mai voluto mettere da parte la Costituzione di Pinochet. Quest’ultima rappresenta l’architrave di uno dei sistemi più iniqui al mondo, in cui sanità e istruzione svolgono il ruolo di mere merci, in cui i diritti sociali sono pressoché assenti e in cui la repressione più brutale può essere esercitata quasi impunemente.
Gli effetti sul lungo termine di questo terremoto politico sono ancora tutti da valutare, ma intanto, a meno di due anni dall’inizio delle proteste, è stata eletta un’Assemblea Costituente in cui le forze di sinistra hanno una maggioranza schiacciante e che hanno dunque la concreta possibilità di spazzare via l’eredità di Pinochet e di scrivere una Carta in grado di interpretare pienamente il bisogno di ampliamento dei diritti sociali e civili della società cilena.La trasformazione della società cilena non sarà un processo facile. Occorrerà una visione comune del campo della nuova sinistra che non si traduca però in un affievolimento del suo carattere radicale ereditato dalle piazze. Sarà inoltre necessario riuscire a tradurre questa fase di consenso in un ciclo egemonico in grado di vincere anche i prossimi, fondamentali appuntamenti elettorali e di mettere in pratica i principi che saranno sanciti dalla nuova Carta costituzionale. La strada è ancora lunga ma non appare più così irrealistico cullare il sogno espresso in uno dei grandi slogan della protesta: “il neoliberismo è nato in Cile e morirà in Cile”.
Immagine da euronomade.info
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