La pubblicazione su BuzzFeed della trascrizione di un incontro all’Hotel Metropol a Mosca tra l’ex portavoce di Salvini e intermediari russi costituisce secondo molti la “pistola fumante” di un finanziamento illegale alla Lega o, comunque, dell’eterodirezione della politica del Carroccio e, quindi, dell’attuale esecutivo italiano. Immediati sono stati i paralleli con uno scandalo analogo che ha condotto due mesi fa alle dimissioni del governo austriaco. I contraccolpi in termini di consenso sono stati minimi per la Fpö e sembrano inesistenti per la Lega. Al di là delle ipotesi di reato, l’episodio dovrebbe imporre considerazioni non scandalistiche sul finanziamento dei partiti, sulle direttrici della politica estera italiana e sui rapporti Europa-Russia.
Alex Marsaglia
È quantomeno curioso che un Paese sotto occupazione militare dal 1945 si metta all’alba del 2020 a disquisire di libertà politica. Una sessantina di basi militari dell’impero americano con oltre 15.000 soldati stanziati sul territorio dovrebbero essere la prima preoccupazione di chi anela all’indipendenza dell’Italia. Chi volesse occuparsi dell’intricata trama dei finanziamenti ai partiti dovrebbe invece abituarsi all’idea, molto poco movimentista, che i partiti restano un punto fondamentale del nostro ordinamento politico così come è fissato nella Costituzione. E per esistere questi partiti necessitano di finanziamenti e nell’ultimo secolo questi sono arrivati un po’ da tutte le parti: privati, esteri e non solo dal pubblico.
È ingenuo pensare che in una contrapposizione di forze internazionali non vi siano Stati disposti ad investire in una svolta politica favorevole, è il realismo politico che impone di non nascondere la testa sotto la sabbia. In merito al caso dei rubli russi ipoteticamente incassati dalla Lega, la vicenda oltre ad essere piuttosto sospetta per le modalità e le tempistiche con cui è scoppiato il caso, è anche una campagna in favore della russofobia. Putin sembra poter arrivare praticamente ovunque, tranne nel seggio elettorale dove come è noto arriva solo Dio. Quindi dovrebbe essere la nostra principale preoccupazione. Senza stare troppo a pensare che l’Italia ormai riceve da organismi esterni, diretti da interessi stranieri, l’80% della sua legislazione e della sua politica finanziaria e che essa è indebitata in una moneta che non controlla e che è controllata in ultima istanza da banchieri privati.
Dmitrij Palagi
Il terrificante parallelismo con i “soldi del Cremlino” dei tempi della Guerra Fredda è davvero non commendabile. Il tema di cosa siano i partiti italiani del XXI secolo tocca il tema della loro organizzazione e dei loro bilancio. Se anche nel consenso dell’opinione pubblica sono diventati soggetti assolutamente privi di fiducia, rimangono i canali attraverso cui si formano le liste, si eleggono rappresentanze istituzionali e si creano relazioni con il mondo delle imprese. Il mercato influisce sulla politica (e non viceversa purtroppo). I soldi seguono logiche di interesse decisamente non ideologiche. Descrivere Putin come un abile ingannatore pare un’operazione più adeguata a vendere qualche notizia. Immaginarlo dietro alla vittoria di Trump, all’ascesa della Le Pen e di Salvini è veramente una troppo facile proiezione da parte delle sinistre (o della società antifascista “democratica”). Interessante è capire quali sono gli interessi privati che bussano alle porte della politica, dall’Italia e dall’estero.
Nasdrovie!
Jacopo Vannucchi
Vi è stato un finanziamento illegale di fondi russi alla Lega? Spetta agli inquirenti appurarlo. Personalmente non considero peregrino il sospetto di Salvini che questo scandalo sia stato ispirato da settori statunitensi, che il leader leghista avrebbe irritato con i suoi tentativi di tenere il piede in due staffe, e che avrebbero scelto di dare una strattonata al guinzaglio.
Ma, al di là di questo, la parte più interessante del documento di BuzzFeed mi sembrano queste parole di Savoini: «Una nuova Europa dev’essere vicina alla Russia come prima, perché noi vogliamo avere la nostra sovranità».
La necessità di una normalizzazione dei rapporti tra Paesi europei e Federazione Russa è evidente ed è dettata dal perseguimento degli interessi europei. L’attuale stato di tensione, che ha le sue manifestazioni esteriori più appariscenti nell’esclusione di Mosca dal G8 e nelle sanzioni economiche, viene tuttora accolto con una desolante leggerezza da un gruppo dirigente europeo appiattito sulla politica di potenza degli Stati Uniti e che consentì a suo tempo il connubio tra una maschera di europeismo e una realtà di violenza fascista in Ucraina.
D’altro canto, la soluzione di questa sudditanza nei confronti di Washington non può essere una pura e semplice inversione a U, ossia l’adozione di rapporti bilaterali tra singoli Stati europei e Federazione Russa, tra vasi di coccio e uno, se non di ferro, almeno di peltro.
Se non si vuole essere nella mera condizione di cambiare padrone, o di essere costantemente contesi tra l’uno e l’altro, non vi è altra via che l’integrazione militare e diplomatica europea, per costituire un attore in grado di perseguire coerentemente i propri interessi geopolitici e costituire una terza parte autorevole nelle relazioni dirette con altre potenze.
Le prospettive, naturalmente, non sono incoraggianti.
La Germania è in una fase di transizione dopo la quindicennale leadership di Angela Merkel, peraltro sempre improntata a una mediazione che rasentava la paura. E la conferma stessa di van der Leyen alla guida della Commissione Ue non è scontata.
La Francia, che sembrava l’unico attore interessato ad uno scatto in avanti nell’integrazione Ue, ha dovuto fare i conti con la protesta dei «giubbetti gialli» (17 novembre 2018) poco dopo la pronunzia di Macron in favore di un esercito europeo (9 novembre) – pronunzia che aveva mostrato di cogliere nell’uscita degli Stati Uniti dal trattato INF un’opportunità, e non la paura di restare senza tutela.
Alessandro Zabban
Il sentimento russofobo dilagante dei giornali ha dato grande risalto mediatico al Russiagate. Quello contro Trump è finito nel nulla nonostante milioni di occidentali si fossero convinti che Putin avesse il potere divino di decidere l’esito delle elezioni negli Stati Uniti con uno schiocco delle dita. Quello contro Salvini sembra essere dello stesso tenore. Se mai emergeranno delle prove, in ogni caso dal punto di vista politico è improbabile che l’inchiesta possa provocare un terremoto. Anche perché per la maggior parte degli elettori leghisti l’eventualità di ricevere finanziamenti da Putin costituisce più un vanto che una vergogna. Chi si scandalizzava dell’amicizia fra Berlusconi e Putin era la sinistra che poi puntualmente perdeva le elezioni. Del resto Salvini, esattamente sulla falsariga di Berlusconi guarda con favore la Russia ma resta fondamentalmente un atlantista in linea con una tradizione di subalternità all’impero statunitense. Se poi Putin è così fesso da buttare via soldi regalandoli a dei cialtroni così…
Immagine di Yulia K da www.wikipedia.it
Ogni martedì, dieci mani, di cinque autori de Il Becco, che partono da punti di vista diversi, attorno al “tema della settimana”. Una sorta di editoriale collettivo, dove non si ricerca la sintesi o lo scontro, ma un confronto (possibilmente interessante e utile).
A volta sono otto, altre dodici (le mani dietro agli articoli): ci teniamo elastici.